buone notizie e pranzo dai Ciaccia

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-Ciao Auro!-
-Charlotte! Quanto mi manchi-
-Eh sì, anche tu mi manchi tantissimo-
-Però io ho una buona notizia: stanno organizzando uno scambio culturale con meta Roma-
-Davvero?! Non ci credo potremmo finalmente rivederci!-
-Meglio: se i tuoi accettano, la professoressa potrebbe convincere la preside a farmi stare da voi-
-Ahhhhhh non ci credo, è una notizia bellissima, e sono certa che i miei accetteranno!-
-Fammi sapere, mi raccomando. Ciao!-
-Ciao Auro!-

La conversazione migliore della mia vita.
La notizia più bella che mi è mai stata data per telefono.

Quando Jessica entra nella stanza, probabilmente preoccupata per le urla, io ancora non riesco a realizzare il tutto, sto tremando come una foglia e ho una voglia matta di abbracciarla.

«Tutto bene?» domanda lei quando nota il telefono che ancora ho tra le mani.
«Aurora potrebbe stare da noi?» domando tutto d'un fiato, non sapendo da dove iniziare.
«Eh?!» è la sua unica risposta, alzando il sopracciglio e scordandosi di chiudere la bocca.

Mi metto con pazienza e le spiegai del progetto, della preside e della possibilità che Auro possa stare da noi, e lei, con un gran sorriso, esclama: «Ma certo che sì! Ne parlerò con tuo padre, ma credo che andrà bene».

Ancora tutta eccitata, mi metto a saltellare sul letto, e per poco non cado quando Jessica dice: «Andiamo a pranzo da Carlo e Caterina, preparati».
«Perché?» domando quasi ribaltandomi dal letto per la sorpresa.
«Perché è domenica, e andiamo da loro» spiega mentre esce dalla stanza incasinata dove io sono ancora in pigiama.
Mi stendo sul letto, esausta, disperata, preoccupata, ma soprattutto ansiosa per tutto quello che è successo nell'ultimo periodo con Evandro.

Poi scendo dal letto e inizio a prepararmi.
Non voglio mettere nulla di speciale, perché questo sarà un giorno terribile, così alla fine prendo un jeans scuro, un maglioncino marrone a collo alto e gli stivali neri.
Mi pettino i capelli, mi mancano solo il cappotto e la borsa, e così mi metto a parlare e giocare con i miei fratelli mentre gli altri finiscono di vestirsi.

Grace è un angelo di bambina, mia sorella: si sveglia solo per mangiare, non piange, non da guai a Jessica ed è il cucciolo di casa, il più viziato anche da poppante.

Quando finiscono di prepararsi, corriamo in macchina e arriviamo subito alla villa.
È papà a suonare il campanello, perché Jessica ha Grace in braccio ed io non ne ho la minima intenzione, così entra lui per primo, e subito sparisce in cucina con Carlo.

Io, invece, seguo Jessica vicino ai fornelli, dove Caterina si diletta nella preparazione di qualcosa che emette un profumo fenomenale e sistemo la carrozzina di Grace.
«Charlotte, i ragazzi sono di sopra che si stanno preparando, se vuoi andare» dice sorridendomi allegramente.

Salgo le scale un po' incerta, e vedo appena Edoardo che esce dal bagno solo con un jeans indosso, i capelli tutti arruffati e due occhiaie profonde sul viso.

«Buongiorno! Evandro è nella sua camera» dice solamente entrando nella sua stanza.
Raggiungo l'ultima porta e provo a bussare invano, dato che Evandro, dall'interno, non da segni di vita.

Abbasso con cautela la maniglia e socchiudo leggermente la porta, per controllare se io possa entrare, e lo intravedo sdraiato sul letto, sopra le coperte che dorme.
Entro con un sorriso e mi avvicino al letto, sedendomi accanto a lui.

«Buongiorno» gli sussurro all'orecchio, facendolo sussultare.
«Cos'è, un sogno?» borbotta pizzicandomi un braccio scambiandolo per il proprio e mettendosi a sedere anche lui.
«No» rispondo io «è la realtà, e dovresti alzarti».
«Tu dici?» domanda guardandosi intorno e stiracchiandosi, per poi mettermi un braccio sul fianco, poi aggiunge, baciandomi la guancia: «buongiorno».

Arrossisco di colpo e mi allontano da lui, avvicinandomi alla porta, e dico: «tua madre sta preparando il pranzo, dovresti muoverti».
Lui inizia a ridere e si ributta sul letto, facendomi sentire un'idiota, tanto che mi avvicino e gli tiro un cuscino sulla faccia, sentendomi molto soddisfatta di me stessa.
Gli sorrido sadica, poi giro i tacchi e faccio per uscire definitivamente dalla sua camera, ma lui mi afferra i fianchi trascinandomi sul letto.

«Evandro» urlo colpendogli le mani per farmi lasciare, ma più lo faccio, più lui serra la presa.
«Wow sei... magrissima» dice girandomi verso di lui, intrecciando i nostri corpi in un modo... ehm... da evitare.
«E tu sei un bastardo!» esclamo iniziando a colpirlo con dei pugni leggeri sulla pancia, mentre lui si scansa, allontanando le nostre gambe.
«Io, un bastardo?!» domanda retorico bloccandomi i pugni nelle sue mani.

A questo punto è lui a sorridermi sadico, avvicinandosi mentre io indietreggio fino al bordo del letto, dove sono costretta a fermarmi per non finire a terra.
Lui, però, continua ad avvicinarsi fino a quando i nostri visi non sono ad un respiro di distanza.

Un millimetro ancora e ci baciamo.

Mi sono immobilizzata senza respirare, ad aspettare che lui almeno faccia qualcosa, ma è immobile anche lui, probabilmente per il mio stesso motivo.
Mi sta praticamente addosso, con tutto il busto spinto in avanti, mentre le mie gambe sono piegate e la parte superiore del mio corpo spinta indietro.

Sento il suo respiro sulle labbra e assaporo il profumo di cui è intrisa tutta la sua stanza: profumo di dopobarba, muschio e ambra, profumo di lui, profumo che vorrei avere sempre addosso.

Inizio a respirare anch'io, ma dato che mi manca moltissimo fiato lo faccio con la bocca aperta. Evandro si avvicina di pochissimo ma io finisco a terra con un tonfo sordo e rovinando il bellissimo momento.

«Va tutto... bene?» domanda Edo, sorridendo quando vede me a terra che mi massaggio la testa e il fratello steso sul letto che non sa se ridere o aiutarmi.
«Non ridete di me!» sbraito alzandomi, fintamente offesa, e raggiungendo finalmente la porta.
«Evandro, muoviti; noi iniziamo a scendere» dice Edo dandomi unno schiaffetto comprensivo.

Sarà una giornata molto difficile.
In compenso, però, Jessica e Caterina hanno unito le loro doti culinarie in un pranzetto veramente coi fiocchi, con tanto di dolce che Jessica si era esercitata a preparare a casa nostra.

Il primo è una semplice pasta asciutta all'italiana, con il ragù, ma è qualcosa di fenomenale.
Il secondo è, se possibile, ancora più buono, mentre il dolce, beh, quello non so.

«Prendine una fetta, ce n'è tanto» dice Caterina per tentare di convincermi ad ingurgitare quell'ammasso di pan di spagna, panna e il piccolo strato di cioccolata nel mezzo.

Rifiuto con un sorriso mezzo schifato e la mamma dice: «Lascia stare Caterina, non mangia mai torte».
«Beh, non sa cosa si perde!» esclama Evandro scippando dalle mani della madre la sua porzione di torta e facendo ridere tutti.

Lo osservo mentre mangia e mastica con foga quella bontà, le sue labbra che si schiudono ad ogni boccone come si sono schiuse sulla mia guancia, come si sono quasi schiuse sulle mie labbra ad Halloween e poco prima, nella sua stanza.

Saranno momenti difficili, oh sì.

Intonaco || Evandro Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora