Una volta finito il mio schizzo, temperai la matita e poi la riposi all'interno dellʼastuccio, mentre sentivo Lele gridare dalla cucina.Era di cattivo umore, ma, per una volta, non a causa mia.
"Cos'è successo?" Chiesi, sollevando la testa dalla scrivania.
"Gianmarco, credo." Mi rispose Valerio, staccando gli occhi dal cellulare. "Stamattina ha spaccato un piatto."
"Stamattina? Ma sono le due del pomeriggio."
"Già, ha lasciato i cocci per terra."
"E tu li hai visti." Constatai, facendo per la prima volta dopo giorni un verso forse lontanamente simile ad una risata.
"Sinceramente l'idea di pulire al posto suo non è mi è minimamente balenata per l'anticamera del cervello." Commentò, lasciandomi per nulla stupito. "Però, se la cosa riesce a farti ridere posso dirgli di spaccare un piatto al giorno."
"Almeno così gli parleresti." Risposi io, facendogli alzare gli occhi al cielo.
"Non era questo il punto. Come ti senti oggi?"
"Come ieri, l'altro ieri e lʼaltro ieri ancora. Come uno che è stato lasciato."
Lasciato, già, proprio così.
Perché, il giorno dopo di quella maledetta festa, non appena avevamo puntato piede a Milano Centrale, come se ci avesse sentito, Luce aveva chiamato Lele.
Ed ecco spiegato anche perché fosse tanto nervoso.
Se l'era presa anche con lui, ed io, inizialmente, non ne avevo compreso la ragione, almeno non fin quando mi era stato spiegato che lui gli aveva promesso che sarebbe stato la mia guardia del corpo, e, probabilmente, lei doveva essersi offesa perché non aveva portato a termine la sua missione.
Inizialmente ci ero rimasto male.
Perché sentiva la necessità di controllarmi?
Non si fidava di me?Poi avevo compreso di non essere io il problema, ma Giulia. Era in lei che Luce non riponeva fiducia, e come darle torto?
Comunque, ero perfettamente cosciente del fatto che Lele, dal canto suo, avesse ragione.
Lo caricavamo sempre tutti quanti dei nostri fardelli, dando per scontate la sua infinita bontà e la sua pazienza, senza renderci conto che anche lui avesse le sue cose a cui pensare, e che ci fosse un limite da non oltrepassare.Ma sul momento non me n'era importato di vederlo con quella faccia appesa mentre le chiedeva se fosse arrabbiata con lui, perché gli avevo strappato il cellulare, implorando la mia ragazza di ascoltarmi, di lasciarmi parlare, ma non c'era stato verso.
"Te lo dico io cosa non hai, o almeno non più: una dignità e una fidanzata."
Ed ecco come ero stato lasciato.
Mi aveva bloccato dappertutto, e si rifiutava di parlare anche con Diego o con chiunque altro.
Era come se fosse scomparsa, tutta in una volta.
Ed io sentivo dolore, tutto il tempo, costantemente.
"Ci sono passato, lo sai. Separarsi da una persona che ami non è facile in nessun caso, credo, dalla mia breve esperienza." Proseguì Valerio. "Ma si guarisce, bro, davvero."
"Non so se mi va." Risposi io, fissandomi lʼelastico che ancora portavo al polso. "Guarire, dico. Sarebbe un po' come dimenticare, ed io non voglio dimenticare, lasciar... andare tutto."
"E cosa vuoi?"
Non dissi niente, perché l'unica parola che mi veniva da urlare era lei.
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Defenceless
FanfictionSe un giorno qualcuno mi avesse chiesto di dare la mia prima impressione su di lei, avrei probabilmente risposto "sfacciata." Non che io non lo fossi anche di più, ma cʼera qualcosa in lei in grado di catturare subito, come una specie di calamita, e...