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ANNA's POV

C'era un uomo al piano di sotto. Un uomo che non avevo invitato in casa mia, né gli avevo dato il benvenuto. Non so quale motivo lo abbia spinto a trasferirsi qui, nel luogo della mia infanzia e tutti i ricordi insieme alla mia famiglia si tanto tempo fa.
Forse si era perso: stava cercando di trovare la sua strada in questo mondo corrotto, pieno di caos e dolore. Qualunque cosa fosse, speravo che prima o poi avrebbe trovato quello che stava cercando.

Guardai fuori dalla finestra, conteneva tanti ricordi, così come il resto della casa. Sembrava però che tenesse di più ai ricordi dolorosi, quelli che non riuscivo a far andare via. Quelli che non riuscivo ad affrontare.

La tempesta non se ne andò se non dopo alcune ore, ma ciò non mi preoccupò. Ero cresciuta nel rumore dei tuoni e nel bagliore dei lampi, e un giorno, speravo di poter sentire ancora i raggi di sole sulla mia pelle, ma avevo paura delle conseguenze che potevano esserci.

Ho passato troppi anni chiusa in questa stanza dove la società non era cambiata.
Sentii un rumore di vetri frantumati, seguito da una valanga di bestemmie.
Era l'uomo, quello che aveva comprato la casa.

Mi avvicinai alla porta, non avevo intenzione di uscire, volevo solo osservarlo un po'.

La sua postura alta si ergeva in più di un metro e ottanta. I suoi capelli cioccolato scendevano lungo il collo in onde perfette a incorniciargli il volto, la sua mascella era tagliente. Tutto, di quell'uomo era impressionante, assolutamente mozzafiato in ogni singolo dettaglio. Stavo sbavando in un certo senso, si, ma aveva un modo di comportarsi, c'era qualcosa nel suo carattere così spensierato... era come se non gli importasse delle preoccupazioni del mondo.

Feci un passo indietro dalla porta quando lo vidi apparire dalle scale. Trasalii leggermente notando la sua espressione di pietra fredda. Non doveva sapere che lo stavo spiando... guardando, a dire la verità.

Mi guardai intorno alla stanza quasi vuota, e mi sentii triste. Non ero sicura che fosse quella la sensazione giusta, ma mi ricordo che da piccola la sentivo spesso, invece ora mi sembrava qualcosa di estraneo.

Vidi lo specchio in frantumi in un angolo della stanza, mi sentivo simile a lui. Rotta, persa e inutile. Avevo quasi ucciso una donna senza motivo oggi. C'era da dire che aveva disobbedito all'uomo, che le aveva specificatamente detto di non venire in camera mia, e lei lo aveva fatto ugualmente.

Inoltre, avevo sentito una frase strana qualche giorno fa... com'è che aveva detto? Succhiarmi la faccia? Oppure bloccami le labbra?
In entrambi i casi, sembrava disgustoso, il suono era simile al mio vecchio gatto che mangiava dopo non avergli dato niente per giorni.
E quella donna sembrava molto affamata.

Mi avvicinai allo specchio e raccolsi i pezzi di vetro che avevo rotto un paio di notti fa. Cominciai a metterli in un mucchio, quelli più grandi da una parte, e quelli più piccoli dall'altra. Scrutai la stanza avvicinandomi poi a l'armadio e sperando di trovare quello che mi serviva. La colla...
Dopo pochi minuti di ricerca la trovai, la presi, e iniziai a metterla su tutti i frammenti di vetro.

Due ore dopo lo specchio tornò intero, un po' distorto, ma intero. Certa gente pensa che anche se una cosa si rompe, si può sempre rimetterla a posto. Ma non è così, perché non tornerà mai più come prima, ci saranno sempre dei difetti.

Non potevo rimangiarmi tutte le parole cattive che avevo detto a quell'uomo, ma perlomeno, ero ancora in tempo per chiedergli perdono. Dovevo solo sapere quando fosse il momento giusto. Sembrava piuttosto arrabbiato con me quando aveva visto quello che avevo fatto alla ragazza.

Il perdono non è una cosa facile.

Sentii un colpo su una porta, proveniva da quella d'ingresso.
Feci un passo verso la porta della mia stanza, aprendola, e vidi una giovane donna che camminava in casa mia. I suoi capelli biondi e gli occhi blu accattivanti catturarono poi l'attenzione dell'uomo accanto a lei.

The Sexton HouseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora