Capitolo 22

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«No, questo no. Questo nemmeno. Ma forse... No...» Nathalie Sancoeur stava diligentemente scandagliando tutte le offerte di meeting che il signor Agreste aveva ricevuto negli ultimi giorni. Lui le aveva severamente imposto di scartarne almeno una buona metà in quanto, secondo quello che aveva detto alla riunione amministrativa della Casa di Moda Agreste, non poteva essere dappertutto contemporaneamente. Non che fosse quello il reale motivo per cui non desiderava partecipare ai meeting. Certo, lui era molto impegnato dal punto di vista lavorativo ma, grazie alle sue abilità, Nathalie sarebbe perfettamente riuscita a incastrare tutti gli impegni in modo divino, come faceva per Adrien. Non era nemmeno la sua famigerata natura introversa il problema: dopotutto aveva scelto di fare lo stilista proprio per confrontarsi con altri e migliorare le sue capacità; i meeting non gli dispiacevano poi nemmeno così tanto. Tutt'altra storia era invece avere a che fare con i fornitori: quello sì che lo odiava. Ma non era quello il punto.

Nathalie sapeva bene per quale motivo il suo datore di lavoro era sempre restio ad allontanarsi di casa. Soltanto a casa sua poteva elaborare e portare alla luce il piano che avrebbe riparato al più grande errore della sua vita. Solo lì avrebbe potuto salvare Émilie.

Nathalie si passò una mano tra i capelli che aveva sciolto poco prima dal suo solito e rigoroso chignon. Non se lo disfaceva mai, in presenza di nessuno: era il simbolo della sua professionalità e della sua precisione, il suo segno distintivo. In certi momenti come quello però non riusciva a reggere la pressione, e si abbandonava per un po', mai troppo, sulla sedia della scrivania. Lavorava ventiquattrore al giorno, tanto che ormai alloggiava direttamente in Casa Agreste, nell'area ovest. Raramente si prendeva del tempo per sé stessa, se non per necessità fisiche o in quei pochi minuti alla scrivania. A quel punto era talmente tanto immersa nella faccenda che non avrebbe minimamente saputo come avrebbe fatto ad uscirne.

Quando aveva scoperto il grande segreto di Gabriel Agreste, cioè che teneva sua moglie mezza congelata nel seminterrato, a momenti si era data alla fuga. Inizialmente era rimasta orripilata dal gesto di quell'uomo che gli sembrava semplice e pura follia. Nonostante ciò, quell'uomo folle le dava uno stipendio che nessuno a Parigi le aveva mai offerto e lei, Nathalie Sancoeur, arrivata all'apice dei suoi trentacinque anni, non aveva di certo voglia di tornare a vivere in periferia dai suoi zii. Perciò era rimasta, un po' come fece Bella nei confronti della Bestia, ma di sua spontanea volontà. Il signor Agreste le aveva chiaramente fatto firmare un accordo di riservatezza per poi introdurla in tutto quel mondo fatto di magia e rancore che non avrebbe mai immaginato di trovare stipato sotto alla Villa. Aveva piano piano imparato a capire che la follia dello stilista era più paragonabile al grande amore, aveva imparato a conoscerlo per l'uomo che era, il vero sé stesso. Gabriel sapeva essere dolce e premuroso, quando si trovavano a lavorare a stretto contatto insieme. Si preoccupava per la sua salute, che era peggiorata di molto da quando aveva iniziato ad indossare il Miraculous del pavone —ma che, ora che si era presa una pausa, non le poneva più problemi: si era fermata giusto in tempo. Ma a lei stava bene, perché, per quanto avesse cercato di negarlo anche a sé stessa, per quanto si fosse imposta di non infliggersi tutto quel dolore immondo, proprio come nella favola della Bella e la Bestia aveva finito per innamorarsi perdutamente di quell'uomo che le aveva tolto quasi totalmente la sua libertà. Lo definiva uno dei più grandi errori della sua vita, eppure era ancora lì ad aiutarlo nel suo piano per salvare la moglie, colei che se lo sarebbe preso alla fine dei giochi. O quanto meno colei che Gabriel avrebbe scelto tra le due. Già... Perché lui non solo non sapeva nulla dei suoi sentimenti, ma nemmeno sospettava nulla a riguardo. E a lei andava più che bene così, era già abbastanza doloroso vederlo soffrire per la sua condizione attuale; dargli un altro peso da portare sulle spalle sarebbe stato da criminali.

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