Parte 24

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Mi tornarono in mente le parole che erano uscite dalla sua bocca solo poche ore prima e la rabbia iniziò a farsi largo tra la sorpresa di averlo trovato lì, sostituendola. Mi imposi di restar calmo per non fargli capire di averlo sentito parlare.
"Buonanotte." gli dissi e mi voltai dall'altra parte.
Quello che fece mi spiazzò. Non era la prima volta che una sua azione mi lasciava interdetto e confuso. Non riuscivo proprio a capire alcuni suoi comportamenti nonostante entrambi provenissimo da Marte. Eh sì, perché, come vuole la leggenda, gli uomini una volta abitavano il pianeta rosso e, dopo aver visto le venusiane, donne di Venere, decisero di stabilirsi con loro sulla Terra. I marziani e le venusiane erano quasi uguali ai loro compatrioti, mentre erano molto diversi i due generi, che ancora dopo tantissimi anni non riescono a capirsi appieno. Ecco perché donne e uomini spesso litigano, piccolo mio, spesso non si comprendono e credono di agire nel bene dell'altro quando invece lo stanno solo facendo soffrire. Le parole della nonna mi rimbombavano in testa mentre ero in quello stato tra il sonno e la veglia con Paolo steso immobile sul mio letto. No, non aveva ascoltato minimamente le mie parole, ma non era questo che mi aveva sorpreso, bensì il fatto stesso dell'avvicinarsi a me dopo un'intera giornata passata ad evitarmi e parole spese a disprezzarmi. Ma non mi sarei interrogato ancora a lungo cercando delle risposte che sapevo essere inesistenti se non nella mente di colui al quale dovrebbero essere rivolte le domande. Dopo aver sgomberato la mente da pensieri indesiderati, caddi in un sonno profondo.

Non volevo alzarmi. Tenevo gli occhi chiusi e stavo comodo sul letto caldo. Un venticello leggero mi solleticava la fronte, mentre il cuscino si alzava e abbassava ritmicamente. Aspetta, cosa?! Aprii un occhio. Tenevo la testa appoggiata al petto di Paolo, il suo braccio mi circondava la vita e le nostre gambe erano intrecciate. Sgattaiolai via sfilandomi dalla sua stretta ferrea e per fortuna non lo svegliai, la scena sarebbe stata imbarazzante dal momento che ci eravamo mossi per sbaglio nel sonno. Scesi le scale. In cucina c'era Marco che armeggiava con un cucchiaio e una pentola. Aveva un magnifico grembiule rosa con tanto di pizzo e toque blanche abbinato. Una favola. Fischiai.
"Qui abbiamo una cuoca sexy."
Sorrisi ammiccante e Marco si voltò con un sorrisino stupido.
"Supersexy vorrai dire."
Accompagnò le sue parole appoggiandosi al ripiano con i gomiti e piegandosi un po' per tirare fuori il sedere. Poi si girò con sguardo da cerbiatta verso di me, fissandomi da sopra la spalla. Scoppiammo a ridere entrambi.
"La massaia oggi ha preparato i pancake per i due piccioncini."
Quasi mi strozzai con la mia stessa saliva e feci una faccia talmente sorpresa che Marco diventò serio tutto d'un colpo. Se voleva sapere la verità, beh, me l'aveva letta in faccia.
"Dove tieni il termometro?"
Glielo chiesi fingendo preoccupazione e cercando in ogni angolo come se un termometro potesse stare vicino al battiscopa sotto al ripiano della cucina.
"È la seconda notte che dormite insieme."
Lo disse con tanta sicurezza e il suo sguardo mi diceva "non mentirmi, tanto vi ho scoperti."
"Ci spii?"
"Siete la mia soap opera preferita, altroché Beautiful e Il paradiso delle signore! I vostri battibecchi che si tramutano in sguardi assassini e un secondo dopo in altri d'amore sono semplicemente fantastici."
In me si agitavano sentimenti contrastanti. Da una parte ero estremamente sollevato per il fatto che avesse capito tutto senza spiegazioni e lo avesse accettato di buon grado, ma dall'altra ero spaventato all'idea che avrebbe potuto dirlo a Paolo o che mi avrebbe messo in situazioni scomode. Ero combattuto tra il desiderio di confermare le sue ipotesi e quello di smentirle a costo di suonare scontroso o ipocrita o addirittura ridicolo. Nella mia testa, come se non bastasse, si affacciò un'altra vocina che mi ripeteva che l'omone che avevo davanti amava scherzare e forse era quello che stava facendo in quel momento, quindi con delle parole ferme e decise avrei messo probabilmente a tacere tutte le sue idee. Ringraziai mentalmente la vocina confortatrice. Mi accorsi in quel momento che Marco stava ancora parlando, l'aveva fatto per tutto quel tempo? Di nuovo mi ero estraniato dal mondo reale per cadere nel buco nero della mia mente. Avevo fatto molte brutte figure per questo motivo, come quando ero alla cena di gala con i miei genitori. Il cameriere era arrivato al tavolo con le nostre pietanze, ma giunto davanti a me mi ritrovò immerso nei miei pensieri. E a nulla valsero i richiami dello stesso e di mia madre, che diventava ogni secondo più furiosa. Mi risvegliai dal mio stato di trance quando mi strattonò il braccio e finalmente mi accorsi del povero cameriere che aspettava che smettessi di giocare col tovagliolo per appoggiare il piatto. Non sapevo se fossi più vicino alla morte da suicidio per la vergogna o da omicidio per la rabbia di mia madre.
"Come hai detto tu" risposi "pensi come se la realtà fosse una soap opera."
Fece una smorfia che esprimeva il suo disappunto e capii che non mi credeva, ma ebbe la delicatezza di non ribattere e far cadere il discorso, probabilmente perché si era accorto di avermi messo in difficoltà. Lo ringraziai con lo sguardo. Chissà se poteva comprendermi o sembravo solo un povero pazzo che faceva smorfie. Beh, l'aria che si respirava in quella casa sicuramente non contribuiva ad avere un'equilibrio mentale ottimale. E no, non mi riferivo solo al riccio che si trovava a fare il bell'addormentato nel bosco sul mio letto, ma anche a suo padre che parlava con le mucche, le galline e i maiali come potessero rispondergli. Nulla in contrario, ma il modo in cui lo faceva era davvero buffo e attestava la sua mente a dir poco eccentrica. I pancake stavano cuocendo nella pentola e un profumino davvero invitante aleggiava per tutta la cucina. Inspirai a pieni polmoni. E mi tornò in mente di nuovo mia nonna, le sue frittelle, i sogni. Tutti e due i sogni che mi ricordavo come fossero stati reali erano con mia nonna che mi dava dritte su Paolo. E io ci credevo, eccome se ci credevo, che lei stesse in qualche modo cercando di aiutarmi dall'aldilà o, che so io, mi ritornavano in mente non so come sue parole che aveva pronunciato quando ero piccolo. In quel momento sentii il fulcro dei miei pensieri scendere le scale e istintivamente mi voltai. Spalancai gli occhi.

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