capitolo 26

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[Dom]

Quando mi sveglio Nate dorme abbracciato a me e russa debolmente, ho caldo anche se fuori ci saranno un massimo di 5 gradi e mi stacco dalla sua presa.
Controllo il cellulare, manca poco alle sei e mi avvio verso il bagno per fare una doccia.
Mentre mi sto spogliando mi arriva la notifica di un messaggio.

Elyse:

- Dom perché Kat mi ha scritto un messaggio?

Rimango immobile cercando di capire cosa sta succedendo

Dom:

- Cosa ti ha scritto?

Tremo leggermente mentre aspetto che la mia migliore amica mi risponda, perché mai avresti dovuto scriverle?

Elyse:

- ti inoltro il messaggio se vuoi.

"Ciao Elyse sono Kat scusa se ti disturbo ma ho urgente bisogno di parlare con Dom, puoi dirle che la aspetto domattina alle 9 al bar all'angolo in centro? Grazie"

- il messaggio è di ieri quindi intuisco che sia sta mattina

Dom:

- non ho comunque intenzione di andarci, ma cosa le hai risposto?

Elyse:

- Non le ho scritto niente, aspettavo di sentirti anche se le avrei voluto dire di smettere di cercarti, è davvero tornata a Londra per parlarti?

Dom:

- No, era qui per una partita di basket e ieri ci siamo incontrate ma poi sono scappata

Elyse:

- e non me lo hai detto????

Ignoro la sua domanda e continuo imperterrita

Dom:

- dille che non ci sarò

Elyse :

- perché no? Da come vi siete lasciate credo che dovreste chiarirvi

Dom:

- Ma hai appena detto che deve smettere di cercarmi

Elyse:

- si è vero ma tu hai appena detto che non ti ha cercato lei ma vi siete incontrate... vorrà pur dire qualcosa no?

No che non vuol dire qualcosa.
Metto via il telefono scocciata ed entro sotto la doccia e anche se leggo un altro messaggio in cui mi chiede perché tu hai scritto a lei invece che a me non rispondo perché non ho voglia di dirle che ti bloccata, inizierebbe col farmi mille domande e non sono dell'umore.
Non voglio parlare di te perché finirei con il perdonarti e pensare di essere stata io quella ad aver sbagliato e inevitabilmente ciò mi condurrebbe di nuovo da te e non posso permettermelo.
Quando stavo con te non ragionavo lucidamente e anche se ti amavo non ero mai serena.
C'era sempre un ostacolo che ci impediva di stare insieme, questo sì che vuol dire qualcosa.
Ancora intenzionata a dimenticarti e pensare ad altro inizio ad insaponarmi i capelli ma presto mi rendo conto che il mio viso non è bagnato dall'acqua della doccia ma dalle mie lacrime.
Sbatto un pugno contro la parete e chiudo l'acqua, non è possibile che ogni volta che ci sei tu di mezzo io provo queste cose.
Sentimenti troppo contrastanti, odio, affetto per ciò che è stato, rancore...sono troppe cose insieme.
Forse Elyse ha ragione, dovremmo chiarire, d'altronde anche io con te non mi sono comportata per niente bene l'ultima volta che ci siamo viste e anzi mi sono pentita per tutti i giorni di averti lasciato lì in quel letto di ospedale ma ormai è passata.
Ed era davvero l'unico modo per andare oltre, cosa che tu continuavi a ripetermi di fare.

[ 10 mesi prima]

Corro a rotta di collo verso l'ospedale, tutto quello che adesso so è che è grave e ti devono operare d'urgenza.
Mi cadono le chiavi di casa ma non mi fermo a raccogliere, adesso ci sei solo tu.
Entro nell'edificio e mi faccio dire dove ti trovi, appena arrivo davanti alla tua stanza ti vedo sul letto.
Alcuni medici si stanno già occupando di te e da quel poco che riesco a vedere c'è molto sangue e la tua gamba giace in una posizione scomposta.
Non sono un parente e quindi non mi possono dare nessun tipo di informazione anche se continuo a chiedere a tutti con le lacrime agli occhi.
Mi dicono solo che hai avuto un incidente, nient'altro.
Non so quante ore passo nella sala d'attesa con le mani sulla testa e sguardo rivolto verso un punto indefinito a pregare anche se non sono mai stata credente.
Penso al peggio perché in questo momento non ci sei tu con me a rendermi positiva, potresti morire, potrei non vederti più, e le ultime parole che potrei averti detto sarebbero state di andartene.
Ad un certo punto mi accorgo di avere il viso asciutto, ho consumato tutte le mie lacrime e gli occhi mi bruciano.
Non so quanto tempo è passato ma fuori il sole è ormai alto e una debole luce primaverile investe la sala.
Un medico che ho torturato tutta la sera facendogli continue domande sulle tue condizioni deve probabilmente aver avuto pietà di me perché si avvicina e mi inizia a parlare.
<È stabile, l'intervento è andato bene>
Ed ecco che tornano le lacrime, ma questa volta sono di felicità
<Cos'era successo?> Domando fra i singhiozzi
Lui si guarda un po' attorno e con aria indecisa mi dice tutto d'un fiato <ha avuto un incidente, pare sia stata investita, in totale una gamba rotta qualche livido e due costole incrinate ma almeno non hanno perforato nessun organo che era la cosa che temevamo>
Sgrano gli occhi, vorrei sapere come sia possibile che tu a tarda notte venissi investita, se scopro che è stato Ray...
<Posso entrare?> Lo imploro
<Non potrebbe signor...>
<La prego> sussurro
Lui continua a guardare a destra e sinistra poi finalmente mi fa cenno di entrare
<Faccia veloce però>
Lo ringrazio un'infinità di volte e apro la porta, sei ancora stesa nel letto e non è la prima volta che ti vedo distesa in un ospedale con un camice azzurro, solo che in precedenza stavamo solo recitando.
Mi avvicino e subito porto una mano alla bocca vedendo in che condizioni sei.
Hai un gesso alla gamba e lividi ovunque, sul fianco destro c'è una grossa cicatrice dove ti hanno operata e la tua guancia è rossa e si intravede un livido bluastro.
Mi siedo sulla poltrona posizionata vicino al tuo letto e ti accarezzo i capelli, subito apri gli occhi a quel contatto e sorridi appena mi riconosci.
Hai rischiato di morire e mi stai sorridendo solo perché mi trovo qui.
<Dom> sussurri con voce roca e io non avendo le parole ti ricambio il sorriso.
Entra in fretta un medico e si rivolge a te <abbiamo chiamato suo marito e non lo abbiamo trovato, sa per caso dove si trova?>
Appena parla di Ray ti lascio la mano e noto una profonda tristezza nel tuo sguardo.
<No> rispondi
Lui si avvicina e continua a parlarti <dovremmo avvertire la polizia se è stato lui...>
<Non è stato lui, non ha fatto nulla> affermi decisa e a queste parole rimango a bocca aperta.
Lo stai difendendo, ti ha quasi uccisa e lo stai difendendo, il medico esce e ci lascia nuovamente sole.
Noti la mia espressione e subito vuoi rimediare <non è colpa sua questo incidente, non stavo guardando la strada>
<Sono andata a casa tua, l'ho visto> ti rispondo dura <so cosa ti ha fatto, me lo ha detto>
Mi guardi confusa e poi ti torna ancora un sorriso <perché eri a casa mia?>
E allora mi torna in mente il motivo per cui sono venuta in Canada.
<Volevo dirti addio per sempre>
Qualsiasi traccia di una parvenza di felicità scompare in te
<Perché?> Chiedi con voce tremante
<C'è bisogno di chiederlo? Anche dopo che lo stai difendendo?>
<Non è stato lui> continui imperterrita
<Lui mi ha solo colpito il viso>
Fisso il livido che hai all'altezza dello zigomo e mi assale una profonda delusione
<Perché non lo denunci?>
<Cambierebbe le cose?>
Rimango immobile a guardarti, non credevo fossi così debole eppure lo sei.
Anche se mi fa male e ogni briciolo della mia anima non vorrebbe farlo mi alzo dalla sedia e mi dirigo verso la porta.
<Dove vai?> Urli in preda alla disperazione.
<Via> non voglio piangere davanti a te, voglio essere decisa e determinata, voglio andare avanti e finire questa storia una volta per tutte.
<Ti amo> mi sussurri <e non cambierà mai, questo lo sai vero?>
Prendo la maniglia e la spingo, esco e allora non trattengo più niente, ancora fiumi di lacrime e singhiozzi si manifestano, mi allontano dall'ospedale con ancora le tue ultime parole che galleggiano nell'aria con il rimpianto di non avertela dette anche io.

Mercoledì sera Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora