Capitolo 8

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«Finita!» Marinette non stava più nella pelle: era riuscita a terminare la sua gonna! Per realizzare i fiori alla fine aveva optato per dei ricami, come Katami le aveva consigliato. La gonna finita era stupenda: di un raso bianco tendente al panna, con la cintura fina e i ricami delle varie tonalità della sabbia. Si poteva abbinare a una maglietta marrone, o anche colorata volendo. Decise di provarla immediatamente.

«Ti sta molto bene! Hai fatto un lavoro eccezionale!» Tikki le svolazzava attorno allegra. La ragazza sorrideva entusiasta mentre volteggiava su se stessa. Ora non le rimaneva che fare la borsa. Voleva tenere questa sua creazione per un momento speciale perciò, una volta che si tolse la gonna, decise di metterla al sicuro in armadio. Subito dopo si rimise all'opera con altri pezzi di tessuto iniziando a tagliarli.

«Vuoi subito iniziare la borsa? Non preferisci prenderti una pausa? Sembri molto stanca Marinette, ti stai sforzando troppo ultimamente...»

«Sto benissimo, non ho bisogno di pause» rispose secca la ragazza. Erano giorni che lavorava senza sosta tra la gonna, i compiti, le ricerche, le Akuma. Non si era mai presa una pausa, non era più uscita con i suoi amici, nemmeno da sola con Alya: semplicemente non se la sentiva. L'unica cosa che le permetteva di stare bene era concentrarsi in quello che faceva cercando di impegnare più tempo possibile per avere la mente sempre occupata. Non voleva ripensare agli avvenimenti di quelli che definiva "i giorni brutti". Non voleva averci nulla a che fare. Per lei non erano proprio esistiti. Per questo tutte le persone intorno a lei erano preoccupate: la vedevano turbinare in mezzo a una marea di cose da fare senza riposarsi mai. Questa sua iperattività si rifletteva chiaramente sul suo corpo: infatti era dimagrita un po' e le occhiaie scure non la abbandonavano mai. Non si curava più di quello che pensavano i suoi amici o i suoi compagni di classe. L'unica preoccupazione le era venuta quando, il giorno precedente, Adrien le aveva fatto notare che sembrava stanca ma la scacciò immediatamente e a lui rispose in modo secco che stava benissimo. In seguito si era voltata e si era incamminata verso l'aula di arte. Prima si sarebbe sentita in colpa per averlo ferito, si sarebbe fatta sicuramente un centinaio di paranoie. Ora era troppo concentrata su sé stessa e sulle sue cose da fare per pensare ad altro. D'altronde, era proprio quello l'obiettivo.

«Marinette è una bellissima domenica pomeriggio, c'è tempo prima che faccia scuro e hai finito tutti i compiti di questa settimana. La borsetta può aspettare. Usciamo! L'aria fresca ti farà bene. Devi cercare di andare avanti. Ti giuro che se non usciamo ti priverò della mia compagnia e ti ignorerò finché non lo faremo.» Marinette alzò riluttante lo sguardo verso la sua Kwami. Non aveva voglia di uscire, ma Tikki sembrava assolutamente seria. Era stata l'unica di cui avesse accettato la compagnia in quei giorni. Un po' perché non aveva scelta, un po' perché la piccola Kwami trovava sempre il modo di farla ridere per qualche secondo. Si decise quindi ad alzarsi dalla sua sedia di lavoro e a togliersi di dosso la sua comoda tuta per mettere qualcosa di più adatto al mondo esterno.

«Sono fiera di te!»

«Però mi porto il quaderno degli schizzi, nel caso mi venga un'ispirazione.» Detto questo e salutati i genitori, la ragazza uscì in strada e iniziò a camminare.

«Dove andiamo?»

«Andiamo verso il Pont des Arts.» La ragazza accennò un sorriso; la sua Kwami aveva sicuramente ragione: una passeggiata era ciò che le serviva. L'aria fresca le rinvigoriva lo spirito e il sole le scaldava il cuore. Proseguiva tranquilla osservando la gente scorrere attorno a lei: chi era di fretta, chi parlava d'affari al telefono, chi passeggiava con gli amici. Non mancavano ovviamente i turisti, che si fermavano a fare foto a ogni metro, e nemmeno le giovani coppie. A guardare queste ultime, Marinette si impensieriva, ma subito scacciava ogni pensiero per riprendere a osservare silenziosamente, costringendosi a mantenere la mente vuota. Guardava gli edifici di Parigi, il loro stile architettonico, il colore, come si fondevano gli uni con gli altri. Era sinceramente curiosa di tutto ciò che la circondava e, nonostante avesse già percorso quella strada molte volte, scopriva in continuazione nuovi dettagli. In men che non si dica raggiunse Pont des Arts e si sedette su una panchina. Si prese del tempo per osservare la Senna e fare un po' di schizzi di abiti lunghi, ispirata dal rumore del vento e dalla musica. Infatti, un musicista di strada stava suonando la chitarra acustica in modo soave a poche panchine da lì. Era circondato da una gran folla di persone perciò Marinette non riusciva a vederlo, solo a sentirlo e tanto bastava a renderla lieta. D'un tratto la musica si fece sempre più familiare, conosciuta. Tra un disegno e l'altro, chiuse gli occhi e si chiese dove l'avesse già sentita quella melodia così dolce e calda che sembrava rispecchiare i suoi sentimenti. Era così presa dalle note pizzicate della chitarra e dal disegno che si sentiva piena e appagata, come se tutte le sue preoccupazioni sparissero mentre la musica si avvicinava. No, un attimo... Si avvicinava? Aprì di scatto gli occhi e vide con sorpresa Luka in piedi lì vicino intento a suonare la melodia tanto familiare.

Maschere nella Città dell'AmoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora