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Corsi veloce verso la porta mentre la pioggia mi bagnava da capo a piedi e i capelli mi si appicciarono in faccia. Aprii il portone scuotendo la testa, un sacco di goccioline bagnarono il pavimento.

Mi tolsi la maglietta e iniziai la vera battaglia: i jeans neri aderenti. Quando riuscii a sfilarli li lasciai cadere a terra. Sentii il tintinnio della cintura fare eco per tutta la casa.

Andai nella mia stanza con i vestiti in mano e li buttai in lavatrice e addocchiai un paio di boxer asciutti. Mi riproposi di passare il resto della giornata a letto, ma poi un altro pensiero mi balenò per la testa.

Mi diressi verso le scale, deciso a svelare il mistero di Anna e il perchè infestava casa mia. Salii i primi gradini e stranamente non avevo paura, nemmeno quando entra nella stanza e nemmeno quando staccai il restante legno dalla finestra. La stanza si illuminò improvvisamente anche se il cielo era pieno di nuvole.

Quando stavo per staccare l'ultimo pezzo, sentii una leggera brezza passare dietro e poi accanto a me, e mentre stavo per girarmi una voce mi fermò.

"Chi ti ha detto che potevi farlo?" Mi chiese una voce dolce ma terribilmente inquietante. Deglutii esitando, poi mi decisi a voltarmi, aspettandomi il peggio.

In piedi, nel mezzo della stanza, c'era una figura alta e snella, intenta a scrutarmi intensamente. Un sussulto uscì dalle mie labbra. Anna Sexton era proprio in piedi davanti a me. Forse dovevo parlarle, o almeno riuscire a farla ragionare ma non erano quelle le mie intenzioni. Ero venuto nella sua stanza per sapere le sue intenzioni, ma ora, quando lei era a pochi metri da me, la cosa mi sfuggì di mente.

"Non hai sentito quello che ho detto? Devo ripeterlo?"Il suo sguardo sembrava più duro data la mia mancanza di parole.

"I-io..." Non sapevo proprio cosa dire.

"Penso proprio che o sei stupido o non sai parlare." Mi disse portandosi una mano dietro il vestito. Vidi uno scintillio che mi abbaggliò e non appena riconobbi ciò che aveva in mano deglutii nuovamente.

"O forse il gatto di ha tagliato la lingua. Ma noi non abbiamo un gatto, perciò lo farò io al posto suo, ti va?" Un sorriso sinistro prese forma tra i suoi lineamenti. Alzò lentamente il coltello verso di me prima di parlare. "Ti consiglio di andartene." Fece correre lo sguardo fino alla porta.

Qualcosa dentro di me continuava a dirmi che lei era innocua, nonostante il coltello e nonostante fosse pronta a farmi a pezzetti. E per qualche strana ragione, non avevo paura.

"No." Riuscii finalmente a dire. Lei sembrava sorpresa.

"No?"

"È quello che ho detto, o non capisci?" Feci il suo stesso gioco, sorridendo. E ciò sembrava irritarla ancora di più.

Poi rise, una risata malvagia e agghiacciante. La testa le cadde da un lato mentre continuava a ridere fissandomi dritto negli occhi.

Prima di capire cosa stava succedendo, lei lanciò il coltello. Lo ritrovai a due centimetri dalla mia testa, infilato nel legno della finestra. Mi bloccai, addio ironia.

"Peccato. Non ti ho preso." Mi disse con freddezza e venne verso di me. Forse questo era il momento adatto per darsela a gambe. Come un fulmine, corsi fuori dalla stanza chiudendo la porta e mi fiondai fuori di casa afferrando il portafoglio e le chiavi della macchina.

Schiacciai il pedale dell'accelleratore più forte che potevo. Al diavolo la pioggia, dovevo trovare un albergo al più presto.

Guidai per circa venti minuti (ed ero abbastanza sicuro di continuare a girare in tondo per la città) prima di scorgere l'insegna Econo Lodge. Era un piccolo motel con un solo piano e le camere erano allineate in un'unica facciata. Appena entrai sentii un campanellio provenire da sopra la mia testa e un vecchio uomo fece la sua comparsa da dietro la scrivania.

"Ciao, come posso aiutarti?" Il vecchio sembrava sulla settantina, con i suoi radi capelli bianchi e qualche accenno di barba.

"Ho bisogno di una camera per la notte."

"Solo una notte?" Alzò gli occhi contornati di rughe cadenti e mi fissò.

"Si." Risposi.

"Okay. Sono ottantotto dollari."

Dopo aver pagato mi diede una chiave e mi diressi verso la camera assegnatami. Aprii la porta e accesi subito la luce. La stanza sembrava un po' sporca ma poteva andarmi benissimo per una sola notte. Accesi il vecchio televisore intento a trovare qualche programma decente, ma dopo aver girato per tutti i canali, la spensi e salii sul letto. Era ancora abbastanza presto, ma decisi comunque di andare a dormire e impostai la sveglia per le sette e mezza.

* ° *

La mattina dopo mi svegliai stirandomi per bene prima di alzarmi dal letto. Afferrai il telefono e il portafoglio prima di tornare verso la hall.

Sembrava una giornata abbastanza decente. C'era il sole e soltanto poche nuvole coprivano il cielo. Proseguii verso la scrivania del vecchio e posai le chiavi. Mentre stavo per aprire la porta la sua voce mi fermò.

"Hai comprato quella casa, non è vero?" Mi voltai lentamente verso di lui.

"Si, è così." Mi passai una mano tra i capelli in disordine.

"E lei è ancora li." La sua voce si abbassò, come se aveva paura che qualcuno potesse sentirci. Annuii.

"Si." Lui era la prima persona, oltre Charlie, con cui avevo parlato di Anna.

"Ed è per questo che sei qui." Chiese spostandosi dal bancone che ci separava.

"Si, signore." Cominciò a ridere, spostando la testa verso di me.

"Non puoi scappare da lei, figliolo." Il suo volto divenne improvvisamente serio. "Ci ho provato, molto tempo fa... e sai?" Scosse la testa. "Sono ancora un suo prigioniero."

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Editor: SaraSMTPH

The Sexton HouseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora