Parte 33

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Ci sono canzoni che ti piacciono fin da subito e altre che hai bisogno di ascoltare due, tre, quattro o dieci volte per comprendere la loro bellezza. Perché la musica è arte e l'arte non è di facile comprensione. Stessa cosa vale per le poesie: hanno talmente tanti significati che più volte le leggi più ne scopri. Anche quelle corte dei cosiddetti poeti ermetici hanno al loro interno un mondo. Avevo sempre usato l'arte per descrivere me stesso, le mie emozioni e le sensazioni che stavo vivendo e scoprire che Paolo scriveva mi aveva fatto capire quanto fossimo affini. In quel momento i versi che troneggiavano nei miei tanti pensieri erano:

e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.

Mostravano alla perfezione come un'opera scritta in un'altra epoca e in merito ad un'altra esperienza della vita, cioè quella della morte della moglie, si potesse in realtà adattare anche alla mia situazione. E probabilmente a quella di un altro ed un altro ancora con sfumature diverse di significato per ognuno. Ecco la magia delle parole. Ecco come l'uom s'etterna, per citare come Brunetto Latini istruì Dante. Non è la poesia l'unica forma per rendere immortale qualcosa. C'è anche, ad esempio, la musica. Sia parla di forza: anche quando sei debole devi indossare la tua armatura e mostrarti invincibile.

You'll never see what's hiding out
Hiding out deep down, yeah, yeah

I know, I've heard that to let your feelings show
Is the only way to make friendships grow
But I'm too afraid now, yeah, yeah

Ed ecco la mia più grande debolezza in quel momento: i miei sentimenti. Erano forti, incontrollabili, mi provocavano imbarazzo ma non potevo evitarli. C'erano ed erano diventati sempre più parte di me ogni ora che passava. Conoscevo Paolo da poco, pochissimo. Ma era stato il cosiddetto colpo di fulmine. La prima volta che l'avevo visto lì, seduto sul letto, bellissimo, a suonare la chitarra, mi era arrivato al cuore con quelle note pizzicate e leggere alternate ad altre energiche e potenti. Comunicava. Tantissimo. Tutte le sue preoccupazioni, le sue ansie, le sue gioie. Tutto ciò che amava o odiava. Tutto quello che teneva nel suo cuore, nelle sue membra, nel suo cervello. Quei riccioli che si muovevano con lui, poi, sembravano avere una vita propria, ma che seguiva a pari passo le sensazioni di Paolo. Chi non ama l'arte? Solo le persone vuote, senza sentimenti. Quelle persone cadute nel baratro che aspettano di essere salvate da qualcuno o da qualcosa. Vi chiederete perché io abbia interrotto la mia storia, lasciandovi in un grande momento di suspance, solo per parlarvi della mia concezione dell'arte. Le nostre idee delineano chi siamo, cosa vogliamo, a cosa miriamo, raccontano il nostro passato, presente e futuro. Vi accorgerete, rileggendo la prima parte, che in realtà ho raccontato più di quanto potessi mai fare in prosa e limitandomi ai fatti.
Erano passate 103 ore da quella cena. Il tempo scorreva lento, anzi pareva fermo. Mentre ero solo nella mia camera, dove avrei dovuto riflettere sul mio comportamento indegno e immaturo, pensavo invece a come stessi sopravvivendo di nuovo. A come vivessi solo con le persone giuste al mio fianco. Perché, diciamocelo, se non hai nulla per cui lottare, almeno devi avere qualcuno da amare. I miei genitori non sono della stessa idea. Mi avevano chiuso in cima alla casa come Rapunzel e io aspettavo solo un principe su una porche bianca che mi liberasse dopo aver sconfitto i miei genitori, che sono anche peggio dell'Ungaro Spinato di Harry Potter. L'obiettivo era in realtà quello di non farmi più vedere Carola né Paolo. Loro mi avevano mandato là per liberarsi di me e anche perché sapevano quanto odiassi la campagna. I loro piani evidentemente non erano andati come avrebbero voluto e ora cercavano di rimediare, ma avevano fatto un altro buco nell'acqua visto che non avevo intenzione di mollare. Guardavo il soffitto con il cellulare appoggiato al mio orecchio. Ero rimasto in chiamata con Carola quasi tutta la giornata ed era stato come averla accanto. Ero felice.
"Ce l'hai fatta a convincere i tuoi?"
"Ci sto lavorando, ho ereditato da loro la mia testa dura."
"Sei nato da due testardi e sei diventato una testuggine."
I paragoni con gli animali erano i suoi preferiti e li tirava fuori in ogni momento. Ma non usava sempre gli stessi, no, ogni volta li cambiava e ne inventava sempre di nuovi. La sua preferita in assoluto era "sei bello con una capra".
"Hai bevuto?" gli avevo risposto quando me l'aveva detto.
Il suo viso si era illuminato per mezzo di un largo sorriso e mostrando i denti aveva iniziato a spiegarmi il perché.
"La capra bela." e aveva anche belato, per la cronaca, mentre eravamo in mezzo ad una strada, facendo così girare tutti verso di noi "La parola "bela" assomiglia a "bella", quindi la capra bella, la capra è bella."
All'istante avevo misurato la temperatura della sua fronte confrontandola con la mia e avevo telefonato a pompieri, pronto soccorso, carabinieri, guardia forestale, ospedali psichiatrici, prigioni e case di riposo. Nonostante la sua dubbia sanità mentale, si faceva ben volere. Anzi, la amavo proprio per quello. Ci sono persone ordinarie, noiose, di vedute ristrette e pochi argomenti interessanti. Poi c'era lei. Che sprizzava gioia da ogni poro. Che ti faceva stare bene, dimenticare i tuoi problemi, vedere il bello in ogni cosa, ricordare che esistono persone che in poco possono diventare tanto. Perché sì, il tempo che passi con qualcuno è importante nel rapporto, ma non determinante. Potresti stare meglio con una persona che conosci da poche ore piuttosto che con una che conosci da sempre. È tutta questione di carattere.
"Ti amo tanto." mi disse la voce metallica dall'altro capo del telefono.
"Sono gay."
"Sono lesbica."
Era il nostro saluto. L'emblema della nostra amicizia. Nessun tipo di attrazione. Sola e pura simpatia e sintonia. La porta della mia camera in quel momento si aprì e una chioma fluttuante si appostò davanti a me. Dopo qualche secondo passato a scrutarmi, mia madre decise di riprendere possesso della sua lingua e tornare ad essere un umano e non più un avvoltoio.

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