«Lexie, io domani mi sposo.» le sue parole rimbalzano dentro di me e mi stordiscono all'istante.
Lo fisso restando immobile, non ho fiato, non ho forze. Non ho più nulla e l'ennesima lacrima vuota mi squarta la guancia rossa.Lo sento sbuffare amaramente quando abbasso lo sguardo sconfitta. Prova ad allungare una mano ma prima ancora di poter toccare la mia gamba si alza e resta immobile così, davanti a me, in un silenzio tombale. Come se stesse aspettando qualcosa, come se volesse una reazione…
Appena si chiude la porta alle spalle porto le ginocchia al petto e la coperta sulle spalle mentre fisso la parete opposta, a tratti indecifrabile e altre che gira a tondo.
Quando tutto ti squarta non puoi restare ferma, non puoi lasciar correre.
Non puoi, ma è la cosa più semplice.
Lasciarci schiacciare dal dolore è ciò che risulta più semplice
«Lexie?»
Ma a volte è necessario piangere.
Emily si affretta a raggiungere il posto più vicino al mio e con quel suo solito fare da "bambina" mi sorride teneramente, quasi a ricordarmi che quella parte da imbranata che tanto mi piaceva di lei esiste ancora.
«Sei felice?» le chiedo senza degnarle del più piccolo degli sguardi
«Si.» risponde diretta
«Perché non me lo hai detto?» il mio tono assente è spaventoso, è calmo e turbolento nello stesso tempo. Nulla di più pericoloso.
«Io volevo dirtelo ma Johnny-»
«Ha insistito.» la supero con sicurezza «Lo so. Lo posso immaginare» per quanto tutto si sia sfasciato, so bene chi ho davanti, conosco Johnny da tanto, troppo, per non capire che la prima ed ultima parola deve essere la sua.
«È così. Lui ti conosce da molto prima, è tuo "Fratello"» prescisa ingenuamente facendomi ridere in modo nevrotico
«Per favore Emily.» mi stendo mantenendo il sorriso «neanche come fratelli siamo compatibili»
«Lexie…ho bisogno che tu mantenga le distanze» dalla sua voce deduco che ha vergogna: è bassa, sottile, dolce…
«Che vuoi dire?» le domando sentendo il cuore pesante
«Che domani noi ci sposeremo…e non voglio che tu…non voglio che tu continui a vivere con lui.»
«Stai scherzando, vero?» mi siedo di scatto infuocandola con lo sguardo
«No» risponde dopo aver capito che è necessaria la sua parola
«Emily, Johnny è un mio amico. È mio fratello…» che cosa ridicola. Io sono fottutamente innamorata di lui ma questa è tutta un'altra storia
«Un fratello non lo si guarda come tu guardi Johnny.» si alza delusa e arriva velocemente alla porta dove mantenendo la maniglia si rigira da me «Trovati un fidanzato.» conclude con freddezza prima di andare via
«E tu ritrova te stessa.»
***
La casa sa di vuoto: ci siamo solo io e la radio accesa.Provare a pensare a come potrebbe essere vedere Emily con un velo un testa e Johnny vestito di tutto punto per aspettarla è pauroso. Eppure non riesco a pensare ad altro.
«Johnnyyy» urlai per farmi sentire. Continuai a correre fin quando non si fermò e girandosi mi guardò con un sorriso gigantesco, forse il più bello di quel tempo.
Avevamo 5 e 7 anni, mi prese per mano e dondolandomela infinitamente percorremmo l'intera riva del mare fino a sederci sulla sabbia.
«Quando diventeremo grandi ci sposeremo» quella affermazione mi fece ridere, non sapevo bene cosa volesse da me, ero piccola, felice e mi sembrò bello.
«Ci sposeremo» ripetei guardando i suoi occhi luminosi prima di riprendere a correre.
Mi alzo solo per poter arrivare alla porta e spalancarla a chi si rivela essere Elizabeth, la quale mi fissa restando alla soglia.
«Ho saputo...»«Vuoi restare qui?» domando con tono sgorbutico lasciandomela alle spalle
«Lexie»
«Hai fame?» pur di cambiare aria sarei disposta a tutto.
«No, sei sicura di stare bene?» più si avvicina più mi allontano
«Non dovresti essere in questo posto. Nessuno lo sa che siamo qui.» preciso scettica, non lo sapevo neanche io che saremmo venuti qui.
«Non sono nessuno. Ho portato delle birre e altre cose da bere.» mi siedo a tavola portando la testa sulle mani e velocemente si siede al mio fianco «Quando si è tristi bisogna bere»
«Non sono triste» ammetto senza guardarla
«Lexie...tu stai soffrendo» sussurra mettendo una mano sul mio braccio
«No. Non sto soffrendo. Perché dovrei soffrire? Johnny domani si sposa ed io sono felice per loro.» mi alzo frettolosamente per raggiungere la finestra ma la sua mano è di nuovo sulla mia spalla «Elizabeth, ti prego. Va via.»
«Non ti lascio da sola.» si ferma restando dietro di me «Non adesso. Non ora che stai male» mi giro verso di lei scagliandomici subito contro
«Devi andare via. Devi farlo perché se tu mi tocchi, se mi abbracci, se mi parli...io piango. Ed io non voglio piangere. Non voglio essere debole.» lo stomaco mi brucia di più e la sua aria scossa la irrigidisce
«Al diavolo Lexie. Piangi. Ma io non me ne vado.» mi dice duramente chiudendomi fra le sue braccia, ottenendo subito i miei singhiozzi mentre le ripeto inutilmente di andare via.
Mi abbasso sulle ginocchia e lei mi segue a ruota accarezzandomi i capelli mentre ascolta tutte le mie lacrime. Tutto il mio dolore. Tutto quello che mantengo all'interno da sempre.
Odio poter essere vista in lacrime e ancor di più odio essere vista con pietà.
Piangere.
Piangere a volte è un bene, ti libera.
Sfogare il proprio dolore non è da deboli.
Piangere non è da deboli.Fidati di quelle braccia che quando ti stringono ti fanno sentire a casa.
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𝙸 𝚑𝚊𝚝𝚎 𝚢𝚘𝚞×𝖄𝖔𝖚 𝖍𝖆𝖙𝖊 𝖒𝖊×
RomanceL'odio che c'è fra due ragazzi sembra voler mangiare il loro amore, l'odio che c'è fra due ragazzi è solo un modo per sentirsi forte. Ma se l'odio che riversano l'un l'altro fosse solo amore?