Erano passate settimane dalla fuga di suo figlio e ancora non aveva ricevuto nessun contatto da lui. Caterina, ogni sera prima di coricarsi, pregava ogni dio da lei conosciuto chiedendo di farlo tornare indietro e di proteggerlo. Le indagini non erano proseguite nel frattempo, ma le accuse di Camilleri erano state dichiarate false e infondate. Nonostante ciò suo figlio era considerato un ricercato a causa del rapimento di Luca e dell'improvvisa scomparsa dei tre suoi compagni di classe.
Per Caterina era un'impresa pressoché impossibile accettare quella verità; non voleva e non poteva crederci. Aveva sempre educato bene suo figlio, gli aveva insegnato sin da piccolo a comportarsi in maniera corretta con gli altri e a rispettarli, dandogli sempre tutto l'amore che una madre poteva dare al suo unico figlio. Come avrebbe potuto rapire un ragazzino e tre coetanei? Che movente avrebbe avuto per arrivare a compiere dei gesti di tale portata? Ma soprattutto, che fine aveva fatto ora?
Maria le era sempre stata vicino e aveva continuato ad ospitarla per non lasciarla sola. La ringraziava molto per questo, perché se la solitudine fosse stata la sua unica compagna allora sarebbe caduta in un vortice di disperazione tremendo.
I contatti con la polizia si erano fatti rari; se non erano loro a chiamarla lei non riusciva a mettersi in contatto e, per quante volte fosse andata direttamente alla centrale, nessuno era intenzionato a darle informazioni. Era certa che le stessero nascondendo qualcosa, nonostante le rassicurazioni dell'amica. Bonacci l'aveva contattata pochi minuti prima per chiederle di presentarsi al suo ufficio quando poteva e, insieme a Maria, era intenta a prepararsi. Quando aveva letto il numero di cellulare della chiamata in ricevimento il suo cuore aveva perso un battito e ora non vedeva l'ora di raggiungere quella piccola centrale. Caterina optò per una semplice camicia pesante di cotone bianco e un paio di jeans grigi, scarpe dello stesso colore e un giubbotto nero abbinato a una sciarpa, mentre Maria indossava un abito formale grigio e scarpe nere con tacchi bassi.
Salirono sulla Clio rossa dell'amica e partirono. Il viaggio durò solo pochi minuti, ma il silenzio teso continuato per tutta la sua durata diede loro l'impressione che la distanza tra casa e stazione di polizia fosse stata di qualche chilometro in più del previsto. Parcheggiarono lungo il marciapiede di fronte all'edificio, dietro a una grossa Mercedes GLC Trecento bianco perla.
«Strano.» Fu Maria a rompere il silenzio. «Di solito gli impiegati hanno un parcheggio sul retro.»
«E quindi? Ti da fastidio la presenza di altre persone intente a risolvere i loro problemi?» Chiese lei con nervosismo.
«No, no... Ho solo un brutto presentimento. Sai del "sesto senso", no?» Le sorrise con aria divertita e Caterina non poté non sorridere a sua volta, più per riflesso.
Entrarono nell'edificio in cemento e vetro, l'aria emanata dall'impianto di riscaldamento avvolse le due donne piacevolmente come un caldo abbraccio di benvenuto. L'ufficio del commissario si trovava al secondo piano. Lo ritrovarono chiuso, la porta in legno così lucida da far riflettere la luce del sole proveniente da una grande finestra a una decina di metri di distanza, sul lato opposto. Maria bussò.
«Avanti.» Fece Bonacci.
Le due entrarono. Il comandante era seduto sul bordo della sedia dietro alla grande scrivania in legno scuro, stracolma di documenti e fogli vari. Teneva in mano un'agenda in cuoio marrone che sfogliava lentamente, la fronte aggrottata. «Prego, sedetevi.» Bonacci indicò le sedie, richiudendo e abbassando successivamente l'agenda. «Ascoltatemi attentamente. Innanzitutto volevo chiedervi perdono per avervi lasciato così a lungo senza informazioni. Riguardo al vostro caso, non ho nulla di nuovo da aggiungere» Fissò lo sguardo su Caterina. «Voglio comunque assicurarle che suo figlio sta bene.»
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Quantum Gods: Multiverse collapse
Fantasy꧁ 𝐼𝑛 𝑢𝑛 𝑢𝑛𝑖𝑣𝑒𝑟𝑠𝑜 𝑖𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑝𝑎𝑟𝑒 𝑠𝑒𝑔𝑢𝑖𝑟𝑒 𝑟𝑒𝑔𝑜𝑙𝑒 𝑓𝑒𝑟𝑟𝑒𝑒 𝑒 𝑙𝑜𝑔𝑖𝑐ℎ𝑒, 𝑖𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑙'𝑖𝑚𝑝𝑜𝑠𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒 𝑒 𝑙'𝑖𝑟𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑟𝑒𝑠𝑡𝑎𝑛𝑜 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑙𝑖𝑐𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑖�...