Il sesso in macchina non l'aveva mai entusiasmanta: i movimenti erano limitati, la fantasia molto spesso assente e le possibilità di risvegliarsi la mattina dopo con un paio di lividi sparsi sul corpo non era per niente remota. Nonostante ciò preferiva che avvenisse così, non amava infilarsi tra le lenzuola di perfetti sconosciuti, le sembrava troppo intimo come gesto. Questi erano i pensieri di Macarena mentre rientrava nel locale, l'uomo accanto a lei aveva un sorriso a trentasei denti stampato sul volto, "bhe, almeno uno dei due è soddisfatto" pensò, portandosi un dito all'angolo della bocca per assicurarsi di non essere sporca.
"Dove vai?" chiese il moro sorridente.
"Al guardaroba, grazie per la serata"
"Non ti trattieni un altro po'? È presto" domandò con gentilezza "Forse non sai che fanno il Mojito più buono di tutta la Spagna qui" insistette il ragazzo.
"Mi puoi ricordare come ti chiami?" chiese Macarena velocemente, troppo perché il suo cervello, ancora annebbiato dall'alcool, potesse rendersi conto in tempo della domanda fuori luogo che stava facendo.
"Javier" si apprestò a rispondere lui, a sua volta imbarazzato al pensiero che la donna di cui aveva urlato il nome pochi minuti prima non ricordasse il suo.
"Scusa, ho davvero una pessima memoria con i nomi" si giustificò Maca, con le guance leggermente tinte di rosso "Che Mojito sia allora" aggiunse per spezzare la tensione.
Un sorriso ricomparve immediatamente sul volto di Javier, che dopo averle lasciato un lieve bacio sul dorso della mano, sparì tra la folla.Maca guardò le spalle del ragazzo allontanarsi e non riuscì a trattenere un piccolo sbuffo, non sapeva bene nemmeno lei di cosa si stesse lamentando ma era certa che un valido motivo, se ci avesse pensato su a dovere, l'avrebbe trovato: Javier era di ottima compagnia, gentile, divertente e anche il sesso non era stato così male... però c'era qualcosa che mancava. Qualcosa con i lineamenti arabi probabilmente.
La tregua concessa alla bionda non durò a lungo, giusto il tempo di un paio di canzoni, poi il ragazzo tornò porgendole il tanto atteso Mojito.
Bastarono pochi sorsi per far si che l'alcool riprendesse a scorrerle nelle vene, dandole nuova linfa vitale, nuova energia per rivolgere le sue attenzioni al moro che già aveva ripreso ad ammiccarle sensuale."È la donna del proprietario del locale" una voce fuori campo interruppe le chiacchiere dei due ragazzi e li portò a voltarsi nella direzione della donna che aveva pronunciato quelle parole.
"Si, tu giovanotto hai sentito bene è la donna di Iker Delgrado"Javier sbiancò all'istante e indietreggiò di un paio di passi: aveva assistito molte volte a pestaggi furiosi ordinati da Delgrado per motivazioni molto meno consistenti, si guardò intorno circospetto, come se avesse il terrore che chiunque in quella stanza stesse fissando loro.
"Io...Io n-non ho fatto niente" si giustificò portando le mani in aria per dare maggiore enfasi alla sua parole."Patetico" pensarono all'unisono le due donne guardando il moro in piena crisi di panico. Javier non perse altro tempo, poco gli interessava di apparire codardo, così dopo inutili convenevoli si dileguò tra la massa di gente.
Maca, che non aveva parlato fino a quel momento perché troppo impegnata a mettere a fuoco tutta quella situazione, riprese l'uso della voce "Che cosa ci fai qui?" domandò in un urlo isterico, che riuscì a sovrastare il suono della musica senza alcun problema.
Zulema se ne stava lì, davanti a lei, le braccia incrociate e i lineamenti del volto resi ancora più cupi dalle luci scure del locale, ma non parlava, né con la voce né con gli occhi, che erano freddi, distanti, coperti da una patina troppa spessa di odio perché Macarena potesse leggerci dentro.
D'un tratto quel contatto visivo fu interrotto, Zulema afferrò il braccio della bionda come si affererebbe una bestia da macello, senza delicatezza, senza gentilezza alcuna. A niente servirono i tentativi di rivolta di Macarena che si trovò velocemente scaraventata in un bagno freddo e asettico. Solo a quel punto la presa sul suo braccio cessò permettendole di allontanarsi dell'araba, che nel frattempo stava già dando la seconda mandata alla porta del bagno.
"Come diavolo fai ad avere le chiavi del bagno!" Urlò Macarena fuori di sé.
"Ti hanno mai detto che una pistola è più persuadente di un distintivo, Rubia?"
"E a te hanno mai detto che non è con la forza che si ottiene quello che si vuole" ringhiò acida Macarena.
"Ah no? A me sembra proprio di si" rispose Zulema alzando un sopracciglio, come ad indicarle che voleva che lei fosse lì in quel momento e lei era lì in quel momento.
"Ma si può sapere chi pensi di essere? Pensi che con un tuo schiocco di dita il mondo cambi traiettoria? Sei davvero così convinta di avere il controllo sulla vita di chiunque ti stia intorno? Se credi che io resti qui ad ascoltare anche solo una delle tue parole ti sbagli di grosso, e sai perché?" Macarena fece un altro passo verso di lei, abbassando di un'ottava il tono di voce "Perché non sono mai stata il tuo burattino e mai lo sarò, forse è l'ora che il concetto entri in quella fottuta testa malata che ti ritrovi. Mentre tu sei e resterai per sempre solo una stronza manipolatrice, anafettiva, egocentrica ed egoista" la guardò disgustata, per poi calcare maggiormente le ultime tre parole "Sei marcia dentro!"
Zulema incassò il colpo come solo il migliore dei pugili riuscirebbe a fare, dal suo viso non trasparì il minimo sentimento, poco importava che avesse dovuto stringere i denti per riuscire a trattenersi, ora era il suo momento di attaccare. Così fece un passo avanti, annullando i pochi centimetri che la bionda aveva lasciato tra i loro corpi.
"E fuori? Fuori come sono?" le chiese con tono basso, vibrante come le corde di un violino."Come dentro" scandì ancora una volta Macarena.
Questa volta non solo Zulema non riuscì a trattenersi, ma non ci provò nemmeno: fu un attimo prima che il palmo della sua mano si scaraventasse sulla pelle lattea della bionda.
Data la potenza Macarena barcollò all'indietro, ma non si fece minimamente intimorire: le parole, i gesti mancati, l'assenza riuscivano ancora a ferirla, ma la violenza fisica non la scalfifa più da molto, moltissimo tempo. Così, mentre il sangue del suo labbro spaccato le riempiva la bocca, scaraventò sul volto impunito dell'araba lo schiaffò più forte che avesse mai tirato in vita sua.
La testa di Zulema si inclinò sulla destra, gli occhi si chiusero come per metabolizzare tutto quel dolore, ma quando riportò la testa in posizione retta un ghigno le illuminava il volto. Se voleva la guerra, la guerra avrebbe avuto.
Zulema strinse il pugno, pronta a scagliarsi sul quel volto tanto angelico che la bionda si ritrovava, ma il suo colpo non arrivò alla meta: Macarena riuscì prima a schivarlo e poi ad immobilizzarle il braccio. Se una cosa le avevano insegnato gli incontri di box in carcere era proprio a parare i colpi.
Zulema che fino a pochi attimi prima aveva creduto di aver rinchiuso un agnellino nella gabbia del leone, si rese conto che di leonesse in quel bagno c'è ne erano due: aveva sottovalutato il suo avversario, e ora si trovava schiacciata ad una parete con la guancia che le pulsava. Avrebbe avuto la forza di ribellarsi, ma non lo fece, preferì fare qualcosa di ancora più imprevedibile, così con uno slancio quasi felino si impadronì delle labbra di Macarena, facendole sue ancora una volta dopo tanto, troppo tempo.
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Zulema e Macarena SRL
ActionZulema e Macarena hanno deciso di ricominciare a vivere, però a modo loro. Cosa accadrà quando le due decideranno di costituire una SRL criminale? "Siamo pezzi imperfetti ma leghiamo lo stesso."