Si svegliò di soprassalto, la vista annebbiata. La debole luce dell'alba filtrava dalla finestra insieme alla fredda brezza mattutina. Rabbrividì.
William si sedette faticosamente, le gambe indolenzite. "Che ore sono... è mattina?" Guardò all'esterno, l'espressione confusa. Sentì uno strano fastidio alla mano, ma una volta abbassato lo sguardo urlò e saltò, rischiando di cadere dal letto. Un grosso ragno aveva tentato di arrampicarsi sul suo braccio; dopo esserselo scrollato di dosso, sollevò il cuscino alzando una nuvola di polvere per poi schiacciarlo, aumentando così la quantità di pulviscolo nell'aria. Iniziando a tossire a causa della gola irritata, si recò alla finestra aperta per respirare un po' di aria fresca.
Osservò meglio la camera. Le uniche fonti di luce artificiale erano due lampade dall'asta centrale in metallo scuro e il paralume bianco, poggiate sui corrispettivi comodini ai lati del letto, anch'essi bianchi con rifiniture oro. Quest'ultimo, a mezza piazza, possedeva una testiera ricamata in legno dipinto di bianco e una pediera dello stesso colore, le coperte grigie in contrasto. A completare la camera era posato, contro la parete di fronte, un grosso armadio abbinato, semplice ma imponente, semiaperto; gli venne un brivido nel notare le ragnatele al suo interno e, a passi svelti, uscì in corridoio.
Aveva la sensazione di aver fatto, durante la notte, un lungo e particolare sogno, ma al momento non riusciva a ricordare. Qualcosa in lui gli diceva che era importante, che avrebbe dovuto rammentare, ma decise di accantonare la sensazione. Se così fosse stato allora gli sarebbe tornato in mente, prima o poi.
La bestia dentro di lui sembrava ancora assopita e pensò che sarebbe stato meglio affrontarla con le energie al massimo. La realtà, violenta come uno schiaffo, tornò in quel momento nel conscio del ragazzo. Si paralizzò, lo sguardo perso nel vuoto. Il sonno lo aveva portato, probabilmente, in un mondo dove tutto ciò che aveva vissuto non esisteva, lenendo le ferite che si portava appresso. Non ricordava cosa aveva sognato, ma non gli sarebbe dispiaciuto in quel momento svanire nuovamente per rifugiarsi in un nuovo universo immaginario, lontano da quella pesante e soffocante verità, dalla consapevolezza di ciò che aveva commesso.
Il volto sofferente di Cesira gli comparve improvvisamente davanti agli occhi. Se era stato in grado di superare quel limite invalicabile, che separava l'umanità dalla disumanità, allora c'era la possibilità che, in un futuro prossimo, avrebbe commesso una simile azione su altre persone, ignare del tipo di pericolo che avrebbero fronteggiato. Una voce nella sua testa lo accusava in continuazione, ricordandogli dettagliatamente gli atti brutali commessi. Sentì il terrore aggiungersi a quella pressione insopportabile e in un impeto di disperazione tirò un violento pugno alla parete di fronte. Il dolore si propagò lungo il braccio, diffondendosi fino al torace, distraendolo per poco da quello emotivo. Come poteva andare avanti con quel vortice devastante dentro di sé, che non gli dava pace e minacciava continuamente di fargli perdere il controllo? Si ritrovò a terra, la schiena appoggiata al muro, sommerso dalle lacrime. Era tutto troppo per lui, in quel momento.
Nella tasca aveva ancora qualche moneta, ma non conoscendo il luogo in cui si trovava dovette ricorrere nuovamente al cellulare. La mappa gli mostrava che a cinquecento metri di distanza erano aperti una serie di bar lungo la via solitamente frequentata dagli studenti che si dirigevano alla scuola lì vicina. Erano quasi le otto ed era sicuro che si sarebbe trovato di fronte numerosi ragazzini a quell'ora, ma lo stomaco protestava rumorosamente e dovette arrendersi aad esso. Cosa avrebbe fatto una volta finito il denaro ancora non lo sapeva, ci avrebbe pensato più avanti.
Era solo grazie al suo buon autocontrollo che era riuscito a non cadere nella disperazione perché, ne era sicuro, se gli fosse mancata quella qualità allora mai si sarebbe ripreso dallo shock. Non che lo avesse già superato, certo, ma per ora era riuscito a non crollare. Una volta scoperta l'incognita che aleggiava su di lui allora sarebbe tornato e avrebbe confessato tutto alle autorità.
Mentre scendeva le scale un pensiero lo bloccò. Il sogno di quella notte riguardava il suo problema, ma in che modo e fino a che punto? Forse era collegato a quello fatto il giorno prima?
Uscì dall'edificio dopo essersi guardato intono; era solo. Iniziò a camminare, la testa bassa nascosta dal cappuccio. Non si accorse che, in lontananza, qualcuno lo osservava.
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Quantum Gods: Multiverse collapse
Fantasy꧁ 𝐼𝑛 𝑢𝑛 𝑢𝑛𝑖𝑣𝑒𝑟𝑠𝑜 𝑖𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑝𝑎𝑟𝑒 𝑠𝑒𝑔𝑢𝑖𝑟𝑒 𝑟𝑒𝑔𝑜𝑙𝑒 𝑓𝑒𝑟𝑟𝑒𝑒 𝑒 𝑙𝑜𝑔𝑖𝑐ℎ𝑒, 𝑖𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑙'𝑖𝑚𝑝𝑜𝑠𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒 𝑒 𝑙'𝑖𝑟𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑟𝑒𝑠𝑡𝑎𝑛𝑜 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑙𝑖𝑐𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑖𝑑𝑒𝑎𝑙𝑖�...