Mani e Parole

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"Ma le sento un poʼ mie le paure che hai
Vorrei stringerti forte e dirti che non è niente
Posso solo ripeterti ancora
Sono solo parole"


"Io volevo il gelato."

"No, tu hai detto: quando finiamo di cenare andiamo in camera. Il tuo cartone della pizza è vuoto, perciò non discutere."

"Ma- gli altri stanno mangiando il cornetto." Sbuffò, chiudendosi la porta della mia stanza alle spalle. "Perché non posso averne uno anche io?"

"Puoi" Mi sedetti alla scrivania, guardandola poi dal basso all'alto. "Dopo."

"Mh" Incrociò le braccia, avvicinandosi a me. "Cosa mi dovevi mostrare?"

Le feci un ghigno, fingendo di slacciarmi la cintura, e lei sbuffò. "Molto divertente, quanti anni hai? Dodici?"

"Okay okay, scherzo." Tirai fuori il mio quadernetto, e notai all'istante come la sua espressione si addolcì. Era bello che fosse così orgogliosa e contenta di quella mia passione, quasi più di quanto non lo fossi io.

Estrassi un foglio bianco piegato in quattro, che avevo tenuto apposta da parte in caso un giorno fossimo tornati a parlarci.

Non era niente di speciale in realtà.

"Perciò?" Chiese, visibilmente impaziente. "Hai intenzione di farmelo vedere oppure no?"

"Sono ancora indeciso." Tenevo l'oggetto del suo desiderio stretto tra due dita, avevo davvero paura che potesse ritenerlo banale.

"Tancredi, non ho intenzione di pregarti, se non ti sbrighi me ne vado a mangiare il gelato e vaffanculo."

"D'accordo." Sbuffai, allungandolo, per poi ritirarlo un istante prima che lo afferrasse. Mi fulminò con lo sguardo, così cercai di parlare il più in fretta possibile in modo tale da evitare che se ne andasse davvero. "Solo una cosa: devi dirmi se vuoi che diventi un graffito. Non ne sono sicuro, perché è... nostro. Capisci?"

"Sinceramente no, dovrei vederlo per capire." Mi tese la sua mano, in attesa, e finalmente le consegnai il disegno.

Lo aprì, e restò immobile.
Non disse nulla, neanche mezza parola, per un tempo che mi sembrò infinito, e il terrore che potesse averlo trovato superficiale si impossessò definitivamente di me, spingendomi a volermi giustificare.

"È che so che ti piacciono, cioè tu... e allora, sai, me lo sono ricordato e ho pensato che fosse... lascia perdere."

"Non ritrarlo sul muro." Disse, facendomi sentire ancora più avvilito.

Annuii, a testa bassa. "Okay, ti fa proprio schifo."

"Come?" Distolse finalmente lo sguardo da quel pezzo di carta, trovando i miei occhi, e mi sorrise, scuotendo energicamente la testa. "È bellissimo. Ma avevi ragione tu, è nostro."

"Perciò ti piace?"

Mi venne in contro, sedendosi sulle mie ginocchia, senza mai abbandonare il foglio. "Certo che mi piace." Iniziò a giocherellare con le mie dita, senza mai smettere di sorridere.

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