꧁Capitolo 1 - Parte seconda꧂

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William arrivò a casa poco prima delle quindici. Nel cercare di aprire la porta si accorse che la serratura era bloccata. "Di nuovo?" Sbuffò, irritato. Con passo spedito andò a quella sul retro; la chiave girò senza alcuno sforzo.

Dentro regnava il silenzio assoluto e così doveva essere. Si lasciò cadere sul divano dopo aver depositato lo zaino a terra ed essersi aperto la felpa. Accese la televisione da trentadue pollici, ma finì per guardarla distrattamente; il suono della pioggia era più rilassante. Socchiuse gli occhi e tornò a pensare agli eventi accaduti durante il giorno. Aveva forse sbagliato ad intervenire, quella mattinata? Gli venne da ridere, sentendosi stupido per essersi posto una simile domanda e si portò una mano al viso, coprendo gli occhi. "Non ho fatto nulla di male, anzi, la punizione se la meritavano anche tutti gli studenti presenti a filmare e a osservare Samuele venir trattato in quel modo."

Rimase per un lasso indefinito di tempo a poltrire sul morbido divano in cuoio grigio. Venne risvegliato dalla dormiveglia nel sentire il forte borbottio dello stomaco. Affamato, si alzò dopo una lunga stiracchiata. Nel breve percorso tra salotto e cucina iniziò a canticchiare il ritornello di "Inside of me", suonata dai Vamps. Quanto coraggio aveva accumulato quel giorno per riuscire ad intervenire contro il perfido trio che tanto temeva? Era stato preso di mira da quei ragazzi in Seconda ma fino ad allora, seppur non avesse subito violenze fisiche, era stato quotidianamente sottoposto a quelle verbali già dai tempi delle scuole medie. Rimanendo preda delle sue paure, aveva perso quel briciolo di fiducia che nutriva verso l'altro, tra cui gli adulti, colpevoli anch'essi nell'ignorare i fatti.

Sbadigliò e si appoggiò al tavolo della cucina, la frangia che ricadeva perpendicolare alla superficie in legno al di sotto. Un pensiero improvviso lo fece sobbalzare. Se un giorno quei tre attaccabrighe avessero cercato di creargli dei danni inguaribili? Se questi, solo perché si fossero sentiti annoiati, senza più idee per divertirsi, se li si fosse trovato davanti addirittura armati? Più ci pensava, più le paranoie lo perseguitavano. Una piccola soluzione inquietante ma affascinante si insinuò in lui: se fosse stato lui a fare del male a loro irreversibilmente, allora questi probabilmente, traumatizzati, l'avrebbero evitato e chi lo sa, forse non avrebbero più dato fastidio a nessuno. Sorrise e alzò lo sguardo, immaginandosi la scena, ma un nuovo brivido lo riscosse. "Davvero mi metto a pensare a cose del genere? Andiamo, devo solo sopportarli per pochi mesi... Dopo il diploma non li rivedrò più."

Scrollatosi di dosso quella sensazione spiacevole, tornò a dedicarsi al suo stomaco protestante. Recuperò gli ingredienti necessari per prepararsi un sandwich, ma finì per procurarsi un sottile taglio al pollice sinistro in un attimo di distrazione. «Ahia!» Fece un balzo all'indietro, lasciando cadere il coltello che, con un tintinnio e un piccolo rimbalzo, si stese sullo scuro ripiano. Abbassò lo sguardo, la fronte corrugata. Fortunatamente la ferita non era profonda e nemmeno vasta. «Diamine, che cretino...» Borbottò.

Nell'avviarsi di fretta al piano superiore, dove avrebbe potuto procurarsi il disinfettante, venne bloccato dal suono del campanello. «Arrivo subito!» urlò. Senza soffermarsi a identificare l'ospite, aprì la porta. Per sfortuna o per destino, i suoi timori divennero realtà. Matteo era seguito dai suoi due compari, un sorriso beffardo gli riempiva il viso. William tentò istintivamente di chiudere la porta ma l'altro la bloccò con un piede, spalancandola senza troppa forza.

«Guarda un po', qui a casa tutto tranquillo, dopo averla scampata per l'ennesima volta.»

William raccolse un po' di coraggio. «Scampata?» ridacchiò. «Potevate evitarvi la sospensione e il lavoro da fare, ma il vostro caratteraccio vi impedisce di comportarvi in maniera sensata.» Cercò di mantenere il tono fermo, ma non nascose un leggero tremitio.

Matteo lo ignorò. «Spostati.» E gli diede uno spintone facendosi strada, entrando in casa senza ricevere il permesso; i due amici rimasero sull'uscio della porta. Violazione di domicilio? Può darsi, pensò William. Scrutando con poco interesse il salotto, l'intruso emise un lungo fischio. «Bella casetta. Piuttosto, che ti sei fatto al dito?» lo accennò con un colpo di mento nella sua direzione.

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