Capitolo ventisei.

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N.A. LA STORIA NON E' MIA IO MI LIMITO SOLO A PUBBLICARLA.

Ice on fire

capitolo 26





«Aprila tu!»
Spinsi di nuovo la busta verso Liam, coprendomi gli occhi con le mani.
«Non posso, devi farlo tu!»
Lui la fece scivolare nuovamente sul tavolo, facendola arrivare direttamente sotto i miei occhi. Andavamo avanti in quel modo da circa venti minuti ormai e non pensavamo di smettere. Eravamo a casa mia, io, lui e Aria. Chester seduto sulle scale che seguiva animatamente con la testa la busta che oscillava da me a Liam. Dentro c'era il mio futuro, la risposta a tutto quello in cui avevo creduto sin da piccola. Era come una bacchetta magica che poteva realizzare i miei desideri, ma non avevo nessuna garanzia. La fata turchina non esisteva.
«Dateci un taglio! - sbottò Aria – Prima o poi dobbiamo aprirla!»
Guardai Liam dalle piccole fessure che si creavano tra un dito e l'altro e lo vidi con le braccia conserte. Sapeva che non ne avevo il coraggio e sarei rimasta a fissare quella busta bianca per tutto il giorno.
«D'accordo, - disse infine lui – lo faccio io.»
Prese la busta tra le mani e prima di aprirla la osservò.
Spessa, se sei stata ammessa.
Piatta, meglio non pensarci.
Liam la aprì, tirò fuori una manciata di fogli e iniziò a leggere. Buon segno, pensai.
«Signorina Hanna Tomlinson, - sentivo le mani sudare – abbiamo preso in considerazione la sua domanda e le comunichiamo che..»
«Cazzo vuoi darti una mossa? - sbottò Aria – Sto sudando!»
Liam lanciò un'occhiataccia ad Aria e poi riprese.
«..che l'Istituto Europeo di Design di Milano è lieta di garantirle una borsa di studio per il suo primo anno accademico.»
Mi alzai dalla sedia – che cadde rumorosamente a terra – e saltai tra le braccia di Liam, che mi sollevò e mi fece volteggiare. Aria si unì al momento, saltellandoci intorno, insieme a Chester, che continuava ad abbaiare senza capire il motivo di tanta felicità.
«Hai visto Hanna, - disse Liam – siamo stati tutti accontentati.»
«Vorrei tanto poter venire in Italia con voi due..» 
Disse tristemente Aria, guardandoci.
Io ero stata appena accettata all'accademia di moda a Milano e Liam sarebbe andato a Bologna a studiare Medicina. Aria invece aveva scelto Oxford, e questo ci avrebbe separato per tanti mesi.
«Ci vedremo più spesso che possiamo, - la rassicurai – e poi pensa a quanto shopping italiano potremo fare.»
Tornò a sorridere e io la abbracciai.
Dopo tutti questi anni di scuola, di disavventure, di cose passate insieme, mi sarebbe mancata come l'aria. Era l'amica migliore che avessi potuto trovare e lasciarla per così tanto tempo, mi spezzava il cuore.
«Vi consola il vecchio Liam.»
Liam si avvicinò e ci strinse in un abbraccio così profondo e sincero da sentire i brividi fin sulla punta dei piedi. I miei amici. La mia seconda famiglia. Sembrava tutto così perfetto..
«Corro a dirlo a Louis.» sciolsi l'abbraccio e corsi di sopra, seguita da Chester.
Presi il telefono sul comodino, ma istintivamente le mie dita composero un altro numero. Sapevo bene che quello non era il numero di mio fratello. Lui era in Spagna. Il prefisso era quello sbagliato, Hanna. Lo sapevo bene, ma non riuscii a fermarmi. Schiacciai quel tasto verde tremando e appena portai il telefono all'orecchio, mi sentii quasi morire. Seduta sul letto sentivo gli squilli che diventavano infiniti ed ebbi l'istinto di riattaccare, fin quando..
Pronto?
Il cuore in gola.
Non sentivo quella voce, la sua voce, da settimane.
Pronto? Chi parla?
“Sono io Harry, sono Hanna. Sono quell'idiota che hai abbandonato per l'ennesima volta e che ancora pensa che si possa recuperare qualcosa. Non ti chiamo affinchè tu torni, ti chiamo solo per dirti che sto bene, che finalmente sono in pace e che me ne andrò in Italia a rifarmi una vita. Ti chiamo per dirti che sto bene anche senza di te, anche se le mie lenzuola hanno il tuo profumo, anche se vedo il tuo cane ogni giorno in giro per casa, anche se continuo a lasciarti l'ultimo sorso di latte perchè sono convinta che abbia un gusto diverso e a te piaceva berlo per me, anche se continuo a fissare casa tua dalla mia finestra, anche se vorrei scappare di casa, anche se continuo a tenere la tua fascia nella mia borsa, anche se ho ancora la tua foto sul mio comodino, io sto bene.”
Avrei voluto dirgli tutto questo e invece non riuscii a dire niente e rimasi in silenzio. E lui smise di domandare chi fosse al telefono perchè capii e rimase anche lui ad ascoltare quel silenzio pieno di mille parole, il silenzio più rumoroso di tutti, fin quando chiusi la telefonata prima che potesse dire il mio nome.
«Hai fatto?» 
Liam sbucò sulla porta, sorridendomi.
«C'era la segreteria, - mentii – lo chiamerò più tardi.»
«Stai bene?» mi chiese Liam, cingendomi le spalle con un braccio.
«Si.» risposi decisa, per poi ricevere un bacio in fronte.
Stava andando tutto come avevo sempre desiderato. Avrei lasciato Bristol per trasferirmi in Italia, a Milano. La città della moda, la città dove avrei realizzato la mia linea, i miei sogni. Stava andando tutto come avevo sempre desiderato. Stava andando tutto come avevo sempre desiderato. O almeno credevo.


Sentivo i raggi del sole sul viso, caldi e delicati. Un venticello fresco rinfrescava l'aria nella mia stanza che iniziava a farsi afosa per via dell'inizio dell'estate. Peccato che a Bristol non era mai estate con il sole, era sempre estate con la pioggia. Ma non solo la stanza era calda, sentivo ansimare qualcosa sulla mia faccia, fastidiosamente. Aprii gli occhi e trovai la lingua penzolante di Chester sul mio viso ed ebbi il tempo di capire che giorno era: 23 Maggio. 
«Tanti auguri!» 
Mia madre entrò entusiasta nella stanza con un pasticcino in mano e seguita da mio padre. Notai una piccola candelina su quello che doveva essere un Brownie venuto male, mia mamma non era un genio della cucina.
«Oh no!» 
Portai un cuscino sulla faccia, cercando di scacciare quella visione nauseante. Odiavo il giorno del mio compleanno, quell'anno particolarmente.
«Una bimba oggi compie 19 anni.»
Sentii mia madre farsi spazio sul mio letto e la zampa di Chester sfondarmi quasi lo stomaco.
«Proprio per questo non sono più una bambina.» borbottai.
«Una volta adoravi il giorno del tuo compleanno.» mi fece notare mio padre.
«Parliamo dell'età della pipì a letto, papà.»
Uscii dal mio buco e mia madre mi piazzò il pasticcino davanti, con l'espressione eccitata.
«Contenti?» dissi, soffiandoci sopra.
«Avanti non fare la scorbutica..» disse mio padre.
«..c'è una sorpresa per te sotto.» continuò mia madre.
«Non ho bisogno di altri pannolini.»
Chester mi seguì al piano di sotto e io non feci caso a ciò che trovavo, fin quando non mi accorsi di una bionda, arruffata, sul divano. Non poteva essere..
«Louis?»
Non appena pronunciai quel nome, la sua testa si voltò di scatto e lasciò spazio ai suoi grandi occhi chiari e al suo sorriso che mi ricordava casa. 
«Buon compleanno sorellina!»
Mi lanciai tra le sue braccia, stringendolo più che potevo. Era dimagrito dall'ultima volta che l'avevo visto, ma era sempre il mio fratellone.
«Che ci fai qui?» gli chiesi, una volta sciolto l'abbraccio.
«Papà ha pensato che avessi bisogno di tuo fratello.»
Mi sorrise e io gli sorrisi in risposta.
Avevano messo da parte tutto l'orgoglio che avevano dentro per me. 
«E quanto resti?»
«Fin quando vorrà.»
Louis non fece in tempo a rispondere che mio padre lo anticipò dalle scale.
Lui alzò la testa per guardarlo e io mi voltai, ringraziandolo con un sorriso.
«Allora, - ripresi – com'è la Spagna?»
«Molto.. - ci pensò su, cingendomi con un braccio – spagnola!»
Parlammo quasi per tutta la mattina e con tutto quello che raccontava provai una voglia matta di tornarmene in Spagna con lui, lontano da tutti. Il lavoro gli piaceva e gli permetteva di conoscere parecchia gente, tra cui diverse modelle. Aveva un piccolo appartamento in centro, due tartarughe, un coinquilino un po' strambo e per il momento nessuna nuova ragazza. Mi raccontò di quando una volta trovò Peter, il suo coinquilino,  nudo in giro per casa. Diceva che si sentiva più a suo agio e che, tenere le parti intime all'aria aperta, facesse bene alla salute. Sembrava un tipo simpatico, strambo, ma simpatico. E Louis raccontava questi particolari con il sorriso sulla faccia, con gli occhi luccicanti. Aveva trovato il suo posto.  Sembrava essere stati distanti una vita e mia madre ne fu così tanto emozionata che ci preparò montagne di frittelle, accompagnate con sciroppo d'acero. Iniziò a fare amicizia con Chester, riprese a parlare con mio padre e per tutto il pomeriggio rimase ad avvolgermi con le sue braccia sul divano. Mi sentivo sempre piccola tra le sue braccia, e mai così protetta, eccetto con una persona. 
«Cosa pensi di dire ad Aria?» gli chiesi, fissando il mio armadio che mi sembrava così fastidiosamente vuoto.
«Vuole ancora uccidermi vero?»
«No, - dissi – vorrebbe solo staccarti la testa a morsi.»
Lo sentii sorridere alle mie spalle, sdraiato sul letto mentre giocherellava con quello stupidissimo cubo di Rubik.
Dovevo scegliere qualcosa da mettere perchè aveva deciso di portarmi a cena per il mio compleanno. Niente di speciale, pensavo, eppure c'era sotto qualcosa.
«Dove hai detto che andiamo?» gli chiesi, salendo in macchina.
«In un locale qui vicino.» rispose, vagamente.
Salii in macchina senza fare più domande, fissando le mie gambe ancora troppo grasse per i miei gusti. Alla fine avevo optato per una tutina nera, a pantaloncini e scollata sulla schiena. Non era niente di eccessivo, ma comunque fine. Guardai le luci dei lampioni illuminare la strada e i ragazzi parlottare fuori dai locali. Chissà che fine avrebbero fatto tutti quanti, chissà che fine avremo fatto tutti noi. E chissà che fine avresti fatto tu, amore mio. Così lontano, così distante da me. Chissà se sei riuscito a trovare tuo padre, chissà dove sei, cosa stai facendo e con chi stai dormendo. Chissà se anche tu stai pensando a me.
«Arrivati.»
Louis accostò la macchina e, presa come ero dei miei pensieri, non mi accorsi neanche di essere arrivata al molo. 
«Se sapevo che mi avresti portata a pescare avrei messo gli stivali di gomma.» scherzai.
Mio fratello mi fece una smorfia e mi guidò lungo il molo, portandomi dentro un locale buio.
«Ma dove ca..» 
Non ebbi il tempo di finire la frase che i miei amici sbucarono dal nulla, illuminati dalla luce, urlando quell'odioso SORPRESA, che stranamente mi fece emozionare. Li guardai ad uno a uno, con gli occhi lucidi. Liam mi abbracciò, sussurrando un: pensavi ci fossimo dimenticati vero? In realtà lo speravo. Aria era quasi più emozionata di me, ma il suo entusiasmo si placò non appena vide Louis. Rimasero a fissarsi per qualche secondo, poi uno dei due si decise a salutare per primo l'altro. Non morì nessuno, grazie al cielo. Era venuta anche Melissa, Niall e.. Zayn.
«Buon compleanno!» mi disse, avvicinandosi.
Io gli sorrisi, sentendo un imbarazzo incontrollabile crescere sempre di più dentro di me, e ci fu un silenzio fin troppo lungo.
«Pensi che prima o poi riusciremo a comportarci come prima?» mi chiese lui, sovrastando la musica che iniziava a pompare nelle casse.
«Certo, - risposi incerta – perchè non dovrebbe?»
In realtà non lo so perchè provavamo tutto quell'imbarazzo. Io e Zayn eravamo sempre stati schietti l'uno con l'altro e non c'erano mai stata silenzi perchè erano colmati o da sue battute idiote o dai miei insulti. Un rapporto simpatico, insomma.
«Come stai?» mi chiese, stringendosi nelle spalle.
Non feci in tempo a rispondere perchè Aria mi afferrò dal braccio, portandomi dalla parte opposta. Io gli lanciai uno sguardo di rammarico e lui cercò di capire, facendo spallucce. Aria mi trascinò in un angolo, confidandomi tutte le sue preoccupazioni. In realtà non aveva mai dimenticato Louis, ma forse il problema era che mio fratello aveva dimenticato lei. So benissimo che non si può dimenticare una persona, quindi forse è meglio dire che Louis è andato avanti ed ha voltato pagina. Ma la mia amica non riusciva a mandarlo giù e mi dispiaceva vederla così, ma non potevo proprio schierarmi dalla parte di nessuno. Così rimasi ad ascoltarla in silenzio, fissando Zayn dall'altro lato della sala che parlottava con Rebecca Johnson. Che odio. La Cheerleader più odiosa del mondo. Perchè mai è venuta poi?
«Che succede tra te e Zayn?» 
Aria mi lasciò al bancone del cibo e io rimasi in disparte, fin quando mio fratello non si avvicinò.
«Che vuoi dire?» sbottai, facendo finta di niente.
«Non credere che sia nato ieri, - insistì – ho visto come vi comportate.»
«Forse potrebbe essere successo qualcosa, ma non è niente di importante.»
Cambiai obiettivo e mi diressi verso il tavolo dei cocktail.
«Spiega questo 'qualcosa'.» continuò Louis, seguendomi.
«Ci siamo baciati, d'accordo?» non riuscii più a trattenermi.
«Cavolo! - disse mio fratello – Credo di aver vinto una scommessa.»
Lo guardai mentre si lanciava piccole noccioline nella bocca e mi ricordai di quel periodo in cui era convinto che tra me e Zayn prima o poi sarebbe successo qualcosa.
«Non era niente Louis.» tagliai corto, cercando di seminarlo.
«Non è vero! - mi inseguì – Sennò perchè staresti così?»
Sbuffai e mi voltai di nuovo per guardarlo, mettendo le braccia conserte.
«Meriti di essere di nuovo felice Hanna, - disse tornando serio – vedila come una possibilità.»
«Non tornerò a essere felice con il suo migliore amico.»
«Non credo che tu gli debba più qualcosa.»
Lo guardai, sotterrando l'ascia di guerra. Forse aveva ragione. Forse dovevo provare a essere di nuovo felice, con qualcuno che mi volesse veramente bene, ma.. Zayn? Forse poteva essere una possibilità, un'occasione. Mi porsi in avanti, tuffandomi tra le braccia di Louis.
«Grazie per essere qui.» sussurrai.
Lui mi accarezzò i capelli e mi strinse, quanto più poteva.
«Puoi farmi un favore? - gli chiesi, sciogliendo l'abbraccio – Vai a parlare con Aria.»
Lui mi guardò per un attimo e poi acconsentì, tristemente. Io non riuscii a dire altro perchè sentii il telefono vibrare nella tasca dei pantaloni.
«Mi raccomando con Zayn.» mi urlò Louis, indietreggiando.
Io gli sorrisi e poi lessi 'Anonimo' sul display. Decisi di uscire fuori dal locale e poi risposi.
«Pronto?»
Silenzio. Il silenzio più assoluto.
«C'è qualcuno? Pronto?»
Chiesi ancora. E poi capii. Non era qualcuno, era lui. Sentivo il suo sospiro, il silenzio troppo rumoroso che ci divideva. Un silenzio fatto di mille parole e di nessuna. Un silenzio assordante, lo stesso di qualche giorno fa. 
«Harry..» sussurrai.
Buon compleanno Hanna, avrei voluto sentire.
Mi manchi, magari.
Ma sentii solo un silenzio immenso, e dopo qualche minuto la chiamata si chiuse. Rimasi a fissare lo schermo del mio cellulare, lì sul molo, con le onde che sbattevano sui pali di legno. In quel momento ero un palo. Immobile, con le onde che mi colpivano, furiose e possenti. E invece delle onde io sentivo gli aghi, pungermi su tutto il corpo. Diedi un'occhiata alla luna e la vidi in alto nel cielo, grande e luminosa. 
«Buonanotte Harry.» sussurrai.
Mi voltai per tornare dentro, ma sbattei contro qualcuno che passava di lì.
«Mi scusi!» urlai, vedendo la cassetta contenente del pesce cadere rumorosamente a terra.
«Forse dobbiamo smetterla di incontrarci così.» disse lo sconosciuto.
Alzai la testa per guardarlo e trovai un viso con una grossa cicatrice che tagliava quasi in due la faccia. Cercai di sforzarmi, ma non riuscii a ricordare dove lo avessi già visto. Mi faceva solo molta paura.
«Mi scusi non credo di ric..»
«Sono David, - disse – e tu devi essere Hanna.»
David. Ma certo, David! Ma come si era procurato quella cicatrice?
«Ho avuto un grosso incidente purtroppo.» mi spiegò, mentre rimetteva tutti i pesci nella cassetta.
«Mi dispiace, - dissi – e ti sei trasferito qui a Bristol?»
«Si, una volta ci abitavo e così ho deciso di tornarci, - rispose – e ho trovato lavoro in un peschereccio.»
Gli sorrisi, a disagio.
«Tu cosa fai qui?» mi chiese, rimettendosi in piedi.
«I miei amici mi hanno organizzato una festa a sorpresa per il mio compleanno.»
«Tanti auguri allora, - disse – buona serata Hanna.»
Lo salutai con un cenno della mano e lo vidi percorrere il molo. C'era qualcosa di strano in quel tipo ed era troppo affettuoso nei miei confronti. Forse erano semplici film mentali e forse dovrei lasciar perdere e andare a divertirmi alla mia festa di compleanno, anche dopo aver sentito il sospiro di Harry, lontano chissà dove..
 

{spazio me}

Oramai siamo agli sgoccioli, altri quattro capitoli e la storia si sarà conclusa, ma non temete, la scrittrice ha già pubblicato un sequel e al momento si trova a 18/19 capitoli, se volete posso chiedere il permesso all'autrice di pubblicare anche quest' ultimo qui su wattpad.

Ricordatevi che, se volete, mandandomi un messaggio, potete chiedermi di pubblicizzare la vostra storia.

Al prossimo capitolo.

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