CAPITOLO XVI

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Apro il piccolo cancelletto bianco della grande ma modesta casa che ho di fronte a me. Entro ed attraverso il giardino ben curato, arrivo sulla veranda e busso.
Devo aspettare poco prima che Debby mi venga ad aprire; per un attimo non entro, rimango fermo ad osservarla e sento come una strana sensazione al petto.

È bellissima.

Più bella di ieri o degli altri giorni. E so che probabilmente ripeterò nella mia testa questa frase, anche domani.
Non che abbia nulla di speciale, è semplicemente vestita con una maglietta colorata con una fantasia floreale ed una salopette di jeans molto comune; i capelli raccolti male in una coda di cavallo e, come suo solito, non una traccia di trucco sul suo viso. Guardo verso il basso e cerco di reprimere una risata, invano; ai suoi piedi un paio di ciabatte giganti a forma di papera sembrano fissarmi e sorridermi.
Lei guarda me, e poi si guarda i piedi e intuisce il motivo del mio sorriso

-Credevo arrivassi più tardi!- si giustifica trascinando un me divertito in casa.

-Non cambiarti.- le dico

-Ma si! Sono ridicola- mi risponde ridendo -E poi tu sei vestito elegante ed io non posso rimanere vestita così, sarebbe imbarazzante- mi guardo.

-Hai ragione- le dico levandomi la camicia dalle spalle. Mi guarda non capendo cosa voglia fare di preciso, quindi rispondo alla sua domanda togliendomi anche la maglietta e poi, solo alla fine, rimettermi la camicia a quadri rossa.
La abbottono per bene e infilo la maglia nello zaino.

Quando torno a guardarla noto un leggero rossore sulle sue guance e la cosa mi fa abbastanza ridere.
-Adesso sembriamo due perfetti campagnoli!- esclamo.

La casa di Debby mi sembra molto pittoresca, tipica delle abitazioni in vecchio stile. La carta da parati sui muri, il pavimento in legno ed il forte odore della sua pelle, ovunque.

Mi porta verso quella che presumo sia la cucina, una volta entrati veniamo investiti da un odore di pollo cotto arrosto. Storco un attimo il naso, la nonna di Debby che prima era con il viso rivolto verso i fornelli si gira e mi fa un grande sorriso, ma vista la mia faccia, sparisce presto dal suo volto.
-Non ti piace il pollo.- afferma preoccupata.
-No, no, mi piace molto! È solo....l'odore, è forte!- mi affrettò a dire. La nonna di Debby si avvicina a me e mi stringe in un forte e vigoroso abbraccio, considerando il fatto che avrà all'incirca.... una settantina di anni.

-Non ti ho ancora salutato per bene! Louis caro, come stai?- mi chiede.
-Bene- solo in questo momento mi accorgo che non ho idea di quale sia il suo nome. Fino ad ora l'ho sempre chiamata "Nonna di Debby."
-Jade. Chiamami Jade.- Annuisco.
Ci guardiamo per qualche secondo, sufficiente per creare un silenzio piuttosto imbarazzante. Per fortuna, alla fine la non_ ehm, Jade, dice

-Uscite dalla mia cucina, adesso. Non è ancora pronto, vi chiamerò quando lo sarà. - e detto questo io e la nipote usciamo dalla stanza.

La seguo attraverso l'entrata, da un angolo verso il sottoscala per andare al piano di sopra partono altre scale di legno che vanno verso il basso.
-Mi stai dicendo che hai una casa a tre piani?- chiedo sorpreso.
-Quella di sotto è la cantina. O almeno, lo era. Quando c'è stata l'alluvione abbiamo dovuto ristrutturare varie cose ed abbiamo venduto vecchie cianfrusaglie. Adesso c'è il salotto e camera mia.-

Ho dei ricordi spezzati, come flashback, di quell'alluvione. Forse perché qualche settimana dopo mio padre se n'è andato da casa ed, a confronto, quella mi sembrava solo pioggerella.

Scendiamo le scalette di legno scricchiolante, arrivando a quella che, a quanto pare, era la cantina.
Un grande spazio, il pavimento con grandi piastrelle lisce di un colore simile al crema, listelli di legno scuro ricoprono invece le pareti fino al soffitto; tutte e quatto le mura e, da una di queste si scorge una grande porta scorrevole.
Al centro della sala c'è un tavolo apparecchiata per tre persone, la televisione piccola da un lato ed un divano rosso che a causa dell'ingombrante tavolo, è stato spostato contro il muro.

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