Per tutta la notte Anna non chiuse occhio, rotolandosi nelle lenzuola senza darsi pace e rischiando spesso di svegliare le amiche che dormivano nei letti accanto al suo.
Aveva avuto molto caldo e l'impressione che la testa e le meningi le pulsassero senza freno, costringendola a stringere i denti per la tensione e a risvegliarsi con un forte dolore.
Non appena si era alzata dal letto, si era resa conto che il suo corpo era dolorante e che gli occhi erano attorniati da occhiaie scure che non la facevano sembrare in buona salute.
Diana e Ruby l'avevano squadrata da capo a piedi e si erano convinte del fatto che fosse successo qualcosa alla loro amica e avevano provato a farle domande senza però ottenere alcun risultato. Anna non voleva parlare con nessuno della sera prima: nel suo cuore sentimenti contrastanti erano in guerra, che le prosciugavano le sue già ben poche energie. Sapeva di aver parlato troppo, lasciando finalmente sfogo ai suoi pensieri su Roy e sul matrimonio dopo tanto tempo, ma ora doveva convivere con l'idea che probabilmente Gilbert aveva capito che il suo amico più caro stesse per sposarsi con una ragazza che non era innamorata di lui e che sostanzialmente lo stesse sfruttando per puro egoismo e agiatezza.
Contemporaneamente si pentiva di avergli parlato in un modo così crudele, riversando su di lui l'ansia e lo sfinimento che quei mesi le avevano causato. Aveva trovato il modo di sfogare la sua rabbia scagliandosi su Gilbert, senza nemmeno lasciargli il tempo di rispondere.
Parlando con lui si era resa conto di quanto fosse un ragazzo gentile e, nonostante questo, lo aveva offeso, perdendo la possibilità di scambiare due parole con l'unica persona che, venendo da fuori, poteva farle respirare l'aria di un po' del mondo vero fuori dalle mura del Queen's.
"Da quando sono diventata così senza cuore?" mormorò tra sé e sé, stringendo i libri di letteratura inglese tra le braccia e scendendo le scale verso l'aula.
Roy la notò dal fondo del corridoio e le corse incontro con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Anna fece finta di non sentire la sua voce che la chiamava dalla tromba delle scale e proseguì la sua camminata, senza alcun successo.
"Tesoro, buongiorno!"
"Buongiorno Roy"
"Allora Anna, tra poco inizia la mia lezione, per cui posso stare poco tempo. Cosa ne pensi se oggi pomeriggio andassimo a fare una passeggiata in centro città insieme? Devo raggiungere Gilbert per parlargli di una questione personale, ma subito dopo possiamo stare da soli. Magari possiamo andare a prendere un tè in quella sala che ti piace tanto. Cosa ne pensi?" chiese lui, spostando con la mano un ricciolo di capelli dalla fronte.
Sentendo il nome dell'amico di Roy, la ragazza trasalì. Stringendo la presa sui libri, pronunciò un "Non lo so, dovrei studiare" senza guardare il ragazzo negli occhi ma mostrando invece un irrazionale interesse per il pavimento in legno sotto di loro.
"Coraggio, sarà per due ore al massimo" continuò Roy, senza perdersi d'animo. Anna lo guardò supplicarla con l'aria di un bambino cresciuto e le mani strette tra di loro a mo' di preghiera e non riuscì a dirgli di no.
Per quanto non volesse avere a che fare con Gilbert, odiava dire di no alle persone a cui teneva.
"Perfetto, allora ci vediamo per le sei in giardino. Ti prego di essere puntuale" concluse lui, salutandola con un bacio a stampo sulla guancia ed allontanandosi verso la sua classe.
"Non ti sembra di essere un po' troppo consenziente? Se non vuoi fare una cosa, non devi farla solo perché un maschio ti guarda come un cane bastonato" disse una voce limpida e acuta accanto a lei.
Anna si voltò e vide il viso simpatico e impassibile di Jane Andrews fare capolino dal corridoio. Aveva i capelli legati in una coda alta e stretta con un grande fiocco.
"Non si dovrebbero origliare le conversazioni altrui"
"Quel Gardner ha una voce talmente squillante e fastidiosa che anche i miei genitori ad Avonlea lo avranno sentito. Non volevo farmi gli affari tuoi, semplicemente è capitato e ti stavo dando il mio parere indesiderato" rispose Jane, trascinando Anna all'interno della classe e sedendosi accanto a lei.
"Scusami Jane, tu non ti siedi accanto a Josie di solito?"
"Penso che sopravviverà alla lezione anche senza di me, oggi ho proprio voglia di parlare con te"
"Come vuoi" rispose Anna, guardandola stranita. "In ogni caso non sono troppo consenziente, ho solo lasciato che il mio ragazzo mi convincesse-"
"-a fare una cosa che non mi sembra ti entusiasmi troppo, o sbaglio?" disse la ragazza, terminando la frase di Anna al posto suo.
"Diciamo che Charlottetown e i suoi abitanti oggi non mi esaltano"
"I suoi abitanti o solo Gilbert Blythe?" chiese Jane, guardandola divertita. "Mi dispiace, ho una buona memoria e non appena ho sentito il suo nome mi sono dovuta avvicinare per chiederti di più su di lui"
"C-Come lo conosci?"
"L'altro giorno l'ho trovato seduto come un senzatetto sulle scale all'esterno e mi ha fatto talmente pena che sono andata a chiedergli se fosse tutto a posto. Non appena ha aperto bocca ha smesso di farmi pena e ho iniziato a trovarlo estremamente prolisso e anche leggermente insolente, ma sembra simpatico" disse la ragazza, senza staccare gli occhi di dosso all'amica accanto a lei e regalandole uno sguardo fin troppo malizioso.
"Tu non lo trovi simpatico, Anna?"
"Non sono brava con le prime impressioni, preferisco conoscerle bene le persone prima di giudicarle" rispose Anna, prima di fare un respiro profondo e continuare. "Tuttavia ammetto che sembra una persona... gradevole"
"Gradevole, ma certo. Se lo vedi oggi, salutalo da parte mia e digli che temo che alla fine abbia sbagliato piano. Mi aveva detto che doveva solo incontrare un amico, non anche la sua ragazza" concluse Jane, voltandosi poi rallegrata verso l'insegnante appena entrato in aula e lasciando Anna confusa e con la testa frastornata.La giornata passò lentamente e, quando le sei arrivarono e fu il momento di andare, Anna era ancora meno convinta della mattina.
I due ragazzi attraversarono le vie di Charlottetown adagio, con il braccio di uno intrecciato a quello ben più sottile dell'altra.
Giunsero a casa della donna che ospitava Gilbert quando la luce del Sole rischiarava ancora debolmente le facciate degli edifici, mostrando un'abitazione piccola e antica, anche se ben tenuta.
Bussarono alla porta e poco dopo Gilbert si presentò ai loro occhi, con le guance leggermente coperte di fuliggine e la fronte piena di goccioline di sudore.
Il ragazzo salutò Roy calorosamente, scusandosi per le sue condizioni poco eleganti, rivolgendo poi ad Anna un semplice cenno del capo, che la ragazza ricambiò in silenzio e imbarazzo.
Una volta entrati nella piccola cucina della casa, un piacevole profumo di verdure cotte e pane abbrustolito li accolse, facendogli venire l'acquolina alla bocca.
"Vi prego di non toccare nulla: Miss Tremblay è a casa di una sua vecchia conoscente e le ho assicurato che non avrei rotto niente" disse il ragazzo, asciugandosi il viso con un panno morbido.
"Per quale motivo sei coperto di cenere, Gil?"
