12•Pictor•

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Ci sono momenti in cui devi necessariamente fermarti e capire se davvero la tua prossima mossa potrà essere giusta o meno.

Ci sono momenti in cui semplicemente devi capire se continuare o...mollare tutto.

Di nuovo.

Spalanco la porta della mia stanza e mi guardo furtivamente attorno.
Sono sola e questo è il mio momento.

Mi chiudo debolmente la porta alle spalle per non creare rumore e scappo fino a raggiungere il portone bianco già aperto, dove questa volta neanche il portiere mi trattiene con le sue solite chiacchiere.

Una volta fuori non mi resta che attuare l'ultima parte del piano: nascondermi nel retro fino a tempo indeterminato.

Tutto sarebbe andato a gonfie vele, se solo da dietro l'angolo con fosse sbucato Johnny con una sigaretta in bocca e un sorriso di chi non stava aspettando altro.

«Stai provando a scappare?» mi chiede dopo un'attenta analisi al mio portamento sconvolto

«E tu stai provando a fermarmi?» chiedo riassumendo tutta la mia forza.

«Io sto semplicemente fumando. Te l'ho già detto Lexie. Puoi perfettamente restare a casa e lasciarmi del tempo per leggere. Non sei obbligata a venire con me» dice facendo un passo verso il mio corpo mentre mi giro per poter raggiungere la mia macchina bianca

«Sai? Stavo giusto cercando te...» esterno mentendo palesemente

«Oh...certo! Ed io sono il figlio della regina Elisabetta» dice ridendo come se lo sapesse meglio di me ciò che avrei voluto fare. Una volta arrivati alla mia fiat 500, mi blocca il passo mettendomi una mano sulla spalla «Senti, prendiamo la mia»

«Perché?»

«Perché è l'uomo che guida» a questa affermazione però lo guardo alzando le sopracciglia mentre creo una smorfia di disapprovazione

«Fammi capire, hai paura di una donna al volante?»

«No.»

«Temi che io possa correre troppo per i tuoi gusti o farti sbattere con la testa nel vetro? Ammetto che se volessi potrei farlo benissimo anche senza accelerare»

«No! Sono solo un tipo all'antica. E come tale, in macchina guido io.» dice già avviandosi verso la sua

«D'accordo, allora guidi tu, ma non avrai lo stesso privilegio nello scegliere la musica.» esterno raggiungendolo con uno scatto. «Ora ridammi il diario»

«Ho detto che te lo avrei ridato, ma non ho detto quando!» esclama sadicamente guardandomi dall'alto

«Cosa?» chiedo stridula fermandomi ancora, si gira, mi guarda, lo guardo, e ride, ride tanto ed io mi perdo.

Mi perdo ancora.
***
Dopo una lunga discussione si è optato per "Bavette's Bar & Boeuf" un posticino tranquillo nella parte nord di Chicago, l'atmosfera è molto accogliente, la luce è bassa e le voci poche; dopo aver scelto il tavolo più vicino alla parete con infiniti quadri di diverse dimensioni e nello stesso tempo più lontano dagli occhi altrui, un cameriere viene a servirci così che dopo circa 1 ora e mezza, abbiamo già il terzo piatto sotto il naso.

«Se non hai fame puoi darmi anche il tuo» gli dico muovendo una mano così che possa decidere di darmelo anche se ciò non avviene

«Vedo il tuo stomaco chiedere pietà da qui.» commenta scherzando facendomi sorridere ma non mollare

«Lascia stare, tu non puoi capire»

«Mangi sempre così tanto?»

«Sempre. Quando sono nervosa lo faccio sempre. Quando devo superare una rottura, mangio. Mangio dopo aver litigato o dopo aver ricevuto un rifiuto. Semplicemente mangio.» alzo lo sguardo solo per poter incontrare il suo «Quando il mio ex fidanzato mi ha lasciato, avevo deciso seriamente di ingrassare. Si...sai, pelle e grasso, grasso, grasso ovunque. Pensavo solo a mangiare. Avrei avuto modo di uscire in tv senza aver fatto altro oltre che mangiare. Sarebbe stato bello» mi fermo per riderci su con lui «In effetti più che altro è una specie di barriera, sai...un muro che serve per allontanarmi dal mondo esterno. A volte ciò che si trova fuori di te è una minaccia. Ti fa star male.»

 𝙸 𝚑𝚊𝚝𝚎 𝚢𝚘𝚞×𝖄𝖔𝖚 𝖍𝖆𝖙𝖊 𝖒𝖊× Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora