La prima scoperta al castello

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Bella non gli aveva mentito. Glielo aveva letto nei suoi pensieri durante il pranzo, quando lei gli aveva rivelato dove erano le mense della scuola. Decise di fare un sopralluogo, senza però scendere di sotto, in modo da non trovarsi allo sbaraglio quella notte stessa in cui, mentre tutti dormivano, avrebbe  svolto il suo compito personale. Al quale, ovviamente, avrebbe provveduto da solo. Si diresse verso il Salone d’Ingresso, cercando di non destare alcun sospetto tra la miriade di ragazzini che si avviavano alla loro sala comune, in attesa delle lezioni pomeridiane. Era una cosa estremamente delicata. Un solo errore, quella notte, e lo avrebbero scoperto. Ma dentro di sé, credeva fermamente che solo lui avrebbe compiuto impresa del genere. E solo lui, era convinto di potercela fare.
Arrivato al Salone d’Ingresso vide una porta laterale varcata la quale vi era una scalinata in marmo. Dal profumo che proveniva, capì che quella sarebbe stata la porta che avrebbe dovuto varcare quella notte.
Bellatrix aveva ragione. Gli era stata molto utile in quella circostanza. Neanche lui l’avrebbe potuto lontanamente immaginare che quella ragazza avrebbe potuto un giorno aiutarlo. Ma era bene che non si aprisse troppo. Quella sarebbe stata l’unica e l’ultima volta al quale avrebbe fatto affidamento su qualcuno. Anche su di lei.
Era ora delle lezioni pomeridiane. Quel giorno avrebbero avuto Difesa contro le Arti Oscure, con la professoressa Gaiamens. Cominciò anche a concentrarsi con maggior attenzione al nome della materia. Perché difesa? E le Arti Oscure in cosa consistevano, realmente? Le avrebbero studiate al castello?  A questa domanda non aveva risposta. Le uniche persone che gli avrebbero potuto chiarire il dubbio erano i professori stessi.
Ma ora, non aveva tempo per rivolgere loro quella domanda. Magari un giorno, più in là se si fosse accorto che le misteriose Arti Oscure non fossero state nei programmi dei vari anni, avrebbe potuto chiederne il motivo.
La lezione si svolse normalmente nell’aula senza grandi avvenimenti particolari. Tranne il fatto che come al solito sia Tom, sia Bellatrix facevano a turno per rispondere alle domande dell’insegnante. Lasciando agli altri, appena il tempo di riflettere su ciò che l’insegnante chiedeva loro. La professoressa Gaiamens era una donna piuttosto anziana. Riddle pensò che presto sarebbe arrivato per lei il momento della pensione. Ma molto intransigente e severa. Spiegava molto bene, ma era molto rigida per quanto riguardava i compiti in classe. Solo con Riddle e Bellatrix non si arrabbiava mai. Anzi anche lei li trattava come se fossero figli suoi. Anche grazie alla loro straordinaria abilità e velocità nella comprensione di concetti anche molto elaborati.
Alla fine della lezione, Riddle espresse a Bellatrix il suo pensiero riguardo alla materia.
“ Secondo te perché si chiama Difesa dalle Arti Oscure?”
Bellatrix lo guardò con uno strano sguardo.
“ Perché è Difesa dalle Arti Oscure” rispose come se la cosa fosse ovvia.
Riddle si spazientì che lei, a volte, sebbene bravissima nel comprendere le cose, si perdeva in un bicchier d’acqua.
“ Ho capito che si chiama così.  Ma perché difesa dalle Arti Oscure?”
Bellatrix lo guardò, e comprese ciò che voleva dire.
“ Perché le Arti Oscure sono un qualcosa di oscuro, Tom. Non ci è permesso impararle. Anche se…”
“ Anche se?” domandò Riddle curioso. Forse lei, essendo nata da maghi, poteva sapere cose che lui, a causa della sua orribile infanzia in un orfanotrofio i cui membri neanche immaginavano l’esistenza di un posto come quello in cui ora stava, ignorava.
“Anche se, in fondo, mi piacerebbe anche a me scoprire cosa sono le Arti Oscure. E perché ci è impedito di impararle”
Riddle distolse lo sguardo da lei. Lei invece alzò il suo, sul suo volto.
“ Hai visto dov’è la mensa?” domandò
Riddle annuì
“ Hai intenzione di andare?” chiese Bellatrix
“ Ovvio. Stanotte stessa” rispose il ragazzo, guardandola deciso
“ Posso venire con te?” domandò Bellatrix guardandolo con uno strano sguardo supplichevole. A Riddle però non piacque quell’atteggiamento. La guardò duro.
“ No! Devo andare da solo. E’ una questione personale tra me e Lumacorno. Non voglio altre persone con me”
Gli sembrò che a Bellatrix non andasse a genio quella risposta, ma con un sospiro decise di accettare la sua decisione. E meno male per lei. Altrimenti Tom Riddle si sarebbe arrabbiato sul serio.
Si avviarono verso la propria sala comune. Quel giorno avevano solo una doppia ora Difesa come lezione pomeridiana, poi ognuno sarebbe stato libero anche di uscire nel parco del castello, vista anche l’estate che quell’anno si stava prolungando ben oltre il periodo consono.
Alla sera tutto era pronto. Decise che avrebbe aspettato la mezzanotte prima di sgattaiolare fuori dalla propria sala comune diretto alla mensa. In modo da essere certo che nessuno, neanche un professore fosse nei paraggi. L’unico che temeva che a quell’ora fosse sveglio, non era il preside Dippet, ma Silente.
Ma anche con lui, come accaduto la notte del duello avrebbe scovato un sistema per restare impunito. E poi il castello era enorme. Non poteva intralciargli sempre il cammino.
