Capitolo 42

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Uscì in fretta dall'aeroporto, grazie alle indicazioni che la sicurezza mi aveva fornito, e mi ritrovai all'ingresso con un'ansia dirompente che mi faceva tremare le gambe.

Al passaggio di ogni macchina i miei occhi si puntavano su di essa per cercare di capire l'identità del conducente, finché non ti riconobbi.

Il mio cuore aveva iniziato a ballare, perché lo sentivo spostarsi continuamente dalla pancia alla gola. Forse era impazzito del tutto e quelli sarebbero stati gli ultimi attimi che avrei passato con te.

I nostri sguardi si incrociarono e io iniziai a sentire il mio battito martellare nelle orecchie.

Tun, tun, tun.

Posteggiasti frettolosamente e con poca cura, poi scendesti di corsa.

Tun, tun.

Ti imitai, correndo disperatamente nella tua direzione.

Tun.

Mi tuffai tra le tue braccia, piangendo come una bambina. Stringevo spasmodicamente le tue braccia, mentre mi baciavi la testa con dolcezza.

«Non fare mai più qualcosa del genere» mi dicesti con voce fragile. «Non ti lascio più andare da nessuna parte, lo giuro» continuasti deciso.

Io riuscì solo ad annuire.

Avevo rotto un vaso di porcellana ed ero riuscita a trovare la colla, ma eri tu che lo stavi ricomponendo. 

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