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Mi avvicinai alla porta d'ingresso con il telefono in mano e l'aprii. Davanti a me comparve un giovane uomo, forse della mia età, completamente vestito di nero, i suoi capelli scuri tenuti indietro da del gel, era alto, ma non tanto quanto me.

"Salve." Mi salutò.

"Hey."

"Posso aiutarla?" Gli chiesi.

"Si, mi chiamo Max Williams. Sono venuto a vedere la casa." Disse guardando la veranda.

"Io sono Harry Styles, scusi se le sembrerò ignorante, ma perchè vuole entrare in casa mia?" Mi guardò con occhi scioccati.

"Casa sua?" Mormorò alzando un sopracciglio.

"Si, mi sono trasferito questa settimana." Spostai il peso da un piede all'altro.

"Capisco..." Sembrava un po' deluso dalla mia risposta.

"Può entrare, se vuole." Gli offrii e lui entrò. Gli feci un cenno per sedersi sul divano.

"Non era venuto per comprare la casa, vero?" Chiesi sperando che non fosse così.

"No, no. Sono venuto soltanto per vedere com'era, una mia vecchia amica viveva qui." Disse mentre il suo sguardo esaminava l'arredamento del salone.

"Oh, davvero?"

"Si, era davvero bella." Mi sorrise leggermente.

"Beh, può visitare tutta la casa, se vuole, ma non faccia caso alla confusione che c'è in giro."

"Oh, no. Non vorrei disturbarla, anzi è meglio che vada. È stato un piacere conoscerla, Harry Styles." Si alzò dal divano e si diresse a passo veloce fino alla porta.

"Tu-" Dissi e chiuse la porta con un tonfo.

"Che tipo strano." Mormorai camminando verso l'ingresso per chiudere a chiave la porta. Scrutai fuori dalla finestra in attesa di vederlo salire in una macchina, invece non c'era niente oltre al mio vecchio camion.

Decisi di iniziare a pulire, presto sarebbe arrivata mia madre. Spolverai in soggiorno e lavai quei pochi piatti che avevo usato, poi misi a posto alcune scatole nelle credenze del salotto.

Una volta finito andai in camera mia, cercando di pensare a cos'altro avrei dovuto fare. Sentii il suono di una falciatrice provenire da fuori e mi alzai velocemente, dirigendomi verso l'uscita anteriore. Aprii la porta scorrevole, che molto probabilmente doveva essere nuova rispetto al resto della casa visto che sembrava essere stata costruita più di cento anni fa e guardando nel giardino vidi un dondolo con vicino un tavolo e delle sedie a patio. Mi diressi verso il cortile che non era molto grande visto che il cancello del cimitero passava proprio di li e vidi Charlie intento a tagliare l'erba intorno a delle lapidi, non sembrava accorgersi della mia presenza, eppure ero a tre metri di distanza da lui. Mi girai per tornare indietro e prorio in quel momento il tosaerba si spense e sentii una vecchia voce roca che chiamava il mio nome.

"Harry!" Mi voltai per vedere Charlie in piedi davanti al cancello. Risi al pensiero di lui e le sue fissazioni per le lapidi.

"Non voglio che i procioni rosichino tutte le tombe." Disse camminando verso di me.

"Vedo che siete venuto a trovarmi."

"Non proprio, volevo vedere il cortile sul retro." Dissi cercando di non essere scortese.

"Sono molto più bello io da guardare rispetto a quella merda di cortile." Risi alla sua osservazione, il suo lato ironico almeno era meno inquietante.

"Non lo so." Ridacchiai.

"Ho bisogno di un po' di aiuto, mi daresti una mano?" Mi chiese Charlie causalmente.

"Beh... io." Non sapevo se aiutarlo veramente oppure no.

"Andiamo, ragazzo, non sono più così giovane."

"Va bene, cosa dovrei fare?" Dissi finalmente.

"Beh, dovrei mettere queste insegne nel terreno. Basta bastoni davanti alle tombe." Mi disse.

"Devo metterle in tutte le tombe?" Il cimitero era enorme! Dove diavolo trovava tutto quel tempo?!

"Naturalmente ti pagherò." Disse guardandosi intorno e dirigendosi verso la tomba-cortile, come la chiamavo.

Lo seguii sorridente dal fatto che sarei stato pagato.

"Qui ci sono le insegne, cerca di metterle tutte prima del tramonto." Disse mentre mi consegnava le bandiere americane. Non capivo il senso, ma se a lui andava bene così, io non avrei di certo obbiettato.

"E se non ce la faccio entro il tramonto?"

"Allora ti ritroverai in un cimitero, da solo e di notte. Io non verrò ad aiutarti." Disse senza mezzi termini.

Non me lo feci ripetere due volte e iniziai a posizionare le bandiere e su ogni lapide leggevo il nome dei morti. Quelle a terra dovevano essere più recenti.

Dopo aver posizionato metà della bandiere mi stancai rammaricandomi di aver accettato anche se sarei stato pagato. Dopo aver letto centinaia nomi di morti iniziavo a deprimermi sul serio, soprattutto quando vedevo che erano bambini. Non ce n'erano molti, ma mi rattristava leggere quei numeri troppo piccoli rispetto a tutti gli altri.

Mentre mi avvicinavo verso l'entrata anteriore vidi un bosco dietro al cimitero , non lo avevo mai visto prima e comunque, dovevo finire in fretta il mio lavoro.

Gli alberi sembravano non finire più, ma sapevo che non potevano essere più di un paio di ettari.

E quando lessi l'ultima lapide, il nome catturò la mia attenzione.

Daniel Sexton, 1902-1905

Che tu possa riposare in pace, nostro piccolo e gioioso bambino.

Alzai lo sguardo, stava iniziando a farsi buio e mi mancava solo un'insegna. Quindi i Sexton avevano anche un figlio, oltre ad una bellissima figlia e non potevo immaginare che fosse morto a soli tre anni. Tutta l'attenzione della gente era inchiodata su Anna, e nessuno ricordava il fratello defunto. Mi rendeva triste la sua morte, ma come era morto?

Spinsi via tutti quei pensieri cercando di togliermi dalla mente la morte di un bambino così piccolo e decisi di tornare a casa, visto che ormai era quasi buio pesto.

A pochi metri dalla porta d'ingresso vidi Charlie scendere dalla veranda, sempre con il tosaerba in mano.

"Hai fatto?" Mi chiese. Annuii.

"Si." Si infilò le mani in tasca tirando fuori una banconota da venti dollari. Mi sembrava poco rispetto a tutto il lavoro che avevo svolto.

"Sai, mi sei stato di grande aiuto, forse potresti lavorare per me."

Ci pensai per un momento, avevo veramente bisogno di soldi, ma avevo voglia di lavorare in un cimitero?

"Certo."

"Perfetto, puoi iniziare da domattina?" Non avevo niente da fare, così accettai.

"Sarebbe fantastico." Cominciò ad andarsene ma lo fermai.

"Ancora una cosa, Charlie." Mi guardò aggrottando la fronte.

"Perchè nessuno ha mai parlato del fratello di Anna?"

"I Sexton avevano solo un figlio. Non due."

Forse quel ragazzo non era veramente loro figlio, forse aveva soltanto il loro stesso cognome. O forse...

era stato dimenticato.

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Editor: SaraSMTPH

The Sexton HouseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora