CAPITOLO II

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Mi rendo conto di aver effettivamente pensato al Sig. Dawson e alla sua possibile vita privata per, beh, più o meno tutta la lezione, quando guardo l'orologio appeso al muro sopra la lavagna.

Mancano 15 minuti alla fine della lezione e questo vuol dire solo una cosa:

-Okay ragazzi- inizia -qualcuno di voi per caso ha pensato alle cose di cui abbiamo parlato la scorsa lezione? - mi guardo intorno. Come al solito, io sembro l'unico ad averlo fatto per davvero.

Ma ovviamente sto zitto.

- Vorrei che per la prossima volta, oltre che fare i vostri compiti, pensiate a questa mia personale affermazione- si prepara ad annunciarla -"Anche il più coraggioso di noi, ha paura di sé stesso."- fa una pausa -E va bene ho mentito, questa non era mia.- Suona la campanella ed esco dall'aula.

Per tutto il resto della giornata il mio pensiero fisso è quello che ha detto oggi Dawson. 

"Anche il più coraggioso di noi, ha paura di sé stesso"

Eh, la verità è che il caro e vecchio O. Wilde è morto troppo tempo fa per potergli chiedere da dove tirava fuori quelle parole. Io non riesco a formulare neanche una frase di senso compiuto ad alta voce e lui se ne usciva semplicemente scrivendo queste frasi.

E credo che la sua mente fosse sana quanto la mia. Il che la dice lunga.

Desidero solo che il tempo passi veloce mentre torno a scarabocchiare il mio quaderno.

- - - - -

- Come sta andando oggi a voi? A me da schifo.- appoggio il mio vassoio su uno dei tavoli della mensa e ascolto Niall autocommiserarsi e lamentarsi di quanto sia dura essere lui, eccetera eccetera.

Non che gli altri siano meglio.

Sono Harry, Zayn e Liam. Le cose più vicine a degli amici, per me.

È meschino da parte mia parlare così di loro, perché in fondo potrebbero anche essere delle brave persone, se solo provassi a conoscerle.

Bla bla bla.

Sono uno psicopatico,  li spaventerei soltanto.

Così mi limito ad annuire ogni qualvolta uno di loro prenda a parlare, e, pensando agli emeriti fatti miei, sopravvivo anche al pranzo.

Dopo altre tre ore di dolce "far finta di stare attento", l'ultima campana suona e con lo zaino in spalla me ne vado. Attraverso il cortile della scuola, il prato dapprima arancio sta nuovamente acquistando il suo solito colore verde, che ben presto verrà coperto da neve fresca e bianca.  L'autunno è finito e, nonostante sia la mia stagione preferita, sono da un lato contento che arrivi l'inverno.

Perché... inverno vuol dire freddo. Vuol dire cioccolata calda e film sul divano sotto le coperte. Maglioni di lana più grandi di sette taglie. Cappellini. Sciarpe e guanti.

Inverno vuol dire Natale. Vuol dire famiglia e, anche se sembra paradossale, inverno vuol dire fuoco. Calore.

Mi guardo intorno mentre, come tutti i giorni, cammino sulla via verso casa.

Vedo intorno a me persone di tutti i tipi, che corrono da una parte all'altra della strada raggiungendo i propri posti di lavoro, o le proprie case. Uomini in giacca e cravatta e donne in minigonna, ragazzi nei fast food che aspettano di poter trangugiare i loro panini pieni di grasso, che poi loro stessi si pentiranno di aver mangiato e finiranno per lamentarsi di tutto e poi effettivamente non fare niente. Perché io ci scommetto, la settimana dopo torneranno in quel fast food.

Vedo bambini correre nei parchi gioco, ignari di quello che li aspetta una volta cresciuti, non vedono l'ora di diventare degli adolescenti e acquisire quel minimo di potere. La verità, è che si riempiono di illusioni e promesse che poi non manterranno.

Ma quelli che meritano la medaglia d'oro alle Olimpiadi dell'autocommiserazione sono gli adulti. Uomini e donne di famiglia che sono tutto e non sono niente. Con gli amici e i colleghi, a lavoro o sull'autobus o al ristorante o in piazza,  si improvvisano persone d'affari, politici perfetti in grado di cambiare il Paese, persone vissute, fatte e finite.

Ma una persona si riconosce dalla notte. Quando si rimane da soli, nel letto, a fissare un punto vuoto nel buio, pensando a quanto effettivamente faccia schifo la nostra vita, tirando le somme, rimanendo soli con le nostre paure, le nostre ombre, i nostri mostri. Ecco, allora si riconoscono le persone. Si riconoscono gli eroi dai codardi.

Non è quello che dici a fare di te una persona con un carattere forte, ma ciò che fai a renderti una persona forte, con un carattere.
"Cazzate. Sei il primo ad essere debole e lo sai. Sono belle le parole che pensi, ma non le segui nemmeno tu. Cosa pretendi, eh?"

Mi fermo. Sono davanti al portone di casa mia. Chiudo gli occhi, anche se so che facendo così le cose peggiorano e basta. Perché io? Perché a me? Cosa ho fatto di male? Dato che mi perseguitano da quando sono piccolo, penso nascere.

Fa male. Mi sento come se mi fosse salito un elefante sul petto. La mia vista si oscura e lacrime salate minacciano di scendere dai miei occhi. Non posso qui, non posso adesso. 

Faccio due respiri profondi. Cerco di calmare lo stormo di corvi impazziti nella mia testa. Mi sudano le mani e le mie gambe tremano. Ho voglia di gridare, ma la voce mi rimane bloccata in gola, insieme al vomito.

Passerà, devo solo fermarmi e stare calmo. Prego che nessuno entri nel palazzo e mi veda così, nell'atrio.

Faccio altri due respiri lunghi. Si sono zittiti, spero. Penso, perché a me? Perché io? Non trovo risposte. Non ci sono risposte.

Non passerà, non passerà mai. Maledizione.

Tiro un pugno al muro. Non sento nulla, ma mi sono scaricato un po di peso dal petto. Poi, un bruciore alla mano, incontrollabile. Sento come se stesse per andare a fuoco.

La guardo, e vedo sangue. Ho fatto un bel casino, mia madre non lo deve sapere.

Salgo le scale. Arrivo al mio piano, apro la porta.

-Ciao Ma' - nessuna risposta

-Ma'?- ancora nulla. Vado in cucina, sul tavolo trovo solo un biglietto, accanto alla cesta della frutta.

"Ciao Louis. Sono al negozio qui sotto. Torno più tardi. La cena è nel forno.

Mamma"

Perfetto, penso.

Vado in bagno e mi fascio la mano. Rimarranno delle cicatrici ma non mi importa.

Una volta finito vado in cucina e ceno.

Ed un'altra giornata finisce così. 

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ANGOLO AUTRICE:

Hola. Rieccomi con un altro capitolo.
Un grazie immenso a tutti! Non posso credere che addirittura 116 persone in cinque giorni abbiano deciso di leggere la mia storia!
Anyway... domani è il compleanno di Zayn, non sono ancora pronta! (Come direbbe @theymakemelaugh: io non mi sono ancora ripresa dall'acuto di Tell Me A Lie!!)
Okay la smetto. Aggiornerò tra cinque giorni, spero vada bene. Ho già pronti fino al capitolo VI (che ho finito oggi). Ditemi se vi va bene ogni cinque giorni oppure quando volete voi!
Okay ciao!
Xx

A Big White SheetDove le storie prendono vita. Scoprilo ora