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Il suono della radio sintonizzata su una stazione casuale invadeva l'abitacolo dando a quel viaggio una parvenza di normalità. Nessuna delle due aveva ancora fiatato da quando erano salite in macchina, non c'è n'era bisogno, entrambe avevano i medesimi pensieri.

I giorni precedenti erano passati lentamente "la calma prima della tempesta" è questo che stava pensando Macarena mentre guardava la pioggia fine bagnare l'asfalto, il piede tamburellava da ormai diversi minuti segno che non riusciva a rilassarsi. Zulema alla guida sembrava apparentemente più tranquilla, ma le sue mani strette sullo sterzo facevano trasparire tutta la sua concentrazione, niente sarebbe dovuto andare storto.

Entrambe sapevano bene cosa dovevano fare. Il loro mandante, Youseff, aveva studiato a lungo la famiglia dei Sinaloa. Per mesi i suoi uomini avevano monitorato tutti gli spostamenti del capo famiglia, ne avevano studiato le abitudini e i protocolli del cartello in casi di emergenza.

Nonostante tutto sarebbe bastato solamente un passo falso per fare andare tutto in fumo. Zulema lo sapeva bene, altrimenti Youseff non avrebbe mandato loro "In questi casi la possibilità di prendersi una pallottola in testa é alta" pensó mentre il piede premeva sull'acceleratore.

Le due donne si stavano dirigendo nel luogo dell'incontro, avevano già fatto un sopralluogo due giorni prima, si trattava di una strada poco trafficata fuori Madrid. Ogni lunedì mattina infatti il loro uomo, Felipe Sinaloa, lasciava la sua villa alle 8.00 in punto per dirigersi in un capannone abbandonato a 40km di distanza dove si incontrava con i suoi sottoposti, l'incontro non durava mai più di un ora, o almeno così gli era stato riferito.

Durante il tragitto Felipe Sinaloa era sempre scortato da due macchine, per un totale di dodici uomini armati fino ai denti, quattro per ogni veicolo. Si potrebbe pensare che non é il massimo attaccarli in quel frangente, ma é proprio il contrario: paradossalmente quello era il momento in cui Sinaloa era più scoperto.

Inoltre non si era mai recato ad un incontro con i membri del cartello senza il suo Rolex Daytona, probabilmente era un modo per dimostrare la propria autorità, ed effettivamente chi avrebbe potuto biasimarlo era l'unico al mondo ad avere al polso un orologio da quindici milioni.

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"Arrivate" sibilò Zulema tirando il freno a mano, erano appostate su un rettilineo deserto, una sola corsia. La macchina fornitagli da Joseff era nascosta da un sottopassaggio.      Maca si guardò intorno con aria diffidente, non restava che aspettare, non ci sarebbe voluto ancora molto.

Con la radio spenta nell'abitacolo faceva da padrone un silenzio assordante, anche la pioggia aveva cessato di picchiettare insistentemente sul cruscotto della macchina.

La tensione era palpabile, lo scorpione si voltò verso Macarena facendole segno di scendere dall'auto, la bionda  controlló per l'ultima volta che le armi fossero cariche, aveva ripetuto quel gesto sei volte solo nell'ultima ora. Sospirò scendendo dalla macchina e affiancando la sua socia che sembrava molto più rilassata di lei.

"Hanno svoltato ora all'incrocio, Sinaloa é nella seconda macchina come previsto, due minuti e sono da voi" Le parole dell'uomo di Joseff appostato qualche chilometro prima riusuonarono nelle orecchie dell'araba.

"Iniziano i giochi" annunciò sfilandosi le cuffiette dalle orecchie con un gesto rapido della mano, Maca la guardò caricando l'arma che teneva stretta nella destra, Zulema le sorrise.

Poi non ci fu più tempo per pensare, in lontananza comparsero i tre BMW neri, sfrecciavano nella loro direzione a tutta velocità "Quanta fretta di morire" si lasciò sfuggire Zulema mentre un sorriso sfacciato le si dipingeva sul volto.

Attesa. Lo scorpione trattenne il fiato mentre una scintilla le illuminava lo sguardo, era solo questioni di secondi.

Maca fece un passo indietro, poi successe tutto in un attimo.

"A terra!" Gridò l'araba rivolto alla donna alle sue spalle mentre le si lanciava sopra per farle da scudo umano.

Si sentì un forte boato, l'aria circostante tremò. La prima macchina bruciava. L'inferno era iniziato.

Anche alla macchina che chiudeva la fila era stata destinata la stessa sorte, una carica di esplosivo l'aveva fatta saltare in area nello stesso istante in cui il fottuto elfo dell'inferno aveva premuto un pulsante del telecomando che aveva tra le mani.

L'unica macchina che era stata risparmiata era proprio quella di Sinaloa. Quel figlio di puttana non poteva saltare in area altrimenti con lui si sarebbero volatizzati anche quindici milioni.

Maca tirò su il capo frastornata, le orecchie le fischiavano a causa dell'onda d'urto. Subito il suo pensiero fu rivolto a Zulema che si era lanciata davanti a lei per proteggerla.

L'aria era densa di fumo scuro e il fischio delle ruote della macchina di Sinaloa che inchiodavano risuonava lungo tutta la via.

"Stai bene?" Si chiesero all'unisono voltandosi l'una verso l'altra. Quella domanda fu anche la loro risposta, non serviva altro, un secondo dopo stavano già sparando a raffica contro l'unica auto rimasta ancora integra. Nessuno sarebbe dovuto uscirne vivo, questi erano gli ordini. A quanto pare Jouseff era interessato anche a prendersi gli affari di Sinaloa. E a Zulema non dispiaceva affatto, con Felipe Sinaloa e molti suoi uomini morti nessuno avrebbe saputo che erano state loro le artefici di quella strage.

L'autista fu il primo ad essere colpito in pieno petto mentre ancora cercava di sfoderare la pistola dalla fondina, mente gli altri tre uomini erano scesi dalla macchina e avevano iniziato a fare fuoco nei loro confronti.

Erano tre contro due e nessuno sembrava aver intenzione di cedere. "La pagherete" riangheggió il grido grutturale di Felipe Sinaloa, subito seguito da una raffica di colpi. Le due socie erano ancora nascoste dietro il muro del sottopassaggio mente i tre uomini si coprivano dai colpi facendosi scudo con la loro macchina, non avevano colpi infiniti però.

"Coprimi!" Le ordinò Maca uscendo dal nascondiglio sparando con entrambe le mani, Zulema non se lo fece ripetere due volte.

In un attimo si trovarono al centro della carreggiata, tra una pioggia di proiettili, prive di paura. Zulema riuscì a colpire uno dei tre uomini che in pochi secondi si accasciò a terra in una pozza di sangue. Accanto a lei Maca non fu da meno e colpì in piena fronte l'ultimo uomo di Sinaloa rimasto.

I suoi occhi spalancati però le restarono impressi qualche secondo in più del dovuto, vide il corpo del suo avversario accasciarsi sull'asfalto umido, ormai privo di vita, quella vita che lei stessa aveva strappato.

Pochi secondi che rovinarono tutto, tre colpi uno dietro l'altro.

La bocca della bionda si spalancò, barcollò all'indietro di pochi passi, poi cadde.

Tre colpi in pieno petto. Quello che sarebbe potuto andare storto era appena successo.

Zulema e Macarena SRLDove le storie prendono vita. Scoprilo ora