Un rumore sordo.
Un altro rumore sordo.
Un altro ed un altro ancora.
Mi ero svegliato a causa di qualcosa che sbatteva. Avevo subito pensato che fosse un uccello o magari una macchina o, che so io?, un ladro ubriaco. Ma no, continuava e non accennava a smettere. Tesi l'orecchio: veniva da dentro casa. Mi alzai dal letto assonnato. Chissà quanto ci avrebbe messo un serial killer a imbavagliarmi e uccidermi; probabilmente gli avrei dato i polsi senza controbattere.
Bum.
Andai in bagno per lavarmi la faccia. Possibile che non si riuscisse a dormire? Senza le mie otto ore di sonno sono un mostro intrattabile e lunatico. Una donna col ciclo quasi. O forse peggio. Mi gettai l'acqua congelata addosso. Se non l'avessi sentita liquida avrei creduto di esser accidentalmente caduto nel congelatore. E non è una cosa strana, visto che una volta ero talmente assonnato da essermi strofinato il naso che mi dava prurito sulla coda del mio gatto credendo che fosse un fazzoletto.
Bum.
Il rumore proveniva dalla stanza di Paolo. Come avevo fatto a non accorgermene prima? "Perché appena sveglio non sapresti distinguere neanche un topo e una vasca da bagno" rispose la mia mente. Sempre incoraggiante. La porta era socchiusa, come sempre. La scostai poco. Nella penombra della stanza illuminata solo dalla luna vidi una figura alta e ben piazzata con due guantoni che colpiva un sacco pendente dal soffitto. I ricci ricadevano sulla sua fronte nonostante la larga fascia che li tratteneva. Da ragazzo, so bene che quando un uomo picchia così forte vuole far fluire all'esterno pensieri negativi. O pensieri positivi non voluti, i peggiori senza ombra di dubbio: ti ritrovi ad essere felice per qualcosa che non vorresti e non puoi fare nulla per impedirlo, perché le sensazioni negative si dimenticano, ma quelle positive no. Ed io mi trovavo lì a fissarlo, avvolto nelle tenebre, mentre lui, ignaro del paio di occhi dietro alla porta del bagno, continuava a esalare oscurità che, no, non era dovuta alla notte; ci sarebbe stata anche in pieno giorno, sotto la luce del sole. I miei pensieri erano martellanti e talmente forti che mi stupivo che lui non li sentisse. Bloccò un pugno a mezz'aria e stette in quella posizione per un po', poi toccò il sacco talmente piano che non lo mosse nemmeno di un millimetro. Ci si appoggiò sopra con la testa e sospirò. Sembrava stanco, sconsolato. Non era riuscito a sfogarsi. Speravo dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, perché il silenzio che si era creato era orribile. Non era lo stesso silenzio che sentivo mentre ero in doccia. Era un silenzio carico di tensione e di segreti. Come avesse sentito il mio tacito desiderio parlò, ma dopo averlo udito non avrei più averlo espresso."Ciao nonna" le dissi entrando in casa sua.
"Ciao tesoro, ho preparato le frittelle alle mele."
"Perché?"
"Sei triste. E quando si è tristi mangiare ciò che amiamo ci fa stare meglio."
"Davvero?"
"Colma il vuoto che hai dentro."
"Ho capito. Riempie lo stomaco! Mamma me lo dice sempre."
"Non solo lo stomaco. Riempie anche la mente e l'anima di sensazioni positive. Può per un po' tirarti fuori da quello che ti sta succedendo e aiutarti a capirlo. Nascondere i propri sentimenti è inutile, ma nascondere il proprio dolore è peggio. Tiralo fuori o finirai per non farcela."
"Come si fa uscire?"
"Ognuno ha i propri metodi. Alcuni urlano, altri piangono. Alcuni corrono o nuotano o vanno in bici. Alcuni si mettono in pericolo andando ai 100km/h in moto o lanciandosi da una scogliera. Alcuni colpiscono un sacco o un'altra persona. Non ci sono modi giusti o sbagliati."
"Come faccio a trovare il mio?"
"Cercalo, non demordere. Fai uscire tutto quello che hai dentro. Parlane o scrivilo se necessario. Tutte le cose negative e positive. Ricordatelo, nipotino, la nonna è qui per aiutarti."
"Nonna, non andartene. Stai svanendo. Aspetta."
Aprii un occhio. Alla fine di ogni sogno con la nonna mi svegliavo. Era ancora buio intorno a me, segno che l'alba avrebbe varcato la soglia solo dopo una manciata di ore. Stavo per rimettermi a dormire quando sentii un fruscio alla mia destra. Qualunque cosa l'avesse prodotto, non doveva sapere che ero sveglio o si sarebbe fermato. Quindi aprii entrambi gli occhi poco. Una sagoma era accanto al mio letto, immobile. E no, non era la solita pila di vestiti sulla sedia che ti fanno immaginare l'uomo nero, in quel posto non c'erano mobili. Era una persona e a giudicare dalla circostanza, dalla forma fisica e dai capelli scompigliati che intravedevo, ipotizzai fosse Paolo. E giunto a questa conclusione mi domandai "cosa ci fa Paolo nella mia camera a quest'ora di notte immobile a fissarmi?" La risposta poteva darmela solo lui. Prima mi aveva lanciato degli insulti talmente grossi che Dio stava per scendere e bussargli alla testa per dirgli "ma ti calmi?", poi aveva deciso di andare a trovare il diretto interessato entrando nel bel mezzo della notte come un ladro. Ciliegina sulla torta: mi fissava come stesse premeditando la mia morte. "Forse è il serial killer in incognito a cui credevo di dover dare i polsi" pensai. Ma poi mi maledissi per le stupidaggini che mi passavano per la testa, dando la colpa alla stanchezza. Eggià, al contrario di tutte le persone normali esistenti sulla Terra, io sono su di giri quando ho sonno. Sembro ubriaco. Non chiedetemi come sono da sbronzo, meglio non saperlo. Ecco perché il bravoragazzomatteo non si è mai ubriacato. "Pensieri state zitti" dissi loro nella mia mente. Wow, non solo avevo parlato da solo, ma anche nella mia mente. Altroché pazzo, ci voleva ormai un manicomio e un camice di forza. E infatti commisi una pazzia.
"Cosa ci fai qui?" dissi.
Solo a posteriori mi rendo conto di che cosa stupida avessi fatto. Potevo semplicemente starmene zitto e invece no, dovevo per forza dire qualcosa da scemo quale sono. Lui sussultò.
"Credevo dormissi."
"Non hai risposto alla mia domanda."
Silenzio.
"Ero venuto a chiudere la finestra che avevi lasciato aperta."
"Sei pessimo a mentire."
"Volevo lasciarti una lettera."
"Mi stavi fissando."
Silenzio.
Era in grande difficoltà, lo percepivo. Stava cercando una scusa plausibile ma non gliene veniva nessuna.
"Stavo cercando di capire se mi avessi visto appoggiarla."
"Continui ad essere pessimo a mentire."
Indugiò un attimo. E un attimo ancora. I secondi scorrevano, ma lui non parlava nè si muoveva. Cosa stava passando per la sua testa? Cosa avrebbe fatto?I'm in Irelandddd so scriverò moooolto meno ma cercherò comunque di postare un capitolo alla settimana.
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Lasciare la strada vecchia per la nuova
Teen FictionMatteo, un ragazzo di 17 anni, è costretto a trasferirsi a casa dell'amico di sua madre Marco. È deciso a cambiare vita, soprattutto dopo aver conosciuto suo figlio Paolo, un ragazzo bellissimo di 18 anni, con cui nascerà una bellissima amicizia, fa...