A mezzanotte, quando fu certo che tutti dormissero, si alzò dalla poltrona vicino al fuoco, e sulla quale stava leggendo il libro di Incantesimi in cerca di una formula adatta a far luce e una adatta ad aprire le porte chiuse a chiave: visto che con molta probabilità la mensa a quell’ora era chiusa e buia; e si avviò.
Uscì dal sotterraneo dove vi era la sala comune dei Serpeverde, e si trovò nel Salone d’Ingresso. Non fu necessario far luce fino a quel momento, visto che l’oscurità c’era, ma non era abbastanza fitta da rendere il percorso un vero e proprio vicolo cieco. Era certo però che lì di sotto, sarebbe stato necessario.
Raggiunse la porta che aveva notato quella mattina, la aprì e la varcò. Scese la scala di marmo senza che potesse essere udito. Sembrava che scendesse senza toccare i gradini, tanto era silenzioso. Quando superò l’ultimo, contrariamente a quello che si era immaginato; si ritrovò in un lungo corridoio di pietra, illuminato da torce e percorso da quadri raffiguranti soprattutto cibo.
Arrivato quasi in fondo al corridoio, notò un quadro raffigurante una ciotola. Dal profumo più intenso in quel punto, intuì che quello doveva essere l’ingresso della mensa. Ma come aprirla? Come entrare? Non aveva all’apparenza bisogno di parole d’ordine. Tuttavia notò che la ciotola sembrava viva in qualche modo. Un po’ come tutte le cose lì al castello.
Allora tutto sarebbe stato più semplice. Bastava una sola richiesta. Con la forza del pensiero, senza proferire parola, altrimenti qualcuno avrebbe potuto origliare lì vicino. Chiuse gli occhi e pensò: “ Rivelami cosa vuoi”
E subito, dopo averli riaperti, intuì ciò che la ciotola gli chiedeva ovviamente il tutto senza parlare. Solo quello? Aveva perso minuti che potevano essere preziosi solo per quello? Per fargli un po’ di solletico?
Sentì montare dentro di sé la rabbia. Per un attimo ebbe la tentazione di non fare il solletico a quel ritratto, ma di estrarre la bacchetta e distruggerlo. Poi però la ragione prevalse in lui e dopo aver riottenuto la calma, fece ciò che il ritratto gli aveva chiesto. Quello cominciò a ridere. Riddle avrebbe voluto ordinargli di abbassare la voce, in modo da non svegliare tutto il castello. Poi ad un tratto la ciotola nel quadro scomparve e al suo posto ecco apparire una grossa maniglia verde.
La abbassò e il quadro rivelò una stanza interna.
Ma al suo interno a differenza di come aveva inizialmente pensato vi era luce. E per giunta delle voci. Sembravano voci non umane, ma stranamente acute. Si mise di soppiatto tra l’ingresso e l’uscita, in modo da non farsi vedere.
Con la coda dell’occhio vide delle creature che a prima vista gli sembrarono simili ai folletti che all’orfanotrofio gli descrivevano nelle fiabe. Ma al contrario di queste avevano occhi fin troppo grossi per essere quelli di un folletto, sembravano due palle da tennis, orecchie da pipistrello e non superavano il metro d’altezza.
“ Mettila qui, Krabior. Dobbiamo iniziare a preparare il cibo per domani. Ad Halloween dovremo preparare molta più roba di quella che facciamo normalmente. I padroni vogliono tutto perfetto” disse quello che sembrava il capo.
“ Va bene, va bene” rispose seccato Krabior.
“ Avanti…avanti… “ ordinò il capo, con tono autoritario.
Riddle nel caos generale, intravide in lontananza quello di cui aveva bisogno. L’ananas era dall’altra parte della cucina. Ma come prenderlo?
Avrebbe dovuto studiare anche l’incantesimo che richiamava gli oggetti. Purtroppo non ci aveva pensato. L’unico modo era creare un diversivo. Sfilò la bacchetta dalla tasca e la puntò contro la marea di cibo che quelle creature erano in procinto di preparare per l’indomani.
Ci fu uno scoppio improvviso. Quello che sembrava il capo, fu sommerso da una quantità industriale di pop corn che erano in procinto di essere serviti come antipasti. L’elfo venne totalmente seppellito. Non doveva essere molto simpatico agli altri, poiché nessuno si offrì di aiutarlo. Scoppiarono a ridere, in un sovrapporsi di suoni acuti e proseguirono con il lavoro. Tutti gli elfi si diressero allora, verso una stanza secondaria, che doveva essere l’altra parte della cucina. O almeno dove vi stavano i fornelli.
Quello era il momento adatto. L’elfo presto sarebbe riemerso e allora sarebbe accaduto un bel guaio. Avviandosi veloce verso la credenza su cui era poggiato l’ingrediente da lui cercato per Lumacorno, lo prese tutto e si avviò veloce verso l’uscita. Ma l’elfo, nel frattempo riemerso dalla montagna di pop corn, gli bloccò la strada. Si voltò verso Riddle, e rimase in silenzio come se fosse rimasto interdetto che qualcuno gli stesse rubando la roba. Poi prima che potesse gridare al ladro, Riddle estrasse ancora la bacchetta e disse, piano per non essere udito: “ Oblivion”.
Capì che l’incantesimo era andato a segno. Gli occhi dell’elfo si fecero vacui e inespressivi. Rimase a osservarlo privo di espressione e accennò perfino un inchino.
Riddle vide che nonostante tutto, la via era ancora libera da quelle sciocche creature che per poco gli avrebbero rovinato tutto. Uscì, silenziosamente, senza che venisse più intralciato, con l’ananas finalmente in suo possesso.

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Tom Riddle: la storia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora