"Sei sicura che sia qui?" chiese Percy rigirandosi la sua penna-spada fra le mani. Annabeth gli lanciò un'occhiataccia.
"A meno che tu non abbia una Vista più sviluppata di Rachel, del che io dubito, lasciala fare". Percy le obbedì, palesemente a disagio.
E come dargli torto?
Giada si guardò attorno. A quanto pare l'ingresso più vicino era una discoteca sperduta nel mezzo del nulla, un giochetto in teoria, ma era stato difficile, anche con l'aiuto dei figli di Ecate, allontanare una sessantina di teenagers per metà ubriachi e per metà strafatti, rifilando a ciascuno una spiegazione plausibile laddove la Foschia poteva far poco.
Rachel si diresse spedita verso il piano bar, superandolo con un salto e spalancando una porta di legno. Il Δ di Dedalo brillò di azzurro di fronte agli occhi dei semidei.
"Ci siamo. Giada e Hazel, avanti con me. Gli altri dietro". Giada iniziò a giocherellare con il proprio guanto e avanzò in mezzo a due ali di semidei.
Appena oltrepassarono la porta l'odore di chiuso li prese alla gola. "Ma da quanto non arieggiano il locale?" borbottò Annabeth fra i colpi di tosse, seguendo Giada dentro lo scantinato.
Rachel non rispose, limitandosi ad avanzare in quello che sembrava un normale sgabuzzino fino alla parete opposta alla porta da cui erano entrati. Un altro Δ brillò, e l'oracolo fece un cenno ad Hazel.
"Chiameresti Falco?". "Al volo". Un ragazzo si fece spazio fra i semidei: aveva un fisico da far invidia a qualunque wrestler professionista, e di sicuro la canotta attillata che indossava non faceva niente per nasconderlo, ma la cosa che saltava di più all'occhio erano i capelli, bruni alla radice e raccolti in un'improbabile cresta dalle punte colorate di rosso.
Giada si sporse verso Hazel. "Falco, eh?". "Lascia stare, è un caso perso". Giada si morse il labbro per evitare di sorridere, mentre una sensazione di amara nostalgia le stringeva lo stomaco.
Quanto mi rimane? Quanto ancora potrò scherzare con loro prima che si dimentichino di me?
Falco si fece scroccare le nocche, tirò un pugno sulla parete e il muro venne giù senza sforzo. Dal gruppo di semidei arrivò qualche fischio e qualche risolino da parte delle ragazze, mentre Falco gonfiava il petto.
Giada si sporse di nuovo verso Hazel. "Ma il muro esattamente di cos'era fatto?". "Cemento".
Per poco non le andò di traverso la saliva. "E lui...". "Figlio di Ares con discendenze da Vulcano. Discendenza oserei dire... focosa e nerboruta".
Senza ulteriori indugi i semidei si addentrarono nel Labirinto.
Passarono più o meno cinque minuti, poi Rachel alzò la testa di scatto. "Correte. Adesso". La galleria dietro di loro tremò, mentre enormi spuntoni di basalto spaccavano i muri di pietra e chiudevano il passaggio alle loro spalle.
Annabeth sguainò la spada. "VIA, TUTTI!". Rachel li guidò per mille e mille cunicoli, senza mai esitare. Dopo un tempo indefinito si fermò di fronte a un bivio. "Giada, Hazel, ho bisogno di voi".
Le due si fecero avanti. "Riconosci i passaggi, Giada?". La ragazza con i capelli rossi fece un cenno verso una galleria che piegava verso l'alto. "Hanno preso questa, riconosco i segni di lancia sul soffitto. E vedete questa scanalatura sulla parete?". "Ma la galleria a sinistra non scende troppo?" chiese Annabeth. Hazel si fece avanti. "Ci penso io".
Posò una mano sul terreno di fronte alla galleria discendente, e Giada percepì chiaramente un rumore simile a quello di un terremoto. Lentamente la galleria si mosse e iniziò a salire.
Dopo qualche secondo Hazel tolse la mano dal terreno, e Rachel dovette sorreggerla e porgerle una borraccia d'acqua. "Haz?" chiese Percy avvicinandosi. "Tutto okay?". "Solo un po' di emicrania. Il Labirinto non è facile da controllare. Adesso muoviamoci".
Continuarono ad andare avanti per i corridoi, evitando gallerie e preferendone altre; incontrarono un paio di trappole che i figli di Ermes disattivarono, ma nessun mostro, anche se più di una volta ne sentirono i versi attraverso le pareti.
"Dobbiamo arrivare prima di loro" continuava a borbottare Giada stringendo convulsamente la propria spada.
Dopo quelle che sembrarono ore Rachel si fermò davanti a una parete apparentemente uguale alle altre. La ragazza con i capelli rossi scostò qualche rampicante, mostrando una porta di bronzo celeste al di sotto. A Giada si rizzarono i capelli in testa.
"Rachel, stai indietro. L'avanguardia davanti, arcieri dietro". I semidei si disposero a cuneo (unica formazione che sembravano in grado di tenere in modo decente), e Giada si avvicinò alla porta. Sferrò un calcio e la luce del giorno ferì loro gli occhi come una lama.
Dopo qualche secondo di cecità, la ragazza si affacciò fuori, e quello che vide la congelò sul posto.
Di fronte a loro, schierato a mezzaluna, c'era l'esercito di Melinoe. E di fronte all'esercito, vestita con l'armatura completa e con una lancia in mano, c'era sua madre.
Giada sentì un groppo in gola, che si sciolse in puro terrore quando sua madre alzò un braccio.
"Eliminateli tutti!".
Boooom colpo di scena!
No, non sono morta, ma è stato un periodo difficile e molto denso di cose da fare. Spero che non abbiate smesso di leggere tutti e mi scuso per il ritardo di... tipo cinque mesi?
Comunque, sappiate che non manca moltissimo alla fine. E che ho già iniziato a scrivere un sequel!
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Figlia di Thanatos
FanfictionGiada vive in un vicolo di Manhattan, dentro una scatola di cartone. Sua madre è morta, suo padre non l'ha mai vista. L'unica cosa familiare a Giada è la morte. Ha solo 15 anni e ha visto più morte di molti uomini adulti. Sarà l'incontro con Nico, u...