"Il camino si era inceppato per la troppa fuliggine e ho dovuto sistemarlo, altrimenti non avrei potuto preparare la cena"
"Hai cucinato tu?" chiese all'improvviso Anna, sorprendendo i ragazzi ma più di tutto se stessa per il tono alto della sua voce.
"Solo le verdure, il pane lo ha preparato la signora prima di uscire. Sono sempre stato negato per la cucina, mio padre mi considerava un pericolo costante quando stavo vicino alle pentole calde" rispose Gilbert sorridendo e facendo spuntare un sorriso divertito anche sulle labbra della ragazza di fronte a lui.
"L'odore delle verdure è buono però"
"Merito delle spezie che la signora aveva in casa, altrimenti sarebbero state un disastro"
"Interessante. Scusami Gil, c'è un bagno in questa casupola, per caso?" chiese Roy, spezzando la discussione e lo sguardo degli altri due.
"Sì, al piano di sopra. Seconda porta a destra"
"Ti raggiungo tra poco, Anna" disse il ragazzo, prima di salire le scale e lasciare i due ragazzi immersi in un silenzio innaturale.
Quando fu certo che l'amico fosse entrato nel bagno e avesse chiuso la porta, Gilbert si avvicinò ad Anna, avendo cura di parlare a bassa voce.
"Anna, io volevo solo dirti che-"
"Ti chiedo scusa" sussurrò Anna, alzando lo sguardo da terra.
"Sono stata molto immatura ieri sera e mi vergogno di quello che ti ho detto"
Gilbert la osservò per qualche secondo prima di rispondere, lasciando che i suoi occhi potessero studiarla con attenzione.
"Non devi scusarti, non avrei dovuto costringerti a parlare se non volevi"
"No invece, devo. Ti ho insultato senza motivo e questo è sbagliato"
"Io però ci tenevo a dirti che-"
"Gilbert davvero, la colpa è stata mia ma ora non costringermi ad alzare la voce. Ti ho chiesto scusa e spero che tu possa perdonarmi, ma non costringermi a urlarti addosso di nuovo" concluse lei, portando entrambe le mani sui fianchi.
Il ragazzo riconobbe di nuovo il suo temperamento aggressivo e tenace, il fuoco vivo che aveva visto la sera precedente e non poté trattenersi dal sorridere.
"Anna, volevo solo dirti che io so cosa stai provando e so quanto possa essere difficile convivere con una realtà che non senti tua, con un futuro che non è come vorresti. Per cui, se vorrai, potrai confidarti con me quando vorrai. Puoi fidarti" disse lui tutto d'un fiato, guardandola dritto negli occhi senza mai staccare lo sguardo.
Quelle parole furono come un balsamo per il cuore di Anna, che immediatamente sentì le lacrime velarle gli occhi e il naso pizzicarle per la commozione.
Si avvicinò a Gilbert piano e lasciò che il suo viso ricadesse sulla spalla di lui delicatamente, lasciando che i loro corpi si sfiorassero, senza toccarsi davvero.
Mormorò un debole "Grazie" al suo orecchio, riposizionandosi poi subito davanti a lui e asciugandosi gli occhi con la punta delle dita.
Rimasero in silenzio a scambiarsi sorrisi comprensivi per i pochi secondi successivi, fino a che non sentirono i passi pesanti di Roy percorrere le scale al contrario.
Anna, osservando la sagoma del ragazzo ricomparire nella cucina, fu certa di sentire quegli stessi passi pestarle con forza il petto e spaccarle le costole, fino a toglierle il respiro.
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𝓒𝓸𝓵𝓸𝓾𝓻 𝓜𝓮 𝓘𝓷 // A Shirbert Fanfiction
Fanfiction"Mi mancano i colori più strani. Sono quelli che non ho mai visto, quelli che forse non potrò mai vedere. Restano chiusi in un loro segreto alfabeto in qualche parte nascosta dei miei sogni. Per un attimo li scorgo nel sonno, poi arriva l'alba e li...