Trascorsero due ore a parlare e a guardarsi negli occhi, stretti in un abbraccio continuo e con le masse di capelli che si toccavano.
Henry parlava una lingua forzata, sgrammaticata e spesso incomprensibile alla stessa Diana, che ripeteva un "come?" più volte nelle sue frasi, lasciando poi che terminasse di raccontarle le sue storie in francese. Non aveva smesso per un attimo di sorridere da quando lo aveva visto e ogni tanto gli passava il dorso della mano sulla guancia, facendolo imbarazzare.
Anna era rimasta davanti a loro, facendo finta di non sentirli e spesso alzandosi per gironzolare nel parco privato del casale: il laghetto ghiacciato la rifletteva insieme alla luce del sole, non permettendole di vedere nulla se non un grande cerchio luminoso. Tra una frase in francese e una risata, lei rimaneva incantata dalle parole dolci che il ragazzo e la sua amica si scambiavano: le ricordavano Romeo e Giulietta o Ginevra e Lancillotto. Innamorati e destinati ad avere il più forte di tutti i legami ma al contempo ostacolati dalle famiglie e da una società ancora troppo bigotta.
Li restava a guardare incantata e non riusciva proprio a vedersi in una situazione simile con Roy Gardner, nemmeno tra dieci o vent'anni: lui era così rigido che non l'avrebbe abbracciata davanti ad altre persone e forse nemmeno in privato. Le avrebbe probabilmente baciato la mano e forse le avrebbe rivolto qualche parola gentile, proprio come un vero gentiluomo.
Immaginava le mille sfumature di colore che Diana e Henry avrebbero potuto condividere e non riusciva ad accettare il fatto che lei non avrebbe visto altro che nero e bianco per tutta la sua vita.
Perché un marito ricco e freddo era visto meglio di uno povero ma buono?
Come avrebbe potuto vivere una vita senza amore, lei che di amore romantico e letterario si era sfamata sin da quando era in orfanotrofio?
Come poteva poi sposare Roy e sopportarlo senza neanche la speranza di potersi innamorare di lui?
In quel momento, una massa di capelli ricci le comparve nella mente, insieme a quegli occhi così astuti che era impossibile non riconoscerli subito.
Come poteva anche lui, Gilbert Blythe, riuscire a sposare quella Winifred e non soffrirne come soffriva lei?
Il solo pensiero di Gilbert sposato la fece rabbrividire, provocandole un calore potente e improvviso all'altezza del petto.
Sapeva quanto lui adorasse la libertà e il saperlo costretto in una vita che non era quella che desiderava la faceva avvampare: davvero preferiva sistemarsi così presto, rinunciando a tutto quello che avrebbe potuto raggiungere?
"È intelligente da poter fare tutto quello che vuole e invece rimane con lei" sussurrò tra sé e sé, mordicchiandosi l'unghia del pollice destro.
Camminando su e giù tra i grandi abeti, non riusciva a pensare ad altro che non fosse Gilbert in uno studio medico, in camice. Magari a Londra o a New York, a sentire il respiro di un uomo anziano o a compilare moduli illeggibili per i pazienti.
"Come starà con il camice?" si ritrovò a pensare, spalancando subito dopo gli occhi e scuotendo la testa con forza. Il freddo la stava facendo ammattire, questo era poco ma sicuro.
"Diana, sono passate ormai più di due ore. Roy potrebbe insospettirsi" disse all'amica poco dopo, distogliendola dal volto di Henry.
"Già, lo so" disse lei sommessamente.
Il suo sguardo cadde a terra piano, in maniera quasi impercettibile. Le sue scarpe toccavano dei sassolini tondi sulla strada innevata, producendo un rumore stridulo e sgradevole.
"Torneremo. Possiamo farlo ogni volta che vuoi" disse Anna, avvicinandosi all'amica e poggiandole una mano sulla spalla.
"Ti aspetterò sempre, Diana" sussurrò il ragazzo, stringendo le labbra tra di loro e cercando di non fare caso alla presenza di Anna.
"Sono consapevole di poter venire a Carmody abbastanza spesso. Quello che mi rammarica è che non sarà mai una cosa a lungo termine: prima o poi finiremo l'università e io sarò costretta a partire"
"Verrò con te. Posso trovare un lavoro"
"Non è vero. Non è possibile, Henry" continuò lei, alzandosi in piedi con uno strattone. "Mia madre è la mia ombra ed è già tanto che non mi abbia seguita fino a qui oggi. Mi vuole dare in moglie a qualche uomo per bene di Londra o Parigi o chissà quale altra città in Europa. Lei non mi permetterà mai di stare con te"
"Mais je t'aime, Diana" mormorò Henry, tirandosi su e muovendo le mani con foga. Aveva il volto teso in una smorfia di dolore e gli occhi lucidi.
"Come può Eliza farti questo? E tuo padre?" chiese Anna, commossa dalle parole del ragazzo.
"Lui non sa niente. Mia madre è convinta che mi trasferirebbe immediatamente oltre oceano se solo sapesse di Henry. Non abbiamo possibilità"
"Io lavoro, j'ai un travail! Posso darti tutto quello che v-"
"Lo so che hai un lavoro. Ma non sei un medico, o un banchiere e nemmeno un imprenditore. Sei un giardiniere e basta. Io amo te e tutto quello che fai, ma mia madre mi toglierebbe anche la dote se venisse a sapere che sto con te: penserebbe che è sbagliato"
"Ma Diana, tu non sei tua madre! È la tua vita. Tu ami Henry e lui ama te, come può essere sbagliato?" urlò Anna, infiammandosi. "Se tua madre ti ama, capirà che quello che vuoi non è un banchiere senza cervello e pieno di soldi, ma un ragazzo umile e gentile come Henry. Una soluzione per il futuro si può trovare: sei così intelligente e bella che farai successo indipendentemente da tuo marito. Potresti suonare o fare l'insegnante: hai tutte le capacità per fare quello che più desideri e per avere poi tutti i vestiti e i gioielli che vorrai. Ma dimmi, che senso ha avere queste cose splendide, se non hai Henry accanto a te?"
Diana rimase in silenzio, lasciando che lacrime calde le scendessero lungo il viso. Henry la strinse a sé e le diede un bacio sulla fronte, sussurrandole quanto la adorasse e che l'avrebbe amata per sempre.
"Scrivimi, tutte le volte che vuoi: sono al Queen's a Charlottetown"
"Lo farò. Tu pensami"
"Lo faccio sempre"
Anna ebbe come l'impressione di essere lei stessa a stringere il ragazzo tra le braccia: il suo discorso di prima per Diana l'aveva incendiata di ribellione, rendendola consapevole che forse davvero anche lei avrebbe potuto ottenere quello che voleva senza l'ausilio di Roy.
Era un'idea folle, perché sapeva bene che Diana Barry aveva da sola un'eredità che era il doppio di quella sua e di Ruby messe insieme, eppure ora sentiva una nuova speranza scorrerle nelle vene.
"D'altronde una scelta c'è sempre: per te, Diana; per me e anche per Gilbert, Moody e Ruby" mormorò lei, rendendosi poi poco dopo conto di quanto le stava accadendo.
Intorno a lei, il paesaggio era bianco ma contornato di un riflesso azzurro freddo; il casale si stagliava davanti a lei, di un marrone scuro, dovuto al legno impregnato di pioggia; la sua amica era avvolta in un pesante abito celeste e in un cappotto azzurro, mentre il suo abito era di un verde chiaro e luminoso, in contrasto alla giacca beige.
Il suo corpo era immobile ma gli occhi ruotavano in ogni direzione alla ricerca di tutti i colori possibili.
Non capiva di nuovo a cosa fosse dovuto, però questa volta era diverso: sentiva una felicità nascerle dal profondo del petto e spingerla a sorridere.
Il battito le rimbombava nelle orecchie e sentiva le guance avvampare di un calore forte ma piacevole.
Guardò i due ragazzi e per un attimo ebbe l'impressione di vedere, al posto dei capelli lisci di Henry, una folta chioma scura e ricciolina.
Scosse la testa, cercando di prendere fiato e calmarsi.
"Diana, dobbiamo davvero andare" disse, in una parentesi di lucidità, guardando l'amica e sorridendole.
Diana annuì e diede un lungo bacio a Henry, prima di seguire l'amica fuori dal casale e urlare un "Aspettami" al ragazzo.
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𝓒𝓸𝓵𝓸𝓾𝓻 𝓜𝓮 𝓘𝓷 // A Shirbert Fanfiction
Fanfiction"Mi mancano i colori più strani. Sono quelli che non ho mai visto, quelli che forse non potrò mai vedere. Restano chiusi in un loro segreto alfabeto in qualche parte nascosta dei miei sogni. Per un attimo li scorgo nel sonno, poi arriva l'alba e li...