Il costo dell'amore

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La casa di Roy consisteva in una villa enorme e grottesca, posta nell'angolo più nascosto di tutta Avonlea: aveva le pareti alte e scure, che con la pioggia diventavano quasi nere, e due grossi lampioni davanti al portone principale, che gli regalavano un'aria ancora più spettrale.
Un lungo viale in ghiaia e terra cinerina collegava l'entrata con il cancello principale, dove la scritta Famiglia Gardner su una lastra placcata in oro risplendeva sotto i raggi del sole.
Era letteralmente impossibile non vedere quel palazzo, per quanto fosse isolato e parzialmente coperto da alcuni grossi alberi secolari: chiunque passasse da quelle parti sapeva che quella era la casa principale del Signor Gardner e che era necessario andare a porgere un saluto per evitare di incappare in problemi futuri.
Gilbert, con le scarpe che sfregavano contro il terriccio, ripensò alla prima volta in cui aveva messo piede in quella casa: non avrà avuto più di sei o sette anni, il nasino rosso per il freddo ma gli stessi capelli ricci e scuri di adesso. Mano nella mano con suo padre, era rimasto incantato da quella dimora spaventosa: aveva provato a farsi coraggio e a dimostrare a se stesso di non avere alcun timore, ma i racconti di paura a scuola e gli incubi di notte avevano avuto la meglio, costringendolo a rimanere attaccato al pantalone di John Blythe. La sua paura infantile e ingenua però era scomparsa non appena aveva intravisto il viso del suo amico Roy, al tempo un po' più paffutello e con gli occhi scurissimi che emergevano dalla pelle bianca come il latte.
Si era affezionato a lui in poco tempo, stringendo un legame che era rimasto intatto e sincero fino all'inizio dell'Università: da quel momento in poi, a causa della gelosia di Roy nei suoi confronti e della lontananza da Avonlea, Gilbert aveva sentito il rapporto iniziare a incrinarsi e a trasformarsi in una più semplice conoscenza. L'idea di perdere il suo amico e di vederlo cambiare così velocemente davanti ai suoi occhi gli faceva contorcere le viscere, ma sapeva che la persona con cui stava andando a parlare era ancora quel bambino paffuto che aveva conosciuto anni prima, solo nascosto sotto spessi strati di orgoglio e preconcetti.
Gilbert bussò più volte alla porta, aspettando per un paio di minuti che qualcuno venisse ad aprire: una governante, un familiare di Roy o lui stesso. Dopo quelli che sembrarono mesi, finalmente il suo amico comparve davanti a lui, avvolto in una leggera vestaglia di seta porpora e con gli occhi cerchiati da occhiaie nere.
"Gilbert. Sapevo che saresti venuto" mormorò lui, osservandolo da capo a piedi e sbadigliando.
"Ciao, Roy. Disturbo?"
"Figurati, sono solo come puoi vedere" disse, indicando la sala completamente buia e silenziosa alle sue spalle. "Entra pure. Gradisci del tè o un caffè magari?"
"No, grazie. Dove sono tutti?" rispose Gilbert, togliendosi la pesante sciarpa di lana e il cappotto e appoggiandoli sull'attaccapanni.
"A Carmody: mio padre lavora anche il primo dell'anno, come sempre. Siediti pure"
"Grazie. Scusa se sono venuto quasi all'ora di cena, ma avevo bisogno di parlarti"
"Come ti ho già detto, sapevo che saresti venuto. Avrai sentito della storia dei Cuthbert, te lo ha detto Winnie?" sussurrò, sorseggiando del caffè ormai freddo dalla tazza scheggiata che aveva davanti. Aveva il volto triste, eppure non faceva che rispondere alle domande di Gilbert con sarcasmo o ridacchiando tra sé e sé.
"Infatti. Non ne sapevo nulla anche io, per cui sono venuto a vedere come stavi"
"Davvero non ne sapevi nulla? Molto strano"
"Certo, per quale motivo avrei dovuto saperlo?"
"Tutte le persone più care ad Anna sapevano, a quanto pare. Diana, Ruby... persino Moody sapeva di questa storia e non mi ha detto nulla. Mi sconvolge abbastanza il fatto che tu non ne sapessi niente"
"Credevo che Marilla e Matthew fossero i suoi zii o qualcosa del genere"
"Esatto, esatto. Lo credevo anche io, ma a quanto pare siamo stati presi in giro entrambi"
"Sono venuto a parlarti proprio di questo, Roy. Credo che dovresti riconsiderare la scelta di non sposare Anna solo per una storia come questa"
"Solo?"
"Sì, solo. È vero, è un'orfana e non te ne ha mai parlato, ma lo ha fatto in buona fede. Ora che tutti lo sanno, guarda come sta reagendo la gente: le danno del rifiuto, della bugiarda e della poco di buono per qualcosa che non è mai dipeso da lei. E poi, se ne sei innamorato" disse, schiarendosi la gola, "storie di poco conto come questa non dovrebbero avere importanza. Lei è sempre Anna, essendo o non essendo orfana"
"E quindi che cosa dovrei fare?"
"Sposarla. Anzi, perdonarla e sposarla: anche lei ti vuole bene e ha bisogno di te, Roy. Più che mai, adesso"
"Tieni molto al fatto che questo matrimonio vada a buon fine, vedo"
"Voglio solo che siate felici insieme"
"Ma davvero? È molto dolce da parte tua, Gilbert. Però, vedi, non riesco a crederti"
"Cosa?"
