CAPITOLO X

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Non ho detto nulla al Sig. Dawson.

Me la sono cavata con una balla, gli ho semplicemente raccontato che mi sono sentito poco bene per via di qualcosa che avevo mangiato a colazione.

Il professore non è scemo, ovviamente non se l'è bevuta, ma almeno non ha fatto domande. Sono andato in infermeria e mi hanno firmato un permesso per andare a casa.

Mia madre, ovviamente, non era a casa quando sono arrivato. Mi ha lasciato un post-it attaccato al frigorifero con su scritto che sarebbe tornata la sera dopo cena, e di non aspettarla alzato.

Benissimo.

Mi sdraio sul divano, afferro il telecomando e faccio zapping al televisore fino a trovare i nuovi episodi di American Horror Story. 

Adoro quel programma.

In un certo senso, mi ci rispecchio.

Nel guardare quelle immagini, quelle ambientazioni, mi pare di essere lì,  accanto ad Evan Peters, e per un attimo penso che forse mi ci troverei meglio rispetto a come mi trovo nella realtà.

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Guardo l'orologio appeso alla parete nera del bagno, il quadrante appannato a causa del vapore emanato dalla doccia che mi sono appena fatto non mi permette di guardare bene l'orario,  ma intravedo, dietro a quel velo sottile, che le lancette puntano sulle 14:15.

Decido che sono stanco di annoiarmi a casa senza fare nulla, per cui mi vesto in fretta ed esco. Siccome il metodo di comunicazione preferito di mia madre probabilmente è quello, le lascio un post-it sul frigo, accanto al suo:
"Neanche io torno per cena. Anzi, forse non torno mai più. Ciao. Ah, grazie per la considerazione."

Con la consapevolezza che non lo leggerà mai.

Passo lento, sguardo in basso. Vado avanti per la strada che mi porta alla biblioteca. Le foglie secche sul marciapiede, cadute dagli alberi quasi spogli ai bordi della strada, scricchiolano al mio passaggio,  sotto il peso del mio corpo che si trascina, quasi in autonomia.

È quasi novembre, non vedo l'ora che arrivino le vacanze Natalizie, cosicché possa starmene tutto il giorno attaccato al televisore a guardarmi Evan Peters.

Arrivo finalmente davanti al modesto edificio color crema. Dà l'idea di essere qualsiasi cosa a parte una biblioteca pubblica...

Almeno, nei film o nei libri vengono sempre descritte con un'enorme scalinata sul davanti,  quattro colonne a sorreggere l'immenso frontone, copie in gesso di statue greche, portoni giganti e poi piani e piani di libri e scaffali alti fino al soffitto, scale scorribili tra i vari settori e.... okay, forse sto un po esagerando, ma credetemi, la biblioteca pubblica di Doncaster non ha nulla a che vedere con cose di quel genere.

Non ci assomiglia neanche lontanamente.

È un comunissimo edificio, come se ne vedono mille in una qualsiasi cittadina sconosciuta del Paese non-so-quale.

Si trova tra due condomini, nella via principale di Doncaster.  Mentre passo attraverso la via pedonale, che è la via principale, ripenso all'altra sera quando, senza motivo, Debby se ne era andata.

Questa cosa non riesco a farmela andare giù! Mi sento ridicolo

"Lo sei." Ignoro.

Non ho mai fatto così per nessuno; a malapena parlo con mia madre, mi devo dare una calmata!

Quest'anno sta prendendo una piega sconvolgente, ed io non sono pronto.

Non sono pronto a tutto questo, no.

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