Plumeria

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Tra un commento al libro e uno sguardo divertito, i due giovani arrivarono a Charlottetown mentre il cielo iniziava ormai a schiarire.
Anche se in bianco e nero, la città sembrava scoppiare di vita e di gioia. Deboli raggi solari colpivano gli alberi vicino alla stazione, rendendo il pavimento a chiazze irregolari.
Anna si accorse della stazione in avvicinamento solo grazie al fragore che giungeva dall'esterno e iniziò a scrutare attentamente la marea di persone che si stava accumulando davanti alle varie uscite del treno.
Diana e Ruby avrebbero dovuto essere lì ad aspettarla, bellissime ed eleganti come sempre, insieme ad una carrozza che le avrebbe accompagnate al college.
Roy, al contrario, non sarebbe riuscito a raggiungerla in tempo: l'aveva avvisata che sarebbe rimasto al Queen's per sistemare le sue cose ma che l'avrebbe accolta a braccia aperte al suo arrivo.
Quando aveva saputo dalla sua lettera che non sarebbe andato a prenderla in stazione, il petto di Anna si era come svuotato di un enorme peso e il suo cuore aveva sorriso. Incontrarlo subito le avrebbe causato troppa tensione: non avrebbe saputo cosa dire o fare senza risultare estremamente fredda o invece troppo euforica. Rimandare l'incontro, anche se di poco, era bastato a farle affrontare il viaggio quantomeno a cuor leggero.

Anna, seguitando a cercare con lo sguardo, tra le decine di cappelli e nastri al di là del vetro della finestra, i volti delle sue amiche più care, si alzò dal suo posto con uno scatto, stirandosi i lati del vestito con le mani e inserendo il libro nell'ampia borsa.
Il solo contatto dei polpastrelli con la copertina ruvida e dura del romanzo la riportò alla realtà e al discorso avuto durante il viaggio con quel ragazzo dal vagone fumatori: strano ma estremamente brillante.
Si voltò verso di lui, cercando di fotografarne con gli occhi i lineamenti del viso e le righe di espressione, immaginando di quale colore potessero essere i suoi occhi o i suoi capelli.
Quest'ultimo non perse tempo, cercando di catturare almeno per qualche secondo l'attenzione di Anna così come lei aveva catturato fin dall'inizio la sua.
"Comunque io sono Gilbert" mormorò, stringendo la mano attorno alla borsa a tracolla.
"Piacere di averti conosciuto, Gilbert" rispose lei, accennando un sorriso sulle sue labbra piene, prima di incrociare lo sguardo con quello della sua amica Diana in lontananza.
In un attimo, non appena il treno frenò, Anna sparì correndo verso l'amica, con l'intento di raggiungerla.
A Gilbert non rimase che un "E tu sei?" silenzioso sulle labbra e il profumo che quella ragazza misteriosa si era lasciata dietro.
Sapeva di torta alle mele e plumeria, un fiore che suo padre adorava coltivare quando lui era bambino: un'essenza dolce, dalle note speziate ma fresche.
In cuor suo, Gilbert sapeva che non l'avrebbe più rivista, che non avrebbe mai saputo il suo nome o dove si stesse dirigendo. Pensava e ripensava a quei minuti trascorsi a parlare di libri e amore tragico, a come lei lo aveva prima zittito e poi preso in giro e a come lui fosse stato al suo gioco, nonostante il suo carattere non glielo avesse mai permesso con nessuno.
Anche alla stessa Winifred non avrebbe mai permesso di prendersi gioco di lui in quel modo, anche se solo per scherzo.
Ma d'altronde lei era troppo buona anche solo per pensare di avere qualcosa da ridire contro di lui o i suoi pensieri.
Invece quella ragazza dai capelli legati in due trecce lunghe e morbide, probabilmente di un tenue biondo cenere, si era dimostrata più testarda di lui.
Scese dal treno dopo di lei, cercandola ancora con lo sguardo ma sapendo di non poterla scorgere tra tutte quelle persone abbracciate e tra quelle urla insopportabili.
Non aveva elementi su cui basarsi per un'eventuale ricerca futura: non sapeva il suo nome, il suo indirizzo e tantomeno aveva idea di che colore fossero i suoi occhi o i suoi capelli.
Da cosa avrebbe potuto cominciare?
In quel momento Gilbert sospirò e maledisse di essere nato povero, di non potersi permettere di rincorrerla o di cercarla, perché tanto non avrebbe potuto concludere nulla: il suo destino erano Winnie e la sua ricca famiglia, volente o dolente che fosse.
Doveva studiare medicina e aveva bisogno di denaro come di nessun'altra cosa al mondo e la famiglia Rose era l'unica in grado di potergli dare una mano.
"Era solo una ragazza, non la conosci neanche" continuò a ripetersi, un passo dopo l'altro, lungo le strade di Charlottetown.
Scrollò la testa e decise di non pensarci più, concentrandosi invece sull'indirizzo del college che il suo migliore amico gli aveva dato per poterlo raggiungere.
Percorse la città in lungo e in largo per quelle che a Gilbert sembrarono ore, senza trovare la giusta direzione.
Dopo quasi un'ora di cammino, si decise a chiedere indicazioni a una donna sulla quarantina che passeggiava mano nella mano con un bambino di circa tre anni. Aveva l'aria buona e lunghi capelli scuri raccolti in uno chignon ordinato.
"Madame, mi perdoni per il disturbo, posso chiederle un'informazione?" chiese lui, con aria imbarazzata.
"Prego" rispose lei educatamente, mentre il piccolo si nascondeva dietro alla grande gonna gonfia, lasciando spuntare solo la testolina riccia.
"Sto cercando la Queen's Academy, me la saprebbe indicare per cortesia?"

𝓒𝓸𝓵𝓸𝓾𝓻 𝓜𝓮 𝓘𝓷 // A Shirbert FanfictionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora