CAPITOLO IX

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Ho passato un'intera settimana a domandarmi perché Debby sia scappata così. L'ultima cosa che mi ricordo di quella sera, fu quando le dissi di guardare il cielo. Magari aveva un qualche trauma infantile legato alle stelle, o le faceva schifo la luna, o aveva paura del buio. Non avrebbe avuto altri motivi validi per fuggire in quella maniera.

Ad ogni modo, non ho intenzione di rinunciare. Almeno, non a lei.

Mia madre è più radiosa rispetto agli altri giorni, forse perché, per la prima volta in undici anni,  mi vede prendere le pillole la mattina.

Ma la verità è che oggi ho intenzione di andare a prendere Debby dopo scuola, e non voglio fare scena muta... non di nuovo.

Per cui ingerisco velocemente quelle piccole capsule e, con una smorfia in volto, vado verso il mio Liceo.

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Settembre sta volgendo al termine e l'inverno si fa sempre più imponente sul paesaggio che ogni mattina mi accompagna verso scuola. L'aria pungente s'infrange sulle mie guance arrossate dal freddo, l'asfalto sotto i miei piedi sembra sabbia ghiacciata che fa rumore, confondendosi con lo strascicare delle mie suole. Il sole coperto dalle nuvole sempre un po' più grigie, riscalda ben poco con la sua luce ovattata, e questa mattina  iniziata malissimo , mi fa ripensare alla ragazza che con i suoi modi di fare,  e quel lieve mistero che l'avvolge,  mi fa credere che questa vita, in fondo, vale la pena di viverla.

Arrivo finalmente davanti all'edificio,  l'immenso cortile che mi separa dall'entrata principale sembra curato e troppo... verde, per essere in Ottobre, costeggia ai lati il parcheggio per quei pochi, fortunati studenti che hanno la macchina.

È in assoluto il posto più squallido dopo, beh, il retro tribune del campo da football.

L'insegna sopra il muro che mi trovo davanti raffigura lo stemma della scuola: una stupida metà di una specie di sole verde, e sempre con quel colore acido, la scritta fiera "HAYFIELD HIGH SCHOOL". Mi acciglio e controvoglia decido di entrare.

Guardo l'atrio principale ed i miei occhi vengono assaliti da un'ondata nera e verde, i quali sono i colori dell'istituto. Ciò comprende il fatto che i muri del corridoio, quelli delle divise che ci obbligano ad indossare e quelli della palestra siano esattamente ricoperti di nero, e di verde.

Sembriamo la brutta copia della casata dei Serpeverde.

Tutto sommato questa scuola non è male. Abbiamo insegnanti validi, e per validi intendo il Sig. Dawson, molti laboratori, una squadra di Rugby, molti stage e spazio per esprimere le nostre potenzialità. C'è persino un Auditorium, per il quale l'insegnante del corso di teatro e quello del corso di musica litigano da anni.

Una volta ho anche provato ad andarci, al corso di musica, ovvio, a recitare faccio pena, ma ci rinunciai subito.

Pensavo fosse una cosa abbastanza fica,  insomma, alle ragazze non piacciono i musicisti?  E poi, pensavo fosse una specie di Glee Club, ed in effetti era così. Solo che nel telefilm sono tutti intonati ed hanno tutti talento. Là dentro, no.

Il primo giorno, durante il mio provino, portai How To Save A Life dei The Fray. Suonata l'ultima nota, il Sig. Leevy mi asslì di applausi dicendo che ero l'unico decente fino ad allora. Tutti gli altri ragazzi annuivano alle sue parole fissandomi con occhi spalancati. Ero diventato un fenomeno da baraccone! No grazie. Dissi al professore che non ero interessato e me la squagliai, lasciandomi alle spalle lo scontento generale.

Vado avanti, sino ad arrivare al mio armadietto. Lo apro. Guardo il contenitore sullo sportello, sotto il poster di Nick Cave e mi rammarico, vedendo che è vuoto. Non ho più nulla che mi ricordi Debby, e quel senso di mistero che l'avvolge come una coperta nel freddo inverno che sta arrivando.

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