La grande colpa di Bellatrix

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I giorni che seguirono per Riddle furono i più belli e movimentati della sua vita. Era abituato all’orfanotrofio a giornate tutte uguali, e per certi versi noiose. A Hogwarts invece si sentì subito a casa. Era come se quel luogo gli fosse appartenuto da sempre. Le lezioni erano interessantissime e sin da subito si mostrò uno studente particolarmente attratto alla magia praticata.
I professori stavano imparando a conoscerlo e stavano man mano dimostrandogli sempre più affetto. Lumacorno più di tutti. L’unico invece che non fu per nulla impressionato da lui era Albus Silente. Anzi con il passare dei giorni, ebbe sempre più la sensazione che l’insegnante di Trasfigurazione lo tenesse d’occhio.
Il suo talento  aumentava di giorno in giorno e ben resto risultò essere il migliore della classe.
Ma se la sua grande dedizione allo studio rasentava la perfezione, altrettanto non si poteva dire delle sue amicizie. Tom di natura continuava ad essere amante della solitudine. E quando c’erano persone che volevano parlare un po’ con lui, non riuscivano a fargli dire niente che potesse far capire loro che stessero conversando con una persona socievole. Il risultato fu che ben presto tutti si stufarono e decisero di lasciarlo al suo destino. Per le prime due, tre settimane Tom visse come se fosse in una sorta di mondo parallelo, isolato da tutti pur conducendo la vita di tutti.
Tuttavia nell’ultima settimana notò con sempre maggiore imbarazzo che i suoi compagni di Casa appena lo vedevano cominciavano a confabulare tra loro, scuotevano la testa e alcuni accennavano anche una risatina di scherno. Questo accadeva ogni mattina appena usciva dal dormitorio, alla sera quando rientrava in sala comune e persino durante le lezioni.
Ad un certo punto non potè più sopportarlo.
Alla sera del venerdì della quarta settimana dal suo arrivo al castello, decise di affrontare pari a pari la faccenda. Erano in sala comune, dopo la fine della lezione di Trasfigurazione con il professor Silente. Mentre tutti lo osservavano e cominciavano a prenderlo in giro da dietro le spalle, lui con fare minaccioso domandò: “ Beh, cosa avete da chiacchierare alle mie spalle? Vi do forse fastidio?”
Ma quelli continuavano a prenderlo in giro, cosicchè Riddle afferrò per il colletto uno dei ragazzi, il primo che gli capitava davanti, e gli domandò con il volto a pochi centimetri dal suo interlocutore: “ Cosa avete da ridere?”
“ E’ vero che sei orfano?” domandò quello afferrato dal colletto, tra le risate dei suoi compagni.
Riddle, con un misto di vergogna e rabbia chiese loro: “ Come l’avete saputo? Rispondetemi”  ordinò loro in tono brusco.
“ Le voci girano, mio caro” risposero gli altri in coro.
Riddle guardò attentamente gli occhi di colui che aveva davanti e in un attimo gli fu tutto chiaro. Una rabbia provata solo l’ultima sera all’orfanotrofio, la notte in cui lo presero per pazzo, si impadronì di lui.
Come aveva osato fare una cosa del genere?
Si voltò e vide il colpevole, che nel frattempo era entrato, tra le risate sempre più fragorose dei compagni.
Era Bellatrix Black.
Guardandola con rabbia accecata e notando la sorpresa nel suo volto, Riddle mollò il colletto del ragazzino e si avventò su Bellatrix, prendendola con forza per un braccio e trascinandola di sopra davanti al dormitorio in modo che nessuno udisse.
Lì, si fermò e le strinse il braccio talmente forte da fermarle la circolazione.
“ Cosa è successo? Lasciami” si lamentò lei e con uno strattone gli tolse il braccio dalla presa della mano.
“ Come- hai- osato-dire-e-raccontare-cose-sul-mio conto?” domandò Riddle a scatti, tremante di rabbia.
“ Io? Ma io…” disse lei sulla difensiva
“ Ti ho dato il permesso di raccontare i fatti miei a quegli altri idioti? Ti ho detto di dirlo agli altri? Ti ho chiesto di dirlo agli altri? Ti ho ordinato di dirlo agli altri?” Ad ogni domanda Riddle aumentò il tono di voce, mano a mano che la sua rabbia trattenuta, fuoriusciva incontrollabile.
“ Ma io l’ho detto solo…” disse lei, spaventata. Ma Riddle la interruppe.
“ Non ti azzardare mai più a prendere decisioni tue, a fare di testa tua, senza chiedermi il permesso. Soprattutto per cose che riguardano me. Sono stato chiaro, RAGAZZA?”
E le diede una spinta, facendola cadere a terra.
Bellatrix cadde sulle ginocchia e, sull’orlo delle lacrime, si massaggiò il punto dove si era fatta male cadendo a terra spinta dalla furia incontrollabile di Tom.
Quest’ultimo si avvicinò, guardandola dall’alto. Lei, implorante e sull’orlo di un pianto e lui con sguardo carico di rabbia e odio.
Passarono alcuni istanti di silenzio, dove Bellatrix ormai in lacrime, guardava Riddle spaventata e anche un po’ dispiaciuta per ciò che aveva fatto. Lui, dal canto suo, cercò di calmare la sua furia improvvisa.
“ Ringrazia che non ti è successo nulla Bellatrix” disse Riddle freddamente e incurante del pianto di lei.
“ Alcuni, prima di te, per molto meno hanno subito la mia terribile sete di vendetta. Non sarò così clemente con te, la prossima volta”
Si voltò per scendere di sotto, quando parve ricordarsi di un’ ultima cosa da dire alla malcapitata: “ E guardami in faccia quando ti parlo. Non sopporto le persone che abbassano lo sguardo quando parlo loro. Non lo trovo corretto”
Bellatrix per un attimo alzò lo sguardo pesante verso gli occhi marroni di Riddle, ma tuttavia non riuscì a sostenerne lo sguardo. Fece per rialzarsi in piedi, ma tremava così tanto che le fu quasi impossibile. Riddle,, tuttavia, ritenne saggio non aiutarla neanche, in quel suo tentativo. Era una punizione che meritava. Non avrebbe dovuto toccare quel tasto dolente di lui, del suo passato, della sua storia, che ancora non aveva superato. E che, forse, non avrebbe superato mai.

(944 parole~)

Tom Riddle: la storia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora