Al chiaro di luna

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Rimasero in silenzio, a guardarsi, per quelli che furono almeno dieci minuti. Ma loro li vissero come se fossero giorni interi, passati a scrutarsi, a scoprire i loro volti e tutte le diverse sfumature delle loro iridi. Si erano scordati di Natale, dei loro amici dentro casa a chiacchierare e forse a chiedersi che fine avessero fatto dopo tutto quel tempo. Gilbert si era dimenticato di Winifred e della sua bellezza; Anna si era dimenticata di Roy e della sua scenata di prima: erano solo loro due, gli alberi, il cielo e qualche lucciola che svolazzava luccicante nell'aria.
La mano del ragazzo le stringeva ancora la vita, sfiorandole i bei capelli rossi e morbidi: la guardava come si guarda un'opera d'arte o il cielo durante il giorno delle stelle cadenti. Nessuno l'aveva mai guardata in quel modo: si sentiva in imbarazzo ma bella, per la prima volta orgogliosa che i suoi capelli così particolari, la sua pelle diafana e le lentiggini sparse in tutto il viso fossero apprezzate.
Mentre Anna stava per iniziare a dire qualcosa, schiudendo la bocca lentamente, la voce di Diana li raggiunse in sottofondo: si voltarono verso Green Gables e notarono che la loro amica stava cantando per allietare gli ospiti e per farli svagare. Forse aveva capito il perché della loro sparizione o forse cercava solo di prendere tempo, in ogni caso sembrava una professionista circondata da un gruppo di affiatati ammiratori. Appoggiate alla finestra, accanto alla porta, entrambi notarono le figure in controluce di Marilla e Winifred: il loro viso era rilassato e attento all'esibizione, con un accenno di sorriso a illuminare le gote.
Gilbert rimase a guardare la sua ragazza per un po', rivolgendo poi lo sguardo ad Anna e sospirando con malinconia. Le guardò con dolcezza il viso, soffermandosi sulla bocca screpolata dal freddo e sulle ciglia lunghe e chiarissime: sembravano pagliuzze di cristallo, a incorniciare degli occhi così belli che il cielo vi si era intrappolato dentro.
A malincuore si scostò piano da lei, lasciando la presa sui suoi fianchi.
"Non possiamo" mormorò lui, abbassando il volto e socchiudendo gli occhi. Anna finse di non capire, allontanandosi però in uno scatto dal corpo di lui. Ingoiò un grosso nodo di saliva che le si era fermato in gola, impedendole di respirare con normalità. Sapeva che cosa Gilbert stava per dirle e allo stesso modo sapeva che lui aveva ragione: erano entrambi promessi a qualcun altro; qualcuno che, nonostante gli alti e i bassi, a loro modo amavano e che non potevano ferire per soddisfare la loro felicità.
Sarebbe stato un comportamento egoista e nessuno dei due lo era.
Nonostante la nausea che l'idea di deludere Marilla e Matthew le procurava, Anna non riusciva a lasciare andare quel momento del tutto: si sentiva in un limbo, tra il desiderio di essere felice e quello di soddisfare le aspettative degli altri.
"È sbagliato, Anna. Non posso fare una cosa del genere a loro due" continuò Gilbert, questa volta con la voce spezzata dalla tristezza e con gli occhi piantati nei suoi.
"Lo so" si limitò a dire lei, annuendo con la testa e iniziando di nuovo a morsicarsi le labbra. "Lo so, ma non è giusto"
"Non lo è mai stato: tu sei costretta a stare con Roy solo perché è ricco e io con Winnie perché mi paga gli studi. Se ripenso a come lui ti stava toccando prima... però non posso fargli questo. Roy è mio amico da quando siamo bambini"
"Sono stanca di essere l'unica a pensare agli altri"
"Non sei sola. Anche io sono così" mormorò lui, sorridendo e vedendola rispondere con un accenno di sorriso.
"Me lo sentivo"
"Che cosa?"
"Che eravamo spiriti affini. Che, in un certo senso, potevi capirmi meglio di quanto facessero gli altri. Abbiamo un modo molto simile di vedere il mondo, con o senza colore: quando hai parlato di libertà e della tua voglia di viaggiare, una delle prime sere che sei rimasto a cena al Queen's, mi sembrava di essere in un sogno. Eri la prima persona che avesse delle idee simili alle mie e che non avesse paura di dire la sua" disse la ragazza, guardando le stelle luccicare tra le morbide nuvole di cotone.
Gilbert fece per avvicinarsi di nuovo a lei, ma si rese conto che la musica dentro la casa si era fermata e che qualcuno lo stava cercando con apprensione.
"Gilbert? Roy? Ma dove saranno finiti quei due?" urlava Winifred Rose in mezzo agli invitati, che ancora bevevano vino e masticavano pezzi di torta.
"È meglio se rientriamo, potrebbero iniziare a insospettirsi" mormorò Gilbert, alzandosi in piedi e venendo seguito a ruota da Anna. Lei non disse niente ma semplicemente annuì con il capo, inspirando dalle narici.
"Vuoi entrare prima tu?" continuò lui, indicando la porta con la testa.
"Oh, no. Preferisco rimanere ancora un po' fuori. Vai pure"
"Ci vediamo dentro, allora"
"Certo" sussurrò la rossa, osservando la schiena del ragazzo allontanarsi verso l'ingresso dell'abitacolo. Non appena rimase sola, non fece altro che pensare a quello che aveva appena vissuto e a come tutto fosse successo alla velocità della luce.
Sentì le sue guance calde, ripensando al bacio che lei e Gilbert si erano appena scambiati, e fu sorpresa di riuscire a distinguere chiaramente il rosso che le colorava adesso il viso dal colorito biancastro del suo viso.
Come sempre il suo istinto aveva avuto ragione: era Gilbert Blythe il ragazzo che le aveva permesso di iniziare a vedere i colori e a schiarirle le idee su che cosa davvero volesse fare della sua vita e della sua relazione con Roy Gardner.
Era sempre stato lui e l'idea che non potessero condividere insieme nemmeno quel poco tempo che avrebbero avuto a disposizione la feriva e la lasciava senza energie: era stanca di dover lasciarsi scappare occasioni e persone dalla sua vita, soprattutto quando queste erano così fondamentali per la sua felicità.
La sua anima gemella era vicino a lei ma al contempo lontana, irraggiungibile: si maledì per non essere partita prima a Settembre, per non aver scelto un'altra carrozza quel giorno e per aver iniziato a parlare con quel ragazzo che ora le stava donando una delle cose più belle che potessero esistere e di cui lei non avrebbe potuto gioire.
Iniziò a piangere, prima piano e poi sempre più forte, tanto che ebbe paura di destare l'attenzione di qualcuno: tuttavia non ebbe la forza di smettere e cercò solo di soffocare i singhiozzi portandosi le mani alla bocca e accovacciandosi dietro alle stalle dei cavalli.





𝓒𝓸𝓵𝓸𝓾𝓻 𝓜𝓮 𝓘𝓷 // A Shirbert FanfictionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora