Parte 21

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Non avevamo mai toccato l'argomento omofobia. E se lo fosse? La sua espressione era indecifrabile e ciò non aiutava le mie paranoie. La mia teoria è che le paranoie sono causate dall'insicurezza. Questa ci fa pensare a tanti scenari, positivi o negativi che siano, e ci spinge a fare mille viaggi mentre cerchiamo disperatamente di avvicinarci alla verità. Una verità effimera e parziale, che dipende dal grado di conoscenza della situazione o della data cosa. La mia mente correva e non accennava a fermarsi. I pensieri continuavano ad affiorare e a farsi sempre più ingarbugliati. In pochi secondi avevo già le tempie che mi pulsavano. "Ma perché non parla?" mi ripetevo nella mente. Non lo dicevo. Volevo lasciargli il suo spazio, i suoi pensieri. Nessuna fretta o pressione. Avrebbero potuto influenzarlo.
"Ricambia?"
Mi fece un sorrisone a trentadue denti. Espirai. Avevo trattenuto il respiro per un tempo che mi sembrava... anni? No, forse ere.
"Mi confonde." risposi "Abbiamo avuto due momenti... non so come definirli. Eravamo molto vicini, ecco. Stanotte ha dormito con me per non so quale assurdo motivo e stamattina ha fatto il cretino cercando di ammaliarmi, poi mi ha lasciato un bacio all'angolo della bocca. Appena ho detto che saresti venuto tu, mi ha lanciato uno sguardo strano e ha chiamato una sua amichetta per distrarsi."
"E tu?" incalzò.
"E io ho approfittato della situazione."
All'inizio sembrava stupito, era probabilmente abituato al ragazzetto di anni fa che portava i fiorellini alle ragazze carine che lo ignoravano. Ma poi sorrise, mi diede una pacca sulla spalla ed esclamò un "bella mossa".

"Gli piaci."
Sussultai. Eravamo rimasti qualche minuto in silenzio dopo la sua battuta. Il cuore mi batteva forte. Avvampai.
"Mat, tu sei cotto. Altroché 'mi piace un ragazzo'" ripetè mimando la mia voce. "Dai ho capito cosa ti turba. Tutto nuovo. Non ti sei mai innamorato, tantomeno di un ragazzo, e hai paura dei tuoi sentimenti e dei suoi. Puoi nascondere la verità quanto vuoi, ma resterà sempre lì."
Aveva ragione. Aveva dannatamente ragione. Ma non potevo dire di amarlo. Perché non lo sapevo. Perché in testa avevo una confusione assurda. E speravo soltanto di poter risolvere i miei problemi come Alessandro Magno recise il nodo di Gordio. La sicurezza era la chiave di tutto. Ma non l'avrei avuta finché non avrei districato il groviglio dei miei pensieri e soprattutto conosciuto i suoi. E forse questa era la cosa che più mi faceva paura, ma che dico, che mi terrorizzava. Se mi fossi davvero innamorato di lui e non avesse ricambiato? Più profondi sono i sentimenti, più dolorosa sarà la scottatura dovuta al rifiuto. Una domanda era nella mia mente ormai da giorni. Era stato un colpo di fulmine? Avevo le farfalle nello stomaco, averlo vicino mi faceva impazzire e il suo aspetto... beh, lui era meraviglioso, con quegli addominali scolpiti e quella schie...
"Non vorrei interrompere, ma sei consapevole che stai dicendo il tuo monologo interiore ad alta voce?"
Lo guardai lievemente imbarazzato, ma poi scoppiai a ridere e lui mi seguì a ruota. Era il mio migliore amico, il fratello che non avevo mai avuto, i miei pensieri erano i suoi pensieri, quindi non mi importava se avessi detto tutto quello ad alta voce. Certo, all'inizio ero un po' turbato per aver sguinzagliato la mia mente, ma subito dopo avevo realizzato che quello lì davanti era Dav. E con lui non c'erano imbarazzi.
"Riconfermo la mia teoria dell'essere cotto."
"Falla finita. E resta a mangiare con noi, te lo faccio conoscere."
Ci avviammo verso casa. L'ansia cresceva nel mio stomaco ad ogni passo e pian piano iniziò ad allargarsi fino a raggiungere ogni cellula del mio corpo. Mi sentivo tremendamente stupido ad essermi infatuato di un ragazzo etero che conoscevo da pochi giorni. E volevo perfino farlo conoscere al mio amico d'infanzia, ma cosa mi diceva il cervello? Avevo agito d'impulso, senza pensare alle possibili conseguenze. Ma ora dovevo affrontarle.
"Marco, Dav starà con noi a cena se non ti dispiace."
Lo incrociai nell'orto mentre innaffiava i pomodori. Sembrava una rana nello stagno tanto era rilassato.
"Mi dispiace? Starai scherzando spero! Non potrei essere più felice. Vieni, vieni ragazzo. Piacere, io sono Marco. Che bello conoscerti! Ho saputo che sei un grande amico di Matteo; oh beh in realtà l'ho solo supposto, ma so di aver ragione, lo vedo! Ah, che felicità apparecchiare per più di due persone, addirittura quattro. Fai pure venire tutti quelli che vuoi" disse rivolto a me "Beh, la ragazza non so se si voglia fermare a cena, da com'è magra sembra che non la faccia neanche. Almeno, io non l'ho mai vista mangiare, anche se è venuta molte volte qui agli orari più disparati. Ah, la gioventù! Anch'io da giovane ero un dongiovanni come lui e guardami ora: un panzone col colpo della strega. Ma su, andate, non state qui a sentire le mie inutili chiacchiere, ora arrivo a scaldare la minestra."
La sua loquacità non si smentiva mai, ma sembrava che a Dav non desse fastidio. "Anche lui è così" pensai.
"Ciao tesoro, oggi mi sono divertita tantissimo. Matteo dov'è?"
Sentii la bionda gracchiare a Paolo, intravedevo i suoi capelli dalla finestra. Presi per un braccio Dav e mi appostai sotto ad essa. La comare che c'era in me si era risvegliata improvvisamente.
"Non mi interessa saperlo."
Persi un battito.
"Cos'è quella faccia? Oddio ti piace!"
Mi si mozzò il respiro.
"Ma cosa dici? Non mi importa minimamente di lui, è solo uno sfigato come tutti gli altri. Non siamo nemmeno amici."
"Da come l'hai guardato prima non mi è sembrato." rispose.
Sembravano piuttosto amici da come si parlavano. Guardai Dav e mi accorsi che aveva pensato la stessa cosa.
"In realtà lo odio. Potrebbe anche essersi perso nel bosco per quanto mi riguarda e non lo cercherei."
Una porta sbattè. Doveva essersene andato. Mi stavo avviando ormai sconsolato verso l'entrata, quando sentii Paolo parlare. Tornai svelto verso la sua finestra, attento a mettere i piedi sull'erba per non fare il minimo rumore.
"Perché si è comportato così allora?"
Mi ero perso la prima parte.
"Lo sguardo di sfida che mi ha lanciato... perché? Io mi ero arrabbiato e quindi ho chiamato una ragazza per distendermi, ma lui me l'ha rubata. Ci dev'essere una spiegazione. Non l'ha fatto per caso, lo so, non è uno che agisce d'istinto."
Fece una pausa. Sapevo che stava mettendo insieme i pezzi, riordinando gli indizi che gli avevo dato, scoprendo pian piano la verità.
"Gli piaccio." mormorò impaurito.
Sapeva.

Dan dan daaaaaaaan. E ora?!

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