CAPITOLO XXIV

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Chiudo la porta dell'aula di musica alle mie spalle con fare furioso.
Mi siedo sullo sgabello del pianoforte e picchio le mie dita sui tasti.

Accordi con un'unica nota sbagliata.

Ecco come mi sento. Come una nota in un accordo che non è il suo.

È così che mi sono sempre sentito, da piccolo quando andavo a scuola o qui al Centro.

Sbagliato. Costantemente nel posto sbagliato nel momento sbagliato con le persone sbagliate.

Ma dopo tanti anni, avevo incontrato una persona grazie alla quale riuscivo a stare per più di qualche settimana. Una persona che non mi facesse sentire malato. Una persona che mi facesse sentire nel posto giusto al momento giusto. Sempre.

E adesso neanche lei mi vuole vedere. Perché? Cosa succede?

Confuso. Strano. Pieno di domande. Seduto. Fermo. Solo.

Ad aspettare le cinque del pomeriggio per poter sentirmi utile almeno in qualcosa. Prima sono passato dall'aula di arte per chiedere spiegazioni alla ragazza bionda, ma la porta, stranamente, era chiusa.
Ho bussato parecchie volte prima che mi rispondesse.
-Ti prego, Louis, vai via.- mi aveva detto.

-Perchè non vuoi vedermi? Così fortemente da non dirmelo neanche in faccia!- alzavo la voce sempre di più.

-Non è come pensi, Louis.- strani rumori venivano da dentro la stanza -Solo, per oggi preferisco stare sola.-

Ho tirato un pugno alla porta e gridato ancora qualche cosa alla ragazza.

-Lou, calmati. So che non pensi davvero ciò che dici!- piangeva, potevo sentirlo. Ma la rabbia era troppa per potermi fermare, le mani strette in un pugno e le nocche bianche, la mascella serrata e lo sguardo fermo. Respiravo frettolosamente,il mio petto si alzava e si abbassava a ritmi irregolari, la fronte madida di sudore. Tirai un altro pugno alla porta, tanto forte che per un attimo ho creduto di spaccarla. Da dentro ho sentito un sussulto, poi niente.

E adesso mi trovo nella mia solita stanza. Da solo, confuso, arrabbiato. Davanti ad un pianoforte che non posso suonare, davanti ad una melodia della quale non sono padrone. Cerco di calmarmi, per quanto mi sia possibile ed aspetto le cinque.

- - - -

"Non ti vuole"

-Vi prego. Basta. Non è vero, lo so!-

"Si è già stancata?! Beh, non c'è da biasimarla. .."

-...Ero solo arrabbiato...-

"Talmente tanto da dirle quelle cose..."

-M_ma non lo pensavo veramente, lei questo lo sa!-

"Chi vorrebbe stare con un mostro?"

- - - -

16:57

Mi alzo dal pavimento dell'aula di musica, le mie mani ancora attaccate alle mie orecchie, sangue che scorre lungo il mio collo. Mi asciugo in fretta la faccia bagnata dal pianto e con un fazzoletto pulisco il sangue che esce dalle ferite dietro il mio orecchio.

16: 58

Apro la porta e scendo le scale, arrivo nella Grande Sala Comune dove tutti gli educatori, a parte Debby, cercano di far stare i bambini tranquilli. Attraverso tutta l'area e arrivo alla stanza dove i ragazzi fanno attività di gruppo.

16:59

Entro e subito noto il piccolo pianoforte a muro in mogano, rivolto verso la parete beige. Le luci soffuse ed una decina di sedie disposte in cerchio al centro della stanza.

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