Roy ridacchiò, passandosi una mano tra i capelli.
"Non credo che fossi della stessa idea una settimana fa"
"Che vuoi dire?"
"Oh, lo sai bene, Gil. Vedi, io so tutto: so di voi, delle vostre scampagnate alle tre del mattino e delle lettere che vi mandavate durante l'autunno. Anna crede che io sia uno stupido a quanto pare, ma non è così: ho visto la tua giacca in camera sua e le parole che le scrivevi, i regali che le mandavi"
Gilbert sussultò, iniziando a sentire il respiro farsi pesante.
"Aspetta, Roy"
"No, non aspetto. Mi avete fatto sentire un idiota: a Natale, bloccato in camera di Anna mentre voi due eravate dietro la fattoria insieme. Lei è davvero pessima, ma da te, Gilbert, non me lo aspettavo" mormorò, alzandosi in piedi e iniziando a camminare intorno al tavolo. Il suo volto era estremamente calmo, ma la voce suonava arrabbiata e delusa. "Che proprio il mio migliore amico mi togliesse la ragazza da sotto al naso, non me lo aspettavo. Mi hai tradito"
"Roy, io posso spiegarti. Non sono riuscito a capire quello che provavo per Anna nemmeno io, fino a qualche settimana fa. Volevo parlartene, ma non sapevo come: l'idea di poterti ferire mi uccideva e se hai visto quello che hai visto, è solo perché non sono stato in grado di controllarmi. Io con lei ho visto i colori per la prima volta, quelli che mio padre mi descriveva da piccolo: non ho mai deciso di innamorarmi di lei, è solo capitato e non posso fare nulla per cancellare i miei errori. Sono stato un traditore, ho sbagliato e lo so: non sono degno di avere la tua amicizia e il tuo affetto ma, ti prego, non punire lei" disse, alzandosi anche lui e piazzandosi davanti a Roy. Lo staccava di qualche centimetro, così da sentire il suo fiato sul mento. "Lei non c'entra nulla"
"Dunque è così: per quanto tu sia innamorato di Anna, mi stai pregando di sposarla"
"Sì, te lo chiedo per favore"
"Sarò lo zimbello di Avonlea per colpa tua e di quell'orfana"
"Non chiamarla in quel modo" disse Gilbert, sbattendo il pugno sul tavolo ma riprendendo subito il controllo di se stesso. "E non sarai lo zimbello di nessuno: se tuo padre non verrà a sapere di questa storia, nel giro di un paio di giorni la gente non si ricorderà neanche di cosa sia accaduto. Tutti adorano Anna, compresi coloro che hanno messo in giro queste voci"
Roy lo guardò con rabbia, trasformando poco dopo la smorfia di disgusto sulle sue labbra in un sorriso malvagio.
"Credo di sapere cosa possiamo fare per risolvere la questione"
"Cioè?"
"Sposerò Anna"
"Bene, sapevo che saresti stato ragionevole"
"...la sposerò, solo se tu mi prometti che non la vedrai mai più. Non mi interessa in che situazioni, se ti sposerai anche tu con Winifred o se vorrai vederla anche solo come amico, tra centinaia di persone. Non dovrai avvicinarti a lei per nessuna ragione, non dovrai rivolgerle la parola e non dovrai mai immischiarti nei nostri affari, mai più. Non voglio che tu le scriva, che tu le parli o che tu la possa contattare in qualsiasi modo: dopo le vacanze di Natale, dovrai scomparire per sempre dalla sua e dalla mia vita. È chiaro?"
"Come puoi pensare che io-"
"Queste sono le condizioni. Se non ti vanno bene, preparati a vederla marcire nella sua stessa povertà per il resto dei suoi giorni, insieme a quei due vecchi"
"Roy-"
"Accetti o no?"
Gilbert chiuse gli occhi, cercando di ritrovare un ritmo equilibrato nel suo respiro: la testa gli girava e la mascella era tesa per la tensione. Avrebbe voluto spaccare la faccia a Roy, prendere Anna e scappare con lei lontano, in qualche luogo sperduto del mondo. Ma sapeva che non era possibile: Matthew e Marilla avevano bisogno di lei e lui non avrebbe mai avuto tutti i soldi per pagare gli studi a se stesso, a lei e per permettere a tutti di vivere in serenità.
Il viso di Anna gli apparve nella sua memoria, coperta di fili d'erba e illuminata dalla luce della luna: ricordò la volta in cui aveva cercato di rinchiudere tra le mani una lucciola, rischiando di cadere.
"Così potrai avere sempre un po' di luce con te" gli aveva detto, accarezzandogli poi i capelli. Lui l'aveva presa in giro, costringendola a liberare la lucciola e guardando insieme a lei quel piccolo pallino di luce sparire nell'oscurità della notte canadese.
Roteò il collo, massaggiandolo e mordendosi con rabbia l'interno della guancia: un'altra ingiustizia, un'altra occasione di felicità spezzata.
Prima suo padre e ora Anna: le sue anime gemelle continuavano a venirgli strappate, portando via con loro anche un pezzo del suo cuore.
Rialzò lo sguardo, incastrandolo completamente in quello di Roy Gardner. Non sarebbe finita qui, avrebbe riavuto l'amore della sua vita, si ripetè in testa almeno cento volte, prima di allungare la mano e stringere quella del ragazzo davanti a lui con una presa stretta.
"Accetto".

𝓒𝓸𝓵𝓸𝓾𝓻 𝓜𝓮 𝓘𝓷 // A Shirbert FanfictionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora