Come l'autunno

530 51 13
                                    

Ottobre era ormai alle porte e il suo profumo iniziava a nascondersi sotto quello più intenso della pioggia che macerava il terreno e le foglie degli alberi, rumorose sotto i passi pesanti delle persone per le strade.
Charlottetown odorava spesso di melograno e caldarroste, che si mescolavano miracolosamente all'odore acre del fumo e della stazione, coprendoli.
Anna adorava rimanere per lunghi minuti a osservare i rami degli alberi che lentamente si spogliavano e le foglie ormai secche che in una danza malinconica si facevano trasportare a terra dal vento.
L'autunno l'aveva incantata fin da bambina: le sapeva di cambiamento, di un momento in cui vecchio e nuovo si potevano incrociare e ricominciare da capo. Si potevano percepire i primi freddi annunciatori dell'inverno futuro, ma allo stesso tempo riscoprire il calore del fuoco, la morbidezza delle sciarpe e delle coperte.
L'autunno le scompigliava i capelli e le alleggeriva il cuore, facendola sentire in pace con se stessa: lei si rivedeva in quel caos, in quel miscuglio di sapori, odori e sensazioni. Era la stagione che in assoluto avrebbe voluto vedere colorata: voleva sapere di quale colore le foglie tingevano il terreno e se le sue amate colline rimanevano verdi brillanti come gliele aveva descritte Marilla un pomeriggio di luglio o se indossavano un mantello diverso, magari rosso e poi giallo.
Completamente innamorata di questo periodo, Anna aveva proposto alle sue amiche di passare una domenica in giro per la città, bevendo tè in una sala elegante e passeggiando a vuoto per ore, come lei adorava fare.
Aveva bisogno di passare del tempo con le sue amiche e di parlare con loro come ai vecchi tempi, magari raccontando storie o aneddoti divertenti come ad Avonlea.
La sua idea era però presto andata in fumo: la direttrice non permetteva alle ragazze di gironzolare da sole per Charlottetown, in particolare durante una stagione così fredda e con le giornate che iniziavano ad accorciarsi.
Anna aveva provato qualsiasi cosa per convincere la donna, arrivando addirittura a proporle di unirsi al loro gruppo, ma l'unica risposta che aveva ottenuto era stata "Le uscite sono permesse solo con dei ragazzi insieme a voi, non si discute signorina Shirley-Cuthbert".
Diana e Ruby sapevano che l'unica alternativa era chiedere a Moody e Roy di accompagnarle nei loro giri, ma la loro amica non riusciva a darsi pace.
Come potevano due ragazzi essere necessari per un'uscita in pieno giorno, in una città così piccola e tranquilla come Charlottetown?
"Abbiamo vent'anni, non siamo bambine piccole. Ce la caviamo benissimo da sole" continuava a ripetere Anna, sconvolta dalla chiusura mentale della loro preside.
"Le cose funzionano così Anna, non possiamo farci niente. Chiediamo ai ragazzi di venire a prendere un tè con noi, non ci vedo nulla di male"
"Sono d'accordo con Diana. Poi Moody è così gentile che sono sicura ci lascerà tutto lo spazio di cui abbiamo bisogno".
Furono proprio le suppliche di Ruby a convincere Anna che la cosa migliore era portarsi dietro i ragazzi, pregandoli poi di lasciarle in serenità per almeno un paio di ore.
Sia Roy che Moody furono molto contenti dell'invito e accettarono immediatamente, ottenendo il permesso a una veloce uscita in città.

Giunti in centro, i ragazzi percorsero le strade di Charlottetown con calma, intrattenendosi con i racconti di Moody su quanto fosse imbranato e maldestro.
Diana non lasciò mai il braccio di Anna, spaventata dall'idea che l'amica le potesse scappare da sotto il naso da un momento all'altro: si fidava di lei come nessun altro, ma sentiva che la sua testa era da un'altra parte e che l'idea di stare insieme a Roy anche durante il suo unico giorno di libertà la stava consumando dall'interno.
Aveva le labbra screpolate un po' per il freddo un po' perché non smetteva di mordicchiarle e tormentarle per il nervoso. Dopo circa una ventina di minuti di camminata, intravidero una sala da tè in fondo a una strada piccola ma graziosa, piena di persone che passeggiavano mano nella mano, decidendo di sedersi per riscaldarsi e riposare le gambe. Roy, poco prima di varcare la soglia e di togliersi il cappotto, notò che quella era la strada dietro a dove Gilbert e la signora Tremblay abitavano e colse la palla al balzo.
"Vi dispiace se vado a controllare se Gilbert è indaffarato? Non lo vedo da qualche giorno e non vorrei stesse male o non si osasse chiedere aiuto"
"Vai pure" rispose Anna, appoggiandosi allo schienale e guardando dritta davanti a sé. "Ormai non ha nemmeno più senso opporsi" concluse, offrendogli poi un sorriso mendace mentre il ragazzo usciva dal locale.
"Anna! Smettila di comportarti in questo modo, non è colpa di Roy se non abbiamo potuto passare del tempo da sole come volevamo" disse Diana in tono accusatorio e infastidito.
"Hai ragione Diana, ma non riesco a capacitarmi di come la fiducia in noi ragazze sia ancora così bassa" rispose Anna, con un'espressione scoraggiata.
"Credo che la preside non abbia fiducia nelle persone in generale, non in voi ragazze soltanto. Io comunque sono felice di essere con voi" mormorò Moody, osservandole velocemente una dopo l'altra.
"Anche noi lo siamo, Moody" sussurrò Ruby a sua volta, rivolgendogli uno sguardo affettuoso e provocando una risatina divertita nelle amiche sedute accanto a lei.
Dopo qualche tempo, mentre parlavano delle lezioni e di quanto sentissero la mancanza della vecchia scuola ad Avonlea, vennero raggiunti da Roy e da Gilbert. Quest'ultimo aveva gli occhi circondati da occhiaie molto scure e un'aria stanca e assonnata.
"Stai bene, Gilbert?" chiese Diana, preoccupata.
"Questa notte ha piovuto molto e il tetto della casa della signora Tremblay è vecchio e pieno di infiltrazioni. Sono stato sveglio tutta la notte per cercare di tappare i buchi e le crepe nei muri, ma non ho ottenuto un grande risultato. Per fortuna oggi il cielo sembra ancora limpido, ma temo che soffriremo il freddo per qualche giorno" rispose il ragazzo, sedendosi e sbattendo le palpebre pesanti.
"Per fortuna non dovrai stare in quella catapecchia ancora per molto, vero Gil? Ti attendono un letto caldo e posate d'argento a Toronto" disse Roy, risvegliando l'interesse di tutte le ragazze.
"Partirai tra poco?" chiese Anna, sporgendosi verso di lui e poggiando le mani sul tavolo in legno.
"Martedì prossimo. Devo tornare a Toronto per l'inizio delle lezioni o sarò già indietro con il programma"
"E abiti a casa dei tuoi genitori?" chiese Ruby, pettinandosi una ciocca di capelli con le mani.
"N-Non proprio" disse Gilbert, rivolgendo un'occhiata veloce ad Anna. "Mio padre è morto qualche mese fa, mentre mia madre dandomi alla luce. Adesso vivo in casa della mia... ragazza, insomma. E della sua famiglia ovviamente".
Un silenzio imbarazzante cadde su di loro all'istante: nessuno a parte Anna sapeva del padre di Gilbert e Ruby si vergognò moltissimo per la sua ingenuità, tanto da farsi venire le lacrime agli occhi.
"Ti chiedo scusa Gilbert, non avevo idea"
"Non ti preoccupare Ruby, non potevate saperlo"
"Ti trovi bene a casa della tua ragazza?" chiese Moody, cercando di alleggerire la tensione.
"Sono tutti molto gentili con me, anche troppo. Senza di loro non potrei studiare Medicina e non avrei un posto dove stare. Gli devo molto" disse lui sorridendo.
"E come si chiama lei?"
"Winifred. Winifred Rose"
"Avete intenzione di sposarvi a breve?" chiese Roy, sorseggiando il tè caldo appena arrivato sul tavolo.
Gilbert ingoiò la saliva velocemente, muovendo il braccio in uno spasmo secco e quasi versando il tè addosso ad Anna e Ruby. Si scusò prontamente, asciugando quello che poteva con un tovagliolo in seta e rischiarandosi la voce.
"Non lo so a dir la verità. In ogni caso non penso dipenda molto da me"
"Come può non dipendere da te? Sei tu che devi chiederla in sposa, no?" chiese all'improvviso Anna, sbattendo la tazza di tè sul piattino in ceramica con aria infastidita.
"Sì, ma loro mi stanno pagando gli studi Anna: non sono nella posizione più adatta per poter scegliere"
"Tutti possono scegliere. Ci si dovrebbe sposare per amore e non per altro" rispose lei, questa volta guardandolo negli occhi.
"Credo che proprio tu non abbia nessun diritto di giudicare me o le mie scelte" disse lui, innervosito dal tono saccente con cui la ragazza gli si stava rivolgendo. Proprio lei che, fra tutti, era l'unica a poter capire quello che davvero stava passando.
Anna si zittì di colpo, rimanendo a guardarlo con gli occhi stretti a formare delle piccole fessure.
Il corsetto le impediva di respirare come voleva, facendola quasi soffocare.
Come poteva aver tirato in ballo lei dentro quel discorso? Non poteva paragonare le loro situazioni perché erano tremendamente diverse: Gilbert, con un po' di sforzo, avrebbe potuto vivere una vita agiata anche senza l'ausilio della famiglia Rose, mentre lei non aveva nulla. Lei, Matthew e Marilla non avrebbero potuto avere futuro senza un matrimonio combinato con una persona abbiente.
Decise di alzarsi in piedi, inspirando a pieni polmoni.
Fu sul punto di rispondere a tono al ragazzo di fronte a lei quando un giovane alto e dal viso semi coperto da un cappello scuro spuntò dalla porta della sala da tè.
"Cole?!" chiese lei, guardandolo avvicinarsi a lei rapidamente.
"Anna, sono venuto a prenderti. Devi tornare immediatamente a Green Gables" disse il ragazzo, prendendole una mano tra le sue. Aveva il volto teso e gli occhi lucidi per il freddo.
"Cosa succede Cole? Perché sembri preoccupato? È successo qualcosa?" chiese lei, mentre sentiva il battito aumentare. Cole la guardò con tenerezza, abbassando lo sguardo prima di parlare a voce bassa.
"L-Lui, non sta bene, Anna. Devi venire con me subito"
Anna sgranò gli occhi, mentre calde lacrime le scendevano lungo le guance.
"Lui chi, Cole? Lui chi?" chiese lei urlando, sperando che il suo amico non pronunciasse il nome della persona che più amava sulla faccia della Terra.
Cole iniziò a singhiozzare, mentre il suo volto si tendeva in una smorfia triste.
"Matthew".

𝓒𝓸𝓵𝓸𝓾𝓻 𝓜𝓮 𝓘𝓷 // A Shirbert FanfictionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora