Parte 11

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"Passami quella maglia sulla sedia. So che non è piegata e appoggiata perfettamente al centro, ma non schifartene."
"Buongiorno fiorellino, sei tornato dentro al tuo corpo?" mi rispose mentre me la porgeva.
"Quando ti ho lanciato il cuscino ero già in me, per la cronaca."
"Capito. Non vuoi essere svegliato. Lo aggiungo agli altri comandamenti."
Dopo essermi messo la maglia, mi avviai verso le scale da solo. Paolo mi aveva detto che mi avrebbe raggiunto dopo aver "fatto una cosa", testuali parole. In cucina non trovai nessuno, mi sarei stupito del contrario visto l'orario. So che i contadini lavorano dall'alba e infatti guardando dalla finestra vidi Marco nell'orto.
"Buongiorno." urlai.
"Buongiorno anche a te." rispose "sto raccogliendo dell'insalata che è una meraviglia. Ora vado dai miei animali, dopo le dieci è troppo caldo per stare nell'orto. Ti ho lasciato del pane e delle uova fresche da cuocerti. Se non le vuoi, c'è della marmellata nella dispensa, scegli quella che ti piace di più, le ho fatte tutte io. Da bere c'è il latte della mia Caroline e il caffè."
"Papà, credo abbia capito, ora lascialo mangiare."
"Sì Paolo, hai ragione." si rivolse a me "Scusami, non ho spesso ospiti, fai come fossi a casa tua."
"Grazie." dissi.
Cucinai un uovo all'occhio di bue e lo misi in un piatto sopra ad una fetta di pane. Poi mi feci un cappuccino e mi sedetti davanti a Paolo che seguiva i mei preparativi.
"Non hai fatto cadere neanche una briciola. Io sarò anche ordinato ma tu sei... Bene, ecco di cosa volevo parlarti. Ho ricevuto l'invito alla festa stile americano che fa tutti gli anni una mia compagna di classe delle superiori. Prima che tu me lo chieda, sì, sono stato pure con lei. E direi niente male. La regola è che ogni invitato può portare una sola persona non invitata. Allora? Che ne dici? Il nuovo te si concede del divertimento che non sia camminare in mezzo al bosco?"
"Mh, non saprei. Convincimi che la festa sarà divertente."
"Te lo assicuro." abbassò la voce "Fiumi di alcool, tanta musica e ragazze bellissime. Si inventano ogni anno un gioco diverso, l'anno scorso c'era quello della bottiglia."
"Mh."
"Benissimo, la festa è questo sabato. Vedi di metterti addosso qualcosa di decente che possibilmente non sia una mia tuta."
"Io ho uno stile meraviglioso, i campagnoli non possono comprenderlo."
Si alzò scuotendo il capo in segno di disaccordo e alzando le mani. Quando mise il piede sul primo gradino gli dissi: "Mia nonna." Si girò.
"Che hai detto?"
"Prima mi hai chiesto cosa stessi sognando. Mia nonna."
"Non è più qui, vero?"
"No."
Tornò al tavolo e si sedette. Avrei dovuto raccontare qualcosa di molto personale, ma almeno l'avrei tenuto lì per molto tempo. Accidenti a me che pensavo a queste cose.
"Andavo spesso da mia nonna, ci rimanevo anche per settimane. Abitava da sola in un appartamentino in città, suo marito era morto prima che io nascessi. Era la mia parente preferita, la amavo davvero tanto. Preparava sempre i miei dolci preferiti: le frittelle. Se n'è andata quando avevo dieci anni." Sospirai "Nel mio sogno ero andata a trovarla e mi aveva detto che è sempre festa quando si è felici e si è felici quando si sta con le persone che si amano. Mi spiegò che mi preparava le frittelle sempre e non solo a carnevale perché mi amava, quindi la rendevo felice e tutti i giorni in cui stavo con lei erano una festa. Era il suo modo per mostrarmi affetto. Lei sostiene che quando si ama una persona, bisogna dimostrarglielo."
"E tu non lo fai."
Per l'ennesima volta aveva beccato nel segno. Stavo quasi iniziando a stufarmi della sua perspicacia.
"I sogni con mi nonna sono consiglieri. Lì dentro ho sette anni, lo schema è sempre lo stesso ma cambiano le parole. La nonna mi voleva dire di dimostrare con i fatti i miei sentimenti. Forse sa che mi innamorerò di qualcuno da ubriaco alla festa."
"È molto bello il rapporto che avevi con tua nonna. Le mie non le vedo mai, ma mi ricordo che da piccolo volevo loro molto bene. Non le vedo dal funerale in effetti. Mi ricordano molto lei."
"Mi dispiace molto che non ci sia più. Doveva essere una donna meravigliosa."
Lui mi guardò per vedere se sul mio viso ci fosse dipinta la solita espressione da "oh povero orfanello quanto sei sfortunato". Ma no, non c'era. La mia faccia diceva "sono dispiaciuto per la tua sofferenza".
"Allora, cosa vuoi fare oggi?" riprese.
"Volevo deliziarvi con le mie doti culinarie." alzai la voce "E stasera Marco mi conquisterà con le sue."
Sentii una grassa risata provenire dall'esterno, segno che mi aveva udito parlare.
"Vado a prendere in camera il grembiule che porto sempre con me." dissi a Paolo.
Salii di sopra, ma appena varcai la soglia vidi che qualcuno era stato lì in mia assenza. Il taccuino che avevo lasciato sul letto era inclinato di una quarantina di gradi verso destra e si trovava più in basso di qualche centimetro. Lo sfogliai per vedere se ci fosse qualcosa di diverso. L'unico che poteva averlo toccato era Paolo, Marco era stato fuori tutto il tempo. Non volevo pensare che lui lo avesse letto nonostante gli avessi esplicitamente chiesto di non farlo, quindi sperai che ci fosse un'annotazione. E in effetti qualcosa c'era: un biglietto. Era stato scritto con una grafia precisissima e la frase si trovava perfettamente al centro del foglio, altra conferma che l'autore era Paolo. Avevo paura ad aprirlo. Qualsiasi cosa fosse avrebbe potuto dirmela a voce, ma aveva scelto di scriverla, segno che era qualcosa di imbarazzante o difficile da esprimere. O forse mi ha lasciato una sua composizione. O forse era meglio smettere di fare congetture. La aprii.

Hiii
Non odiatemi per l'enorme suspance ahahah se non reggete datemi una stellina e vi posto subito il continuo, promesso. Ho deciso di postare proprio oggi perché *rullo di tamburi* la mia storia alias manifesto dell'omosessualità doveva per forza continuare il primo giorno del mese del pride. Mi impegnerò a postare più spesso in questo periodo in onore della comunità. Al prossimo capitolo e grazie a chi è arrivato fin qui!❤️

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