CAPITOLO VIII

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Essere sociopatici non è facile. Parola mia.

Attacchi di panico, ansia costante che ti segue come un ombra ovunque tu vada, e poi le voci.

Non tutti i sociopatici le sentono, ma a quanto pare io si.

E non mi rende la vita facile.

Non è che io senta proprio delle vere ed effettive voci, come se qualcuno mi stesse parlando.

Solo....le percepisco.

Avete presente quella vocina che abbiamo tutti nella nostra testa, che esprime a parole ciò che pensiamo, quella che vi sta aiutando a leggere in questo momento?

Ecco. Ce l'ho anch'io.

Solo che, mi capita, che quella vocina mi si volti contro.

Insultandomi. Deridendomi.

E non posso fermarla, per il semplice fatto che non dipende da me.

Essere sociopatici crea molti problemi. E grazie tante.

La maggior parte del tempo penso a quanto sarebbe bello essere normali, come tutti gli altri ragazzi della mia età che vanno in discoteca, bevono, escono con gli amici, vanno in vacanza.....hanno una ragazza.

Ma il problema c'è ogni volta che incontro una persona.Parte di me vorrebbe parlare, stabilire un rapporto, conversare. Poi però la voce mi si blocca in gola, non fuoriesce neanche un suono; vado nel pallone, inizio a sudare e tremare. Non capisco più nulla, e sto zitto.

E poi la persona finisce per andare via.

Tutte le volte.

Malattia di merda.

Debby mi guarda, osserva la figura davanti a lei, immensa rispetto al suo corpo minuto. Aspetta che dica qualcosa, ma rimango zitto, immobile.

Le mie gambe iniziano a muoversi nervosamente sotto il tavolo e cerco costantemente di parlare, ma la bocca mi trema al punto da impedirmelo.

Mi torturo le dita nervosamente e alla fine, lascio cadere la mia mano sulla mia gamba, frustrato.

Stranamente, sotto il sottile strato di tessuto della mia tasca percepisco un qualcosa di estremamente piccolo e di forma ellittica, e mi chiedo cosa sia.

Poi, capisco che cosa è e maledico mia madre per questo.

Tempo fa il Sig. Brown le aveva segretamente consigliato di mettermi le pillole nelle tasche dei pantaloni senza che me ne accorgessi, così poi sarei stato costretto a prenderle a scuola. Secondo la sua logica, dato che odio i medicinali di questo tipo, una volta trovate nella tasca piuttosto che lasciarmele tutto il giorno addosso, le avrei prese.

Peccato che abbiano inventato una cosa chiamata "Bidone della spazzatura" , e indovinate? Ce l'abