La cena fu una delle più ricche che i Cuthbert avessero mai avuto modo di assaporare: il tacchino era delizioso, le patate al forno si scioglievano in bocca e la salsa di mirtilli era dolce e aspra al punto giusto. Marilla era fiera del lavoro compiuto, anche se estremamente esausta, e a tutti i complimenti che gli invitati le rivolgevano non faceva altro che abbassare gli occhi e ringraziare sommessamente.
Tutti i commensali gustarono il pasto sorridendo e chiacchierando tra un boccone e l'altro, sgranando gli occhi per la bontà che i piatti cucinati spandevano nelle loro papille.
"Questo salmone è delizioso. Gilbert, tesoro, lo hai assaggiato?" chiese Winifred, sorseggiando del sidro profumato.
"Sì, è il salmone più buono che io abbia mai mangiato. La signora Cuthbert si è superata" rispose lui, guardandola e annuendo con il capo. Lui e Winifred avevano destato l'attenzione di tutti sin dal loro arrivo a Green Gables: sia per il signor Barry, che lo ricordava quando non era altro che un ragazzino, che per il signor Gillis, Gilbert era cresciuto molto, tanto che ora superava entrambi in altezza per almeno una decina di centimetri. Però, per quanto il ragazzo avesse destato interesse, la vera sorpresa si era rivelata Winifred Rose: tutti erano rimasti a fissarla quando aveva fatto il suo ingresso, estasiati dalla sua bellezza e dai suoi modi gentili. Aveva un portamento, un corpo e un volto così aggraziati che le altre ragazze si erano sentite offuscate e tremendamente in soggezione: Ruby aveva iniziato a toccarsi i capelli e a controllare ossessivamente dove gli occhi di Moody Spurgeon vagassero nella stanza; Diana aveva dovuto subire i commenti continui di suo padre sulla bellezza angelica della Signorina Rose, finendo con il rivolgersi a Minnie May per un aiuto concreto per fargli cambiare discorso; e, infine, Anna non aveva aperto bocca per tutta la cena. I suoi occhi passavano in continuazione dal piatto sotto di lei alla coppia di fronte e alle parole e agli sguardi che si scambiavano: Winifred ingoiava un pezzetto di cibo per volta, facendo attenzione a masticarlo con calma e a deglutirlo con una lentezza che ad Anna sembrava irreale, il tutto mentre accarezzava la mano di Gilbert con l'indice della mano sinistra. Il ragazzo, al contrario, mangiava educatamente ma con desiderio, lasciando cadere qualche briciola di pane fuori dal piatto di ceramica.
Anna non riusciva a smettere di guardargli il viso, concentrandosi in particolare sulle labbra morbide e sul mento, coperto di una leggera peluria che lo faceva sembrare già un uomo. Era incantata dal movimento che la sua bocca faceva parlando o da come le sue pupille si allargassero e si illuminassero quando accennava alla sua passione per la Medicina o alla figlia del suo amico Bash.
Roy si era accorto di come la sua ragazza fissava i due fidanzati e, soprattutto, il suo amico e la cosa lo mandava su tutte le furie. Aveva cercato anche di parlarle, di scusarsi con lei per come suo padre l'avesse trattata qualche tempo prima o di farle assaggiare un po' del sidro che lui stesso aveva portato, ma niente sembrava funzionare.
Consumato dalla gelosia, aveva iniziato a bere sia il sidro che il vino rosso sulla tavola, arrivando al dolce con gli occhi arrossati e i sensi annebbiati dall'alcol. Provò a ingurgitare qualche pezzo della torta alle mele di Anna, ma sentì la sensazione di conato farsi sempre più forte. Non si preoccupò del fatto che la sua ragazza stesse ricevendo complimenti dagli ospiti per i suoi dolci ben riusciti, ma semplicemente le strinse un braccio e la trascinò verso l'esterno, sussurrandole all'orecchio "Vieni con me".
Anna cercò di sottrarsi alla sua presa ma, volenterosa di non dare fastidio e di non fare scenate davanti ai suoi più cari amici, seguì Roy, agguantando al volo la sua giacca di lana.
L'aria era gelida e il suo respiro caldo creava grosse nuvole di vapore nell'aria. Il ragazzo la prese per mano e la trascinò fino sotto al suo albero di ciliegio, lasciando che il corpo di lei ci si appoggiasse e che il suo le fosse subito davanti.
"Mi spieghi perché mi hai portata fuori? Non ho neanche assaggiato la mia torta" disse Anna, guardandolo negli occhi e notando una sorta di nebbia velargli l'iride solitamente accesa e vispa.
"Volevo stare con te"
"Siamo insieme da tutta la sera, eravamo accanto anche a tavola"
"Ma tu guardavi lui"
"Lui chi?"
"Lo sai. Non credere che non me ne sia accorto, non sono stupido" rispose Roy, avvicinandosi e sfiorandole il braccio.
"Ho solo parlato con Cole"
"Guardando Gilbert nel frattempo"
"Non è vero, sei paranoico"
"Dimostramelo"
"Cosa ti succede? Non sembri in te, Roy"
"Dimostramelo, Anna" continuò lui, aumentando la stretta sul suo avambraccio e lasciando che il suo fiato le arrivasse in viso. Anna riconobbe l'odore di alcol e rimase scioccata nello scoprire che proprio Roy Gardner aveva avuto il coraggio di ubriacarsi alla sua festa di Natale.
"Sei ubriaco, Roy. Lasciami andare e vai a sciacquarti la faccia"
"Non posso più aspettare, Anna. Ti voglio adesso" disse lui, iniziando a baciarle con insistenza il collo e le clavicole. La ragazza si dimenò e iniziò a urlare, ma le risate degli ospiti non permettevano di sentire le sue richieste di aiuto.
"Non toccarmi" urlò lei, scalciando e cercando di graffiarlo con le unghie, ma il peso di Roy era purtroppo ben superiore al suo.
"Sei bellissima"
"Vattene"
"Non devi guardarlo più. Devi guardare solo me"
"Non essere come tuo padre, Roy: tu non sei un essere così viscido, approfittatore e maschilista. Sii meglio di lui"
"Stai zitta! Desidero solo te" continuò lui, lasciando però, subito dopo, che il bacio diretto alla bocca di Anna gli morisse sulle labbra al suono di una voce ben familiare.
"Roy, cosa stai facendo?"
Gilbert fece la sua comparsa nel giardino di casa Cuthbert, con gli occhi spalancati e il volto rotto da una smorfia di ribrezzo. La luna era alta nel cielo e rifletteva la sua luce tra i rami del ciliegio, creando un incrocio di ombre sul viso del ragazzo.
"Ecco qua il mio amico Gil" rispose Roy, lasciando andare di poco la presa.
"Perché non torni dentro? Il signor Barry voleva parlare con te di una certa transazione" fece Gilbert, con lo sguardo duro e severo.
"Non mi interessa, digli che lo raggiungerò più tardi"
"Io credo proprio che dovresti andare invece"
"Sto parlando con la mia ragazza"
"Non mi sembra che lei abbia voglia di ascoltarti però"
"Lei non deve avere voglia di niente, sono io che le dico cosa fare. Torna dentro Blythe"
"Roy, mi pare che Anna sia stata chiara: non vuole essere toccata. Lasciala andare subito" disse Gilbert, stringendo i pugni e serrando la mascella.
"Pensa a Winifred tu, io penso a lei. Le piace in realtà, fa solo la difficile"
"Sta piangendo e ha il volto sconvolto, come può piacerle? Sei ubriaco fradicio, torna dentro e datti una calmata"
"Non mi fai paura, Gilbert. Non me ne hai mai fatta" rispose Roy, stringendo questa volta il viso di Anna tra le mani ma rimanendo con gli occhi incastrati in quelli del ragazzo.
"Lasciala andare o, credimi, vedrai un lato di me che non ti piacerà"
"Vediamola allora" mormorò Roy, staccandosi definitivamente dalla ragazza e lanciandosi su Gilbert con furia. Non tenne in conto però la sua ubriacatura e perse l'equilibrio dopo poco, cadendo a peso morto sul terreno ghiacciato e rialzandosi poi in maniera disordinata: aveva gli occhi socchiusi e un mal di testa tale da non fargli vedere chiaramente che cosa avesse davanti.
I tre ragazzi vennero raggiunti poco dopo da Moody, preoccupato della loro assenza in cucina: non appena il ragazzo vide Roy steso al suolo senza forze, rimase immobile e guardò Gilbert disorientato.
"Non è successo niente, ti spiego più tardi" mormorò lui, avvicinandosi poi a Roy. "Aiutami a tirarlo su"
"Va bene. Come facciamo con gli altri?"
"C-C'è un'altra entrata, dietro l'ingresso. Passa di lì e portalo in camera mia: sono sicura che si addormenterà tra poco. Assicurati che dorma e poi torna giù: più tardi ci occuperemo di svegliarlo e di capire cosa fare" disse Anna in un accenno di voce. Le mani le tremavano e gli occhi le pizzicavano: avrebbe voluto urlare fino a perdere completamente la voce, ma sapeva che in quel momento non era possibile.
"D'accordo. Ci vediamo dentro" disse Moody, prendendo Roy sottobraccio e incamminandosi verso la porta.
Quando fu certo di averlo visto entrare in casa, Gilbert si avvicinò con attenzione ad Anna, che intanto si era accasciata a terra, macchiandosi il vestito.
In silenzio e con premura, si mise accanto a lei e rimase a guardarla.
"Ho rovinato questo splendido vestito" mormorò lei, guardando l'orlo della gonna macchiato di terra e neve.
"Marilla saprà aggiustarlo"
"Marilla mi ucciderà. Era meraviglioso: Matthew ha speso tanto per regalarmelo"
"Sono sicuro che, una volta aggiustato, sarà come nuovo"
"No, dovrò rattopparlo e cucire gli strappi. Era il primo abito che mi faceva sentire davvero bella e l'ho rovinato"
"Non sei stata tu a rovinarlo" disse Gilbert, guardando poi a terra in imbarazzo. "E non era l'abito a renderti bella. Lo sei anche con quelli che porti di solito"
Anna si voltò verso di lui e rimase a guardarlo in silenzio, soffermandosi sulla linea dura della sua mascella, sorridendogli poi quando gli occhi di lui incrociarono i suoi.
"La tua torta era squisita"
"Davvero?"
"Sì. Aveva lo stesso profumo che avevi tu quando ci siamo incontrati sul treno la prima volta, a Settembre" mormorò Gilbert, lasciando Anna in silenzio e con uno stupido sorriso sulle labbra.
"Era tanto che non parlavamo"
"Molto. Era strano cenare e poi non parlare di libri o non essere insultato per i miei gusti"
"Deve essere stato molto noioso"
"Tremendamente noioso" disse Gilbert, ridendo piano.
"Grazie per prima. Non sapevo che cosa fare"
"Roy era ovviamente ubriaco. Non so il motivo, ma non è valido per comportarsi in quel modo. Dovrà scusarsi"
"Non credo che lo farà: lui non si scusa mai"
"Se lo costringo lo farà eccome. Si è comportato da barbaro a Natale, a casa tua. Mi assicurerò che non ti tocchi mai più. E che ti porti anche dei fiori, come minimo" disse il ragazzo con un tono sicuro, toccandole poi la mano con affetto.
La sensazione della sua mano calda sulla pelle le fece dimenticare per un attimo il freddo e tutto l'accaduto, trasportandola in una dimensione parallela.
"Mi sei mancato" sussurrò Anna in un soffio, facendo vagare lo sguardo nel cielo. Non sapeva perché aveva pronunciato quella frase, ma non era riuscita a trattenerla: il desidero di fargli capire quello che aveva provato era stato più forte del suo orgoglio. Gilbert fu sul punto di rispondere ma Anna lo interruppe subito, riscoprendo un attimo di lucidità.
"Mi dispiace per ieri sera, sono stata orribile. Winifred sembra stupenda"
"Oh, sì. Stupenda" rispose lui, ingioiando la saliva e fissandosi le unghie delle mani. "Comunque non devi scusarti: io sono piombato a casa senza neanche avvisare: era normale che reagissi in quel modo"
"Non ci vedevamo da mesi e ti ho accolto urlando"
"Non c'era da stupirsi. Avrei dovuto avvisarti o venire direttamente stasera, senza disturbarti"
"Hai fatto bene invece: in questo modo ho potut-"
"Volevo vederti" disse lui, guardandola di nuovo negli occhi.
Anna rimase a bocca aperta, lasciandosi sfuggire un sospiro.
"Volevo vederti così tanto che non sono riuscito ad aspettare neanche un giorno. Speravo che Winifred rimanesse a casa ma non ha voluto sentir ragioni. Avrei dovuto lasciar perdere, sono stato un egoista"
"Sì. Volevo dire no, non avresti dovuto. Cioè, hai fatto bene" rispose Anna, iniziando a pronunciare frasi sconnesse e senza una logica, in preda all'ansia. Sentiva il cuore batterle forte, come se volesse spiccare il volo dalla sua gabbia toracica, e vide il mondo improvvisamente colorarsi di mille sfumature diverse e spettacolari.
Il rosso, il giallo, il viola e il verde iniziarono a mescolarsi, dando vita a un cielo nero dalle sfumature blu e colmo di nuvole morbide e bianche.
Il terreno perse la sua tinta uniforme e stinta, presentando cumuli di neve azzurrina e piccoli germogli verdi e rossi qui e là per la fattoria.
"E ti ho portato i disegni di cui ti avevo parlato nelle lettere. Li ho nella borsa in sala"
"Gilbert, devo chiederti una cosa" lo interruppe lei, in preda a una cascata di emozioni. "Rispondi sinceramente"
"D'accordo"
"Ti ricordi che ieri sera mi hai parlato dei colori?"
"Ricordo"
"Li vedo anche io. Da un po' a dirla tutta"
"Oh, capisco"
"E tu... tu li vedi ancora? Adesso?"
"In questo istante, intendi?"
"Sì" rispose Anna, perdendosi completamente nello sguardo del ragazzo e avvicinandosi a lui, ebbra del suo profumo.
"Più brillanti che mai. E tu?"
"Anche io li vedo. Sono bellissimi" mormorò Anna, perdendo definitivamente la razionalità e lasciando che la sua mano prendesse la guancia di lui e l'accarezzasse delicatamente con il pollice.
"Hai gli occhi blu"
"Tu nocciola"
Gilbert si voltò completamente verso Anna e le accarezzò i capelli, scostandoglieli dal viso e prendendone una ciocca tra le mani. Erano rossi come il fuoco e luminosi come non mai: contrastavano molto con i suoi occhi e con la carnagione chiara, rendendola particolare ma stupenda.
Vide le guance e il naso di lei colorarsi leggermente nell'avere il viso di lui così vicino al suo, facendolo agitare ed emozionare allo stesso tempo.
Iniziò a tirare una leggera brezza e fu in quell'istante che sia Anna che Gilbert si avvicinarono contemporaneamente l'uno all'altra, eliminando del tutto la distanza tra di loro: si sentirono come risucchiati da un vortice oscuro, che non lasciò altro che le loro ombre.
La passione e l'amore li fecero sciogliere completamente, rendendo i loro corpi molli ma ricettivi e capaci di completarsi: Gilbert aveva le guance e la fronte calde, Anna le labbra gonfie e screpolate, ma nessuno dei due si fermò.
Lui sapeva di buono e stringeva Anna come se fosse il suo più grande tesoro; lei profumava ancora di torta di mele e rispondeva alla pressione dei baci di Gilbert premendo a sua volta con forza e dolcezza insieme, quasi a volersi mischiare con lui e con il suo sapore.
Erano da soli in mezzo al gelo di Dicembre, ma sia Anna che Gilbert sentivano il calore divampare in loro e tutte le loro sensazioni amplificarsi e fondersi con il mondo intorno a loro.
Erano diventati un solo corpo, una sola anima, una sola iride in grado di distinguere qualsiasi sfumatura.
Erano diventati quello che da sempre avevano letto nei libri di letteratura e che spesso si erano trovati a immaginare: erano diventati amore.
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𝓒𝓸𝓵𝓸𝓾𝓻 𝓜𝓮 𝓘𝓷 // A Shirbert Fanfiction
Fanfiction"Mi mancano i colori più strani. Sono quelli che non ho mai visto, quelli che forse non potrò mai vedere. Restano chiusi in un loro segreto alfabeto in qualche parte nascosta dei miei sogni. Per un attimo li scorgo nel sonno, poi arriva l'alba e li...