Parte 9

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Rimasi da solo. Finii la minestra fissando la parete e riordinai la cucina meccanicamente. Salii le scale e ad ogni gradino udivo i singhiozzi divenire più forti e la tristezza pervadermi entrando da ogni poro del mio corpo. Passai davanti alla stanza di Paolo. Tutto taceva, quindi decisi di andare nel bagno comunicante per vedere se stesse bene. La porta era socchiusa. Stava riordinando la sua stanza già impeccabile con nervosismo.
"Aiutami a spostare questi libri." mi disse dandomene una pila "bisogna metterli là in ordine cromatico." mi indicò una mensola con tanti altri volumi. "Se qualcuno non è nel posto giusto spostalo."
Mi aveva sentito, ma come? Iniziai a sistemarli, fermandomi a guardarli per vedere se erano ordinati. Nel mentre pensavo che forse questo ragazzo proveniva da un altro pianeta. Sì, probabilmente un pianeta abitato da uomini-pipistrello dato il suo udite ultrasviluppato. La sistemazione dei libri mi sembrava perfetta, ero molto soddisfatto del mio lavoro.
"No no no no! Non vedi che quello è più scuro? Deve essere invertito con quello più chiaro. Oh, no. Ne hai sistemato uno piccolo fra due grandi." mi disse.
Ero un po' deluso, credevo di star facendo nel modo giusto. Avrei voluto rispondergli a tono, ma prima che potessi farlo si avvicinò e si fermò proprio dietro di me. Potevo sentire il suo respiro sul collo e lo spostamento dell'aria derivato dal movimento delle sue braccia che sistemavano i libri davanti al mio viso. Feci un profondo respiro per controllarmi. Ero calmo, ma non durò per molto. Non pensavo che si potesse essere più vicini di così, eravamo letteralmente appiccicati l'uno all'altro. Ma lui si spostò. E io non riuscii a evitare che le mie emozioni si ripercuotessero sul mio corpo. Iniziai a desiderare di sparire, ma visto che non funzionava calcolai la distanza tra la mia posizione e la porta del bagno. Esattamente quattro passi. Potevo farcela. Con l'aria più normale possibile, li percorsi, attraversai il bagno e mi chiusi in camera. Pericolo scampato.
"Ma dove scappi?" urlò.
Quelle parole erano ovattate a causa della porta chiusa. Oh no. Sentii dei passi che si avvicinavano. Oh no. Presi il mio taccuino in fretta e fuga, lo aprii e lo appoggiai sulle gambe vicino alla pancia. La maniglia si abbassò.
"Mi stavi dando una mano e te ne sei andato. Qualcosa non va? Hai la ordinefobia?"
"Io... ehm... volevo scrivere..."
"Pensa pensa pensa. Metti insieme una normalissima proposizione come scusa in meno di un secondo se non vuoi seppellirti per l'imbarazzo nelle prossime ventiquattr'ore." diceva il mio cervello.
"Una frase che mi è venuta in mente. Sai, memoria corta, non potevo lasciarmela scappare, era troppo bella."
"Quindi non ha niente a che fare con il fatto che... io... cioè, lascia perdere. Qual'era la frase?"
"Non le pronuncio mai."
"Va bene, che ne dici di tornare di là ora che l'hai scritta?"
Alzai le spalle, tenendo in mano il blocco che di conseguenza si sollevò. Guardai sotto di esso e lo riappoggiai. Tutto bene.
"Combattiamo la ordinefobia." dissi tenendo il braccio sollevato in segno di vittoria.
Tornammo nella sua stanza. Non mi dispiaceva restarci, ma avevo paura che quello che era successo potesse accadere di nuovo. E come mascherarlo una seconda volta? Mi sarei tenuto a debita distanza da lui.
"Ora dobbiamo dividere penne nere, blu, rosse e matite e metterle in quattro contenitori diversi. Ecco." mi posò davanti le biro, le scatole e un foglio "Alcune penne sembrano nere, ma in realtà sono blu e viceversa, bisogna sempre assicurarsi del colore. Bene, ti vado a prendere una sedia."
Lo aspettai guardandomi in giro. La prossima cosa da ordinare sarebbero stati i quaderni, perfettamente impilati in un angolo, che sicuramente non era il posto giusto.
"La prossima cosa da ordinare sono quei quaderni." dissi indicandoli.
"Riesci anche ad entrare nel mio cervello ora?"
Bingo.
"Poteri soprannaturali."
"La notte ti troverò a lanciare incantesimi come Harry Potter?"
"Non è consigliabile entrare nella mia camera senza previo permesso."
"Anche la tua ragazza deve chiederlo?"
"Nessuno strappo alla regola. E a proposito di fidanzata, tu come sei messo?"
"Sono orribilmente single da tempo immemore."
"Quante ex?"
"Tante. Ma niente di che. Non le amavo, però erano belle e simpatiche. Accettabili, diciamo. Ora basta fare il playboy. Cerco la persona giusta."
"Anche io. Lascerò Mal e aspetterò qualcuno che mi faccia davvero perdere la testa."
"Una ragazza?"
"No, tu" pensai.
"Una ragazza." mentivo "E invece tu?"
"Sì anche io."
"Mi sembri poco convinto." azzardai.
"Non mi sono mai innamorato di un ragazzo."
"Neanch'io."
Volevo che lui stesse mentendo come lo stavo facendo io. Ma ne dubitavo fortemente. "Hai appena detto che ti piacciono le ragazze e non i ragazzi, brutto idiota. Ti diverti a depistarlo?" Il mio cervello e il cuore urlavano insieme. Meraviglioso, si erano pure alleati.
"Puoi andare se ti sei stufato, riesco a finire da solo."
"In due ci si mette la metà del tempo." gli risposi con un'alzata di spalle.
"I libri devono essere messi in quel mobiletto lì, ordine..."
"Cromatico."
"Esatto, li compro tutti dello stesso tipo ma di colori diversi. In questo modo sono più belli una volta a posto."
"Tu sei un genio, ma anche un malato, lasciatelo dire."
"Hai ragione," si lasciò cadere sul letto "hai ragione, sono un malato. Ma nella mia testa c'è un tale casino che almeno attorno a me voglio ordine, tanto ordine. Per compensare, sai."
"Scusa, non volevo offenderti."
"Non mi hai offeso, solamente riesci a tirarmi fuori dei sentimenti che reprimo da tantissimo tempo. Non dico che la cosa sia negativa, ma tendo a comportarmi in modo stupido e impulsivo per difesa dopo aver vuotato il sacco con qualcuno. Non so come, ma tu mi spingi a farlo. E non per quello che dici, semplicemente perché sei tu. Non riesco a spiegarmelo. Sto parlando troppo, mio padre doveva darlo a qualcuno il suo gene."
"È la stessa cosa per me, voglio dire, sì sono popolare a scuola, ma sono molto chiuso riguardo a me. Ho sempre sentito che a nessuno importava di quello che pensavo o di quello che succedeva nella mia vita, così non ho mai parlato con nessuno di problemi, ma solo di cretinate da ragazzi popolari, sai cosa intendo dai."
"Ma certo. Ragazze, sport, fumo, droga. Le solite cose da idioti. Sai, se ti avessi conosciuto in città ti avrei odiato."
"Ho chiuso con quella vita. Mi ha portato a... a commettere azioni a cui non avrei mai pensato."
"Socrate, così mi fai paura."
Non risposi. Avevamo finito già da mezz'ora di riordinare i quaderni ed era anche calato un silenzio imbarazzante, ma io non mi decidevo a tornare in camera mia e lui a scacciarmi dalla sua fin quando non sentimmo l'orologio scoccare la mezzanotte.
"È tardi" dissi "vado a dormire. Posso usare il bagno o vuoi andare prima tu?"
"Non barare, prima ci sei andato tu, ora tocca a me."
Si avviò e chiuse la porta. Ma quella rimbalzò e si riaprì uno spiraglio.

Hii! Questo capitolo è un po' noioso, lo ammetto, ma vedere Mat in difficoltà mi fa ridere.😂
Pensate che guarderà dallo spiraglio o no? E Paolo lo scoprirà? Chiuderà la porta o la lascerà aperta?
Grazie a chi è arrivato fin qui.

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