«Miraculous Ladybug!»
«Ben fatto, Insettina! Ce la siamo cavata in fretta oggi.» Era vero. Il supercattivo era stato semplice da sconfiggere. Ladybug era contenta di poter tornare velocemente a casa, aveva ancora un mucchio di cose da fare quel giorno.
«Questo vuol dire che... Beh, se ti va, potremmo prenderci un frappè insieme. Se non hai nient'altro da fare ovviamente.»
«Chat Noir... Io...»
«Non ti preoccupare, capisco, era solo per passare del tempo da buoni amici, ma se hai impegni non ti trattengo.» Chat Noir la stava guardando negli occhi sorridendo. Non un sorriso vivace, un sorriso timido che non arrivava fino agli occhi. Si stava già preparando alla solita risposta negativa, voltandosi per non far vedere alla ragazza la sua delusione.
«Vengo volentieri.» Si girò di scatto, sorpreso dal consenso della giovane. «Però dobbiamo sbrigarci, non ho moltissimo tempo.» Lei gli sorrise calorosamente. Si fermarono in un posto non molto lontano a prendere il frappè e si sedettero su una fontana vicina, cercando di non dare nell'occhio. Erano pur sempre due supereroi, le persone più acclamate di Parigi: potevano essere assaliti dalla folla. Tuttavia, la piazza era libera e i pochi passanti presenti andavano di fretta.
Il ragazzo stava gustando la sua bevanda al cioccolato, osservando Ladybug nei momenti in cui era distratta. Sentiva il suo cuore battere più forte ogni volta che posava lo sguardo su di lei.
«Gattino, se volevi passare il tuo tempo a fissarmi mentre bevo un frappè, ti mandavo una foto. Di cosa vuoi parlare? C'è qualcosa che devi dirmi?» Lui arrossì di colpo. Fortunatamente la maschera copriva buona parte del viso: sperava di essere riuscito a nasconderlo. Non pensava che si fosse resa conto dei suoi sguardi. Doveva ritrovare al più presto il suo contegno e la sua intraprendenza o sarebbe affogato nell'imbarazzo.
«Avere la foto di una coccinella che beve un frappè deve portare molta fortuna!» Le si avvicinò con un sorriso sghembo. Lei sorrise ammiccante di rimando.
«Torna a bere il tuo frappè, ti si sta arruffando il pelo.» Il suo tono era scherzoso. Era così strano e bello stare con lei senza dover combattere o fare capriole. Non che gli dispiacesse compiere il suo dovere, anzi. Era solo emozionante passare del tempo libero con lei.
«Grazie, MiLady. Il tuo sì mi ha rallegrato la giornata. Posso porti una domanda?»
«Certo.»
«Ti andrebbe di raccontarmi l'ultimo evento piacevole che ti è accaduto?» Era una domanda come un'altra, ma gli permetteva di conoscerla meglio. Se avesse risposto, lui avrebbe saputo qualcosa in più su di lei, qualcosa di banale, qualcosa riguardante la sua vita di tutti i giorni. Qualcosa che gli avrebbe permesso di capirla, di avere indizi su di lei, sul suo carattere, sul perché era sempre così misteriosa. O almeno perché lo era più di lui... La ragazza nel frattempo ci pensò un po' su, per poi iniziare a raccontare.
«Lo farò senza entrare nello specifico. Un po' di giorni fa sono uscita con delle mie amiche per una passeggiata in centro e ho trascorso un fantastico pomeriggio. Abbiamo, mangiato un gelato e parlato di gossip. La classica uscita tra ragazze insomma.» Aveva preferito non fare accenni a Luka. Non voleva che Chat Noir, come suo solito, saltasse a conclusioni troppo velocemente. Soprattutto se si trattava solo di un suo amico -quantomeno era ciò che la ragazza sosteneva. Inoltre non voleva ferire ulteriormente il suo compagno. Conosceva bene quella fitta allo stomaco, quella che la travolgeva quando vedeva Adrien che la ignorava; non voleva che accadesse lo stesso a Chat, non quando poteva evitarlo.
«Avete parlato anche di me?» Chat Noir la guardò seducente.
«Ti piacerebbe!» Ridacchiò invece lei.
«Aspetta... Vuoi dire che l'ultimo evento piacevole che hai vissuto è stato giorni fa?»
«Non ho detto questo, solo che questo è stato di particolare rilevanza. Le mie amiche mi hanno aiutata a prendere una decisione su un progetto che sto intraprendendo e mi hanno sostenuta. Credono in me, per questo devo loro molto. A volte fatico a credere in me stessa, ma loro ci sono sempre per me e io farò di tutto per esserci sempre per loro.»
«Tu che fatichi a credere in te stessa. Mi sembra così... Irreale.» Nel frattempo Ladybug buttò il bicchiere del frappè e tornò a sedersi accanto al ragazzo, che in quel momento la stava osservando con occhi spalancati.
«Non lo è. Come ti ho già detto altre volte, senza la maschera non è la stessa cosa. Probabilmente non mi riconosceresti nemmeno. Sono abbastanza insicura e vado nel panico molto facilmente.» Era molto pensierosa in quel momento, la sua mente vagava altrove, era palese. Poi però sorrise. «L'importante è accettarsi per quel che si è, no? Tu invece? Qual è stato l'evento più significante per te ultimamente?»
Chat Noir buttò nel cestino il bicchiere vuoto, appoggiò le mani sul bordo della fontana e guardò verso il carretto di zucchero filato davanti a loro.
«Anche io ho avuto un'amica che mi è stata vicino in un momento difficile. Quella sera ero terribilmente giù di morale e lei ha saputo esattamente cosa dire per infondermi tranquillità, sicurezza e pace. Non ho potuto fare a meno di abbracciarla per un lungo momento. Sentivo il mio respiro farsi da affannato a rilassato a ogni parola che pronunciava e non sapevo come ringraziarla. La fissavo e la vedevo totalmente concentrata su ciò che aveva da dirmi. Mi ha fatto capire che ci teneva che io fossi felice, e soltanto questo mi ha reso estremamente gioioso. Abbracciarla sembrava la cosa più sensata da fare, l'unico modo per farle comprendere che le sue parole erano state importanti. Spero che l'abbia capito.» Ladybug lo fissò per un po', a metà tra l'allibito e il commosso. Che stesse davvero parlando di lei? Di Marinette? Era davvero stata così importante per lui nonostante avesse detto solo ciò che pensava? Ma Chat Noir non poteva comprendere cosa stesse passando per la mente di lei.
«Tutto bene? Ho detto qualcosa di sbagliato?»
«No Gattino, per niente.» E così la ragazza poggiò la testa sulla spalla di lui per un attimo e chiuse gli occhi. Ciò fece battere il cuore del ragazzo più veloce ancora. Si godette al massimo il momento, fino a quando non sentirono il familiare suono che li costringeva a salutarsi. Gli orecchini di lei stavano lampeggiando. Ladybug si sollevò lentamente, sentendosi leggera. Continuava a scoprire aspetti di Chat Noir che mai avrebbe immaginato esistessero. E la cosa le piaceva molto, la rendeva serena. Sentiva di potersi fidare ancora di più del suo compagno: per quanto all'apparenza potesse sembrare spavaldo e rubacuori, il ragazzo mostrava di avere parecchi lati sensibili. Lo salutò, per poi volteggiare tra i palazzi verso il ritorno a casa.
Chat Noir invece rimase lì, seduto sul bordo della fontana ancora per un po'. Non aveva usato il suo Cataclisma, perciò non aveva limitazioni di tempo, non nella sua forma di supereroe almeno. Adrien, al contrario, aveva la lezione di scherma. Nonostante ciò, si prese cinque minuti per ripensare a ciò che era appena accaduto. Aveva passato del tempo da solo con Ladybug! Avevano parlato della loro vita da civili e si erano confidati! Era stato fantastico, ma più passava il tempo più lui si rattristava. Certo, avevano passato più tempo insieme ultimamente e il fatto che lei si fosse fermata quel giorno era stupendo. Però vedeva chiaramente che la ragazza non ricambiava i suoi sentimenti. Per quanto lui potesse provare a conquistarla, ciò che otteneva era sempre un rifiuto. Lei lo considerava uno dei suoi migliori amici e si fidava ciecamente di lui, questo lo sapeva bene e per lui era importante che questo rapporto fosse saldo. Eppure faceva male: per quanto potesse essere gentile, un rifiuto era sempre un rifiuto. Il suo cuore cominciava lentamente a creparsi. Iniziava a rendersi conto che andando avanti e perseverando lo avrebbe rotto, il suo cuore.
Si incamminò verso la scuola, dove Adrien aveva la sua lezione. Aveva lasciato le sue cose lì, quindi bastava trovare un posto appartato per detrasformarsi e andare negli spogliatoi. Trovò uno spiraglio che faceva al caso suo.
«Plagg, detrasformami.»
«Dimmi che hai del camembert con te, sento che potrei svenire a momenti!»
«Esagerato, non ho nemmeno usato il Cataclisma. Comunque dovrai aspettare che io entri negli spogliatoi, poi potrai mangiare.»
«Ragazzo, un giorno o l'altro mi ucciderai.» Si accasciò sulla mano di Adrien, fingendo di svenire. Il giovane scosse la testa con rassegnazione e divertimento di fronte a tutto quel dramma e si diresse verso gli spogliatoi, dove diede da mangiare al suo Kwami e si cambiò per la lezione. Uscì a scaldarsi con il casco in mano e vide Katami Tsurugi, la sua compagna di scherma nonché amica, avvicinarsi.
«Salve rivale, pronto a essere sconfitto anche oggi?» Sembrava radiosa quel giorno.
«Non ci giurerei, mangerai la mia polvere!» La guardò determinato e, nonostante tutto, sereno. Come sempre. Era così che doveva mostrarsi in pubblico: sereno, come gli avevano insegnato fin da piccolo.
Dopo una dura lezione pensata per migliorare le tecniche di attacco dei ragazzi, in particolare la frecciata, il signor D'Argencourt iniziò a formare le coppie per i duelli di fine lezione. Quel giorno c'era stata più teoria che pratica: infatti si erano allenati singolarmente sui tappetini per migliorare la loro tecnica. Nonostante ciò, il professore teneva al fatto che ad ogni lezione ci fosse almeno uno scontro a due tra gli studenti. Come al solito, abbinò Katami ad Adrien poiché era l'unica che permetteva veramente al ragazzo di mettersi in gioco e migliorare. Avevano capacità simili, eppure il loro stile era totalmente diverso: lei più razionale e veloce nell'elaborare le situazioni, lui più emotivo e intuitivo. Si completavano a vicenda e imparavano cose nuove l'uno dall'altro ad ogni allenamento. Si misero in posizione di guardia dopo aver eseguito il saluto e abbassarono i caschi. Il primo affondo lo eseguì Katami, ma non andò a buon fine poiché Adrien lo schivò con un passo incrociato in dentro. Rapidamente eseguì una finta e una botta dritta e riuscì a toccare l'avversaria.
«Ti sto solo lasciando vincere!» Esclamò la ragazza divertita. Adrien sorrise, quando entrambi sentirono il professore che richiamava l'attenzione di tutti.
«Cercate di usare ciò che avete appena imparato, non limitatevi alle mosse che già conoscete. Dovete integrare anche il nuovo nel vostro sapere. Magari all'inizio eseguirete male l'esercizio e perderete, ma siamo qui proprio per imparare. Perciò voglio vedere volare frecciate! E ora al lavoro!»
«E che frecciate siano» replicò il ragazzo rivolto a Katami.
Mentre duellavano, Katami iniziò a parlare. Accadeva di rado che lo facesse durante le lezioni. Era davvero di buon umore quel giorno.
«Senti, dopo ti andrebbe se ti accompagnassi a casa? Potremmo farci una passeggiata a piedi.»
«Oh, non so, chiederò alla mia guardia del corpo. Non ti viene a prendere tua mamma subito dopo lezione?»
«Non oggi, ha detto che mi lascia il pomeriggio libero! Ultimamente è più permissiva, non so cosa le stia succedendo.» La ragazza fece spallucce. «Se non hai impegni potremmo fare anche un giro più lungo, non penso che se la tua guardia del corpo ci segue in macchina ci siano problemi.»
«Possiamo chiedere. Io personalmente oggi non ho impegni lavorativi.»
A quel punto tornarono a duellare, impegnandosi e dando il loro meglio fino a quando il professore non annunciò la fine della lezione. Fra di loro aveva vinto il pareggio, eppure erano entrambi molto affaticati.
«È stato un bel duello. Altri cinque minuti e avrei vinto io, ovviamente.» La ragazza lo guardò con superiorità e saggezza. Adrien invece rise di gusto. Si stavano dirigendo verso gli spogliatoi quando sentì Katami esclamare qualcosa arrabbiata. Si girò verso di lei per vedere meglio.
«Che succede?»
«Il mio guanto si è rotto... Non ci voleva. Ci sono molto affezionata, è un regalo di una parente a me cara.» La ragazza era triste e frustrata.
«Beh, io so chi lo può riparare. Marinette è molto brava in queste cose. Durante la passeggiata possiamo vedere se è in casa per chiederle di ripararlo.»
«Ottima idea! Vado a cambiarmi, ci vediamo dopo all'uscita» esclamò Katami.
Poco dopo entrambi i ragazzi erano fuori dai cancelli scolastici pronti a chiedere alla guardia del corpo di Adrien il permesso di fare una passeggiata.
«... Ed è per questo che vorremmo passare da Marinette. E poi oggi non devo lavorare, se ci segui in auto dovrebbe andare bene comunque giusto?» Il giovane si fece molto speranzoso, per poi esultare di gioia al piccolo cenno di assenso del gorilla. Così aprì la portiera per appoggiare il suo zaino e quello di Katami in auto, la richiuse e iniziò a camminare verso casa di Marinette. Spiegò anche a Katami la strada che avrebbero fatto per raggiungere la migliore pasticceria-panetteria di Parigi.
«Adoro i croissant che i genitori di Marinette preparano: sono croccanti, tremendamente soffici al loro interno e, soprattutto, molto ben farciti. Per non parlare del fatto che i Dupain-Cheng offrono una svariata gamma di gusti! Capisci, non sono solo i classici cioccolato, crema e marmellata. Ce ne sono un'infinità!» Avrebbe potuto parlarne per ore, anche se probabilmente a Katami non sarebbe interessato l'argomento. Nonostante ciò, era lì ferma ad ascoltarlo con molta pazienza e curiosità. «E tu invece? Hai un dolce per il quale impazzisci?»
«Se devo fare uno spuntino rilassante, mi piace preparare del tè verde da accompagnare ai chinsuko, dei biscotti dolci molto semplici e molto gustosi. Per quanto riguarda i dolci veri e propri, ultimamente sento la mancanza dei manju. Sarebbero come delle polpette di polvere di riso e grano ripiene. Preferisco ovviamente un ripieno al tè verde, molto delicato ma allo stesso tempo deciso, che lascia un che di soddisfazione alla fine. Oppure all'arancia. Mi piace molto il sapore delle arance.» Adrien le sorrise calorosamente poiché la ragazza spesso faticava ad aprirsi e a raccontare di sé, di qualsiasi cosa si trattasse. Era cambiata molto da quando l'aveva conosciuta: con lui non era più la ragazza fredda e dall'aria imperiale, facciata con la quale si presentava ancora agli sconosciuti. Tutto il contrario. Era gentile, premurosa, simpatica, affascinante, bella. Era come si immaginava fosse Ladybug sotto la sua maschera. Nonostante ciò, Katami non poteva essere la supereroina in questione poiché Ladybug le aveva affidato il Miraculous del drago affinché li aiutasse con una Akuma.
Senza accorgersene erano arrivati di fronte alla panetteria. Katami aveva con sé il guanto rotto, lo teneva stretto nella speranza che Marinette potesse ripararlo facilmente. Ci teneva moltissimo poiché fu sua nonna a regalarle quel paio di guanti da scherma, com'era tradizione nella sua famiglia da un po' di generazioni. Non di regalare guanti da scherma, no, ma di donare l'equipaggiamento che occorreva per intraprendere la via dell'apprendimento delle nobili arti, tra le quali appunto la scherma. Aveva amato molto sua nonna, che l'aveva compresa e aiutata a superare momenti difficili.
In quel momento entrarono nel negozio, perciò Katami scacciò rapidamente quel mucchio di pensieri nostalgici e dolorosi per tornare a sorridere ad Adrien.
«Buongiorno signori Dupain-Cheng!» esordì il ragazzo.
«Oh ciao Adrien!» Tom, il padre di Marinette, spuntò da sotto il bancone con un sacco di farina in mano e gli sorrise.
«C'è per caso Marinette?» Adrien si guardava intorno, deliziato da tutti i dolci che lo circondavano.
«Certo, dovrebbe essere in camera sua. Seguitemi pure in casa intanto, vi faccio accomodare.» Sabine, la mamma della ragazza, era sempre molto cordiale con gli amici della figlia. Fece strada ai ragazzi e offrì loro un succo con dei pasticcini per poi andare a chiamarla.
Nel frattempo la ragazza stava svolgendo gli esercizi di matematica con il supporto morale di Tikki.
«Quindi se posso sommare tra loro solo monomi simili, il risultato finale della disequazione dovrebbe essere... Sì! Ce l'ho fatta Tikki! Il risultato è giusto, mi sento un genio!» Esultò con un balletto euforico sulla sua sedia girevole.
«Brava Marinette! Ma non esultare troppo, te ne mancano ancora quattro da fare» ridacchiò la piccola Kwami.
Sentirono bussare alla porta-botola della camera e Tikki volò a nascondersi.
«Marinette, giù ci sono Adrien e un'altra ragazza che chiedono di te.» Sua madre spuntò dalla porta con la testa e la guardò sorridente. Era scontato che lei sapesse che la figlia aveva una cotta per quel ragazzo, anche soltanto dalla quantità abnorme di foto e riviste sue che la ragazza possedeva, perciò non si sorprese quando lei sussultò. «Vieni giù appena puoi.» E così com'era apparsa, scomparve. Marinette rimase per un attimo a fissare il punto vuoto lasciato da sua madre, come se si fosse messa in standby, per poi esordire con un piccolo strillo sommesso.
«Tikki! Emergenza codice rosso! Dobbiamo eliminare immediatamente tutte le riviste e le foto sospette prima che entri in camera mia!» Fortunatamente la ragazza, dopo l'accaduto con le riprese della TV, aveva drasticamente diminuito il numero di foto appese alla parete adiacente alla scrivania. Le aveva trasferite in alcuni quaderni dedicati, appositamente nascosti in svariati angoli della stanza, e sulla bacheca che aveva appesa sul muro vicino al cuscino del letto, su in soppalco. Quella era facilmente rimovibile e facile da nascondere sotto al letto. Per quanto riguardava quelle ancora rimanenti sulla parete della scrivania, ora che erano appese anche foto di lei con le sue amiche, si camuffavano facilmente in modo naturale e, soprattutto, meno sospetto. Una volta che ebbe afferrato le riviste sparse in giro qua e là e che le mise con la bacheca nel contenitore sotto il letto, riordinò ad altissima velocità quei vestiti che aveva buttato alla rinfusa sulla chaise-longue quando era tornata a casa. Erano passati appena due minuti dall'inizio del codice rosso e la sua stanza era già pronta ad affrontare Adrien con la massima sobrietà del caso. Aggiustò un attimo i suoi capelli, giusto per non dare l'impressione di aver corso su e giù per la stanza appena un attimo prima. All'ultimo, Tikki le diede una rivista fuggiasca, che mise prontamente in un cassetto. Così, si affrettò a scendere. Scoprì quindi che l'altra ragazza di cui parlava sua madre era Katami. Che bello. Non che le desse fastidio che fosse lei. Non propriamente insomma, ultimamente erano diventate più amiche rispetto a prima e la trovava simpatica, una brava ragazza e una potenziale buona amica. La turbava però che lei fosse con Adrien, quello sì.
Salutò tutti e due balbettando e li invitò ad entrare in camera sua, rossa in viso per la piccola figuraccia che aveva già fatto di fronte al ragazzo.
Adrien, che già conosceva la stanza, si accomodò sulla chaise-longue, non lontano dalla quale si trovava il manichino che ospitava la struttura di base della gonna. Adrien stava osservando proprio quello quando Katami si rivolse a Marinette.
«Camera tua è molto bella e particolare. Sembra riflettere la tua personalità. Mi aspettavo più disordine a tal proposito.» Marinette ridacchiò genuinamente, principalmente perché la ragazza non aveva idea della rivoluzione di pochi minuti prima.
«Oh, ti ringrazio. Comunque, ehm, che sorpresa, non mi aspettavo di ricevere visite oggi, he he!» Già, non se lo aspettava proprio data la quantità di compiti e di ricerche che doveva fare.
«Abbiamo finito da poco la lezione di scherma e avevamo del tempo libero. Inoltre volevamo, o meglio, Katami voleva chiederti un favore. Durante la lezione le si è rotto un guanto e ci chiedevamo se tu potessi ripararlo.» Adrien spiegò tutto con calma, per poi tornare a guardarsi intorno. La stanza di Marinette era confortante: come aveva detto Katami, sembrava di essere dentro alla testa di Marinette. Si sentiva a suo agio. Inoltre la chaise-longue era molto comoda. Tornò a guardare la struttura della gonna che fin da subito lo aveva incuriosito, soprattutto per la scelta del tessuto. Nel frattempo la giovane prese il guanto di Katami, che si era seduta su un baule, per esaminare il danno, cercando di calmarsi in modo da non fare altre gaffe imbarazzanti.
«Non è nulla di irreparabile, lascia che prenda il kit con ago e filo.» La ragazza si mise subito all'opera.
«A cosa stai lavorando qui Marinette?» Adrien era davvero curioso riguardo a quella gonna. Colse la ragazza alla sprovvista, tanto che lei iniziò ad arrossire e a balbettare un poco, di nuovo.
«Oh... Beh... niente di che. Ecco, beh, in realtà sto creando un abbinamento di una gonna e una borsetta di cui avevo fatto una bozza. Se vuoi vederlo il quaderno degli schizzi dovrebbe essere lì vicino.» Il ragazzo prese il quaderno e lo sfogliò fino alla pagina del disegno della gonna e si prese del tempo per guardarlo. Contemporaneamente, lo sguardo di Katami balzava dalla meticolosa riparazione che stava eseguendo Marinette al viso concentrato del ragazzo. Non avrebbe saputo dire cosa la attirasse di più: la precisione dei punti cuciti sul suo guanto o l'espressione analitica di Adrien.
«Sembra molto bello dallo schizzo. Riuscirai davvero a realizzare tutto come nel disegno?»
«Erm, quello è l'obiettivo, sì...»
«Guarda Katami, non ti sembra perfetto?» La ragazza annuì, non molto concentrata sull'argomento. Marinette arrossì ancora di più se possibile. Non si aspettava di sentire il parere di Adrien sulla sua nuova creazione. Non si aspettava nemmeno che lui la vedesse prima della fine della realizzazione. Dal canto suo, il ragazzo era molto impressionato e curioso di vedere il risultato finale.
«Finito. Ho cercato di nascondere il più possibile le cuciture.» Marinette porse il guanto a Katami, che la guardò con una faccia stupita e traboccante di gioia.
«Grazie! È perfetto! Sembra come nuovo! Grazie mille» affermò sull'orlo delle lacrime. A quel punto fece una cosa che Marinette non si sarebbe mai aspettata: l'abbracciò. Perfino Adrien strabuzzò gli occhi. Katami non era affatto una persona fisica, il massimo che ci si poteva aspettare da lei era una stretta di mano. La ragazza ricambiò il suo abbraccio, felice di aver aiutato un'amica mentre Adrien sorrise dolcemente alla vista delle sue amiche abbracciate.*Spazio autrice*
Siamo giunti al capitolo 4! Spero vivamente che la lettura vi stia piacendo ☺️. Intanto, buona continuazione!
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Maschere nella Città dell'Amore
FanficDesidero raccontare l'amore: quell'amore che ci pervade piano piano, senza che ce ne accorgiamo; quell'amore che ci fa venire mille dubbi e che rende la vita piena di incertezze e confusione; quello stesso amore che sa regalare momenti di felicità u...