incontri fuori casa

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POV'S CHARLOTTE

Questo venerdì si prospetta molto movimentato ed io devo cercare in tutti i modi di non incontrare Evandro.
Dopo quello che è successo la notte del suo compleanno non ce la faccio a parlargli.

Non che fosse successo un gran che, in realtà, ma avevamo dormito insieme e il mattino dopo ero scappata senza neanche salutarlo.
È da quel giorno che non tocco cibo, troppo impegnata ad evitarlo per andare alla mensa e troppo impegnata a pensarlo per prepararmi la cena, così ho sgranocchiato solo qualcosina tra una lezione e l'altra.

Oggi, però, ho avuto tre ore di fila con lui, che non sembrava voler collaborare tra l'altro, e aveva tentato di parlarmi tutto il tempo. Per fortuna il professore di matematica l'aveva interrogato, facendomi sospirare di sollievo, e poi la professoressa di scienza aveva interrogato me, e mi sembrava di essere andata discretamente bene, e poi trattenuto lui, così avevo potuto fuggire via senza essere seguita.

Sono scappata subito negli spogliatoi a cambiarmi, dato che la mia prossima ora sarà educazione fisica, e dopo aver allacciato le scarpe, indosso il giubbino ed esco fuori con un libro, mentre l'aria pungente di fine ottobre mi martoria il viso pallido.

Mi siedo su una panchina, e mentre il mio stomaco brontola, inizio a leggere.
Non appena le prime persone iniziano a popolare il campo, deserto fino ad allora, ripongo il libro nello zaino e vado incontro a Luca, che saltella per riscaldarsi.

«Ciao» dico sorridendogli lievemente. Da quella sera al karaoke, prima dell'inizio della scuola, non avevamo più parlato, però almeno ci salutiamo.
«Ciao» dice lui sorridendo sghembo. È molto carino, ma il suo sorriso non ha lo stesso effetto di quello di Evandro «alla fine avevo ragione» aggiunge.
«Su cosa?» domando rabbrividendo un po' per il freddo un po' per la sua voce.
«Stai facendo soffrire Evandro» dice smettendo di saltellare e guardandomi negli occhi.

Arrossisco e abbasso in fretta lo sguardo, sentendomi quasi colpevole, così lui aggiunge: «Oggi pomeriggio vai a fare un giro in periferia» e se ne va.

Non lo rivedo per tutte e due le ore di allenamento, trascorse tra corsa, stretching e giochi di squadra, ma le sue parole non mi abbandonano mai.
Per tutto il viaggio di ritorno a casa penso al significato delle parole di Luca, ma non riesco proprio a capire. O forse non vorrei proprio capirle, perché sono consapevole del fatto che Evandro stia soffrendo a causa mia.

Casa mia è vuota, deserta, se escludiamo gli cani e gatti.
Papà è al lavoro e Jessica probabilmente è fuori con i bambini.
Lascio lo zaino sul tavolo ed apro svogliatamente il frigorifero, guardando con aria schifata tutto quel ben di dio cioccolatoso che vorrei mangiare, ma che devo assolutamente evitare.

Per distrarmi vado in camera e recupero da un cassetto la mia vecchia macchinetta fotografica.

Misa' che vado davvero a fare un giro in periferia
dico tra me e me recuperando il guinzaglio di Marley per portarci anche lui.

Non conosco bene la strada -diciamo pure che non la conosco per niente- ma basta infilarsi in una via secondaria e poi, suppongo, arriverei in periferia.

Esco di casa, prendo la prima viottola secondaria che trovo lungo la strada principale e dopo 400-500 metri una breccia va a sostituire l'asfalto mentre il sentiero diventa costeggiato da alberi immensi e di tanto in tanti scorro qualche villetta isolata.

Mi è sempre piaciuta la natura, mi da un senso di libertà inaudito come solo la danza hip hop è capace di darmi.
Amo tutto della natura e dei fenomeni naturali: il sole, la pioggia, il mare, i fiumi, i laghi, gli oceani immensi, le tempeste, la neve; tutto, ogni cosa.

Intonaco || Evandro Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora