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«Cold, as you turn off the lights and memories start floating around, you're doubting yourself and you're tired of not being strong, it hurts to be all on your own, but you'll just have to wait cause time's running fast and it calms you to know it won't last.»

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Macclesfield, Regno Unito. Settembre 2020

Daisy's P.O.V.

Vi capita mai di ritrovarvi in piedi davanti ad uno specchio, osservare il vostro riflesso, e di punto in bianco scoppiare a piangere? Magari senza un motivo ben preciso, o magari perché, in realtà, di motivi ce ne sono fin troppi.

È una sensazione terribile, che fa paura, sentirsi vuoti intendo, ma allo stesso tempo completamente sopraffatti.
Quel costante senso di impotenza impossibile da spiegare, quasi come se non avessimo il controllo del nostro corpo, della nostra mente, quasi come se ci ritrovassimo a dover gestire un macchinario, senza però aver mai ricevuto il libretto delle istruzioni.
Fa paura perché per la maggior parte del tempo ci si sente come rinchiusi in gabbia, una gabbia da cui non si può fuggire, una gabbia che noi stessi abbiamo costruito, una gabbia che si fa man mano più stretta, ogni giorno sempre di più.
E sì, forse ci ripetiamo che per uscirne ce la stiamo mettendo tutta, che stiamo facendo del nostro meglio, ma poi, alla fine, è davvero così?

Sono giunta alla conclusione che, per quanto cerchi di credere che io stia facendo tutto il possibile per stare meglio, la realtà dei fatti è che sono la prima a mettermi i bastoni fra le ruote, un po' come se fosse un autosabotaggio, per intenderci.
E la cosa peggiore è non avere la più pallida idea di come smettere, di come cambiare le cose, di come lasciarsi aiutare.
Perché quando chi ti sta intorno percepisce il tuo stato d'animo e non sa come esserti d'aiuto, vedere il male che i tuoi problemi causano non fa che peggiorare la situazione, allora cominci a chiuderti in te stessa, perché infondo, gli altri hanno già abbastanza problemi, perché aggiungere anche il peso dei tuoi?

Posso cavarmela da sola.

La mia adolescenza non è stata esattamente tutta rose e fiori, ma neppure lo schifo più totale.
Quando avevo sette anni mia mamma si ammalò di cancro e anziché aiutarla, anziché starle vicino, mio padre sparì completamente dalla circolazione abbandonando entrambe, così ci ritrovammo ad affrontare tutto da sole, ed io a crescere, forse, più in fretta del dovuto.
Fortunatamente mia mamma guarì dopo un calvario durato cinque anni, e sul serio, eccetto che per l'abbandono di mio padre, non mi è mai mancato nulla, mai.
Per qualche ragione, però, tutto quel che ho vissuto mi ha portata ed essere ancor più timida e riservata di quanto già non fossi, rendendomi così impossibile farmi delle amicizie reali, e portandomi ad avere una totale mancanza di fiducia nel genere maschile.
E lo so, generalizzare è quel che di più sbagliato possa esserci, soprattutto in una situazione del genere, ma quando mio padre ci ha abbandonate ero soltanto una bambina, e le conseguenze sono state inevitabili.

Data la mia tendenza ad isolarmi, ho cominciato a pensare di essere sbagliata, a sentirmi spesso fuori luogo, e giorno dopo giorno sentivo il respiro farsi sempre più corto.
Durante i cinque anni in cui mia mamma è passata da un ospedale all'altro, sottoponendosi ad interventi e terapie varie, mi sono sentita estremamente sola, con il peso del mondo sulle spalle e poca forza per trasportarlo, e la paura di perderla fece letteralmente precipitare la situazione.
È così che a causa dell'abbandono mio padre, della malattia di mia madre, della mia tendenza ad isolarmi e del costante terrore di cosa potesse accadere in futuro, mi sono ritrovata ad essere in terapia da uno psicologo con la diagnosi di ansia e depressione a soli dieci anni.
Inutile dire che da lì in poi, le cose non hanno fatto che peggiorare, dallo psicologo sono passata allo psichiatra e dopo poco ho duvuto cominciare una terapia farmacologica.

Mia mamma era estremamente preoccupata per me, ero diversa, apatica, non stavo vivendo.
Rendendomi conto di quanto la mia depressione la stesse distruggendo, decisi di nascondermi, di fingere con tutti, di mostrarmi felice ai suoi occhi, perché non meritava altre sofferenze, non meritava più nessuna preoccupazione, e sarò sincera, per qualche anno ha anche funzionato.
All'età di tredici anni, però, entrai in un tunnel buio chiamato autolesionismo, un po' perché pensavo di meritare una punizione per ogni pensiero sbagliato, per ogni problema che creavo, ma in particolar modo perché il non provare più nulla, che fosse gioia o tristezza, rabbia o sconforto, mi stava logorando, e farmi del male, sanguinare, paradossalmente mi dava sollievo, perché mi faceva provare dolore, ed era l'unica sensazione che riuscissi a provare, l'unica sensazione che mi facesse ricordare di essere ancora viva.

Quando poi, poco prima dei miei diciassette anni, mia madre conobbe Hank, l'uomo con cui soltanto un anno dopo si sarebbe sposata, io mi sentii piombare in basso, fino a toccare il fondo, cosa che tra l'altro, credevo di aver già fatto, ma evidentemente non era così.
Non fraintendetemi, ero felice per mia mamma, felicissima, ma per quanto Hank cercasse di essere carino, io non riuscivo a fidarmi, non riuscivo a sopportarlo ed è così ancora tutt'oggi.
Insomma, il suo voler essere presente, le sue ramanzine, le sue lezioni di vita: lui non era, non è e non sarà mai mio padre, non ne ha alcun diritto.
In più il suo arrivo ha portato la distanza creatasi tra me e mia mamma a crescere, finché un giorno, stanca di tutto e di tutti, stanca di dover esistere fingendo di vivere, stanca delle mie paranoie, dell'ansia, della depressione, di nascondermi, dei miei pensieri negativi, decisi che l'avrei fatta finita, decisi che mi sarei tolta di mezzo una volta per tutte e avrei reso la vita più semplice a tutti, perché alla fine non ero altro che un peso, per gli altri e per me stessa.

E così, il 31 dicembre 2018, mentre in soggiorno festeggiavano per l'arrivo dell'anno nuovo, io mi ritrovai per l'ennesima volta in piedi davanti a quel dannatissimo specchio, e per l'ennesima volta scoppiai a piangere, decidendo però, che quella sarebbe stata l'ultima volta, che non avrei mai più sofferto.
Ricordo che d'istinto afferrai un paio di forbici affilate dal ripiano in basso, neppure le guardai, le spalancai completamente, impugnai la lama e la conficcai nel mio polso, trascinandola verticalmente verso il basso.

E sarei riuscita nel mio intento, ci sarei riuscita se un urlo di dolore non avesse abbandonato le mie labbra allarmando mia madre nonostante la musica, nonostante i festeggiamenti.
La sentii correre al piano di sopra urlando il mio nome, e pregai di morire dissanguata prima che aprisse la porta del bagno, ma così non fu, e il mio tentato suicidio fu un fallimento.

Quel giorno tutto quel che per anni le avevo tenuto nascosto venne a galla, e mi ritrovai in una clinica psichiatrica.
Da lì in poi ho dovuto seguire un lento percorso di ripresa e una volta fuori dalla clinica mi sono letteralmente ritrovata a vivere sotto una campana di vetro, con mia mamma ed Hank a farmi da guardie, a controllare ogni mio singolo movimento, così decisi che avrei provato a riprendere in mano la mia vita, per me e per loro.

Cominciai a lavorare, come commessa la mattina, come barista il pomeriggio e da un po', ogni sera, mi esibisco in un piccolo pub dove suono la chitarra e canto, di certo non sono un fenomeno, un talento innato, ma è una passione che ho sempre avuto e allo stesso modo trascurato, ma che ora come ora, mi permette di avere un guadagno extra e di esprimere quel che sento.
Insomma, non ho un attimo libero, e anche se l'ansia e la depressione non accennano ad abbandonarmi, perlomeno non ho il tempo materiale per farmi del male.

Mia mamma ed Hank sono più tranquilli e alla fine, questo è quel che conta.
Ma per quanto potrò andare avanti così? Per quanto potrò fingere di star bene evitando un confronto con me stessa, con il mio futuro?

spazio autrice

Eccoci con il primo capitolo! ❤️
Lo so, è un po' pesante, ma era necessario per introdurvi a quella che sarà la storia, per farvi avere un quadro più o meno completo della situazione.
Cosa ne pensate? Lasciate una stellina e commentate se vi va, fatemi sapere la vostra opinione, ci tengo sempre tantissimo, comincerò ad aggiornare a novembre.

All my love. G

Golden [h.s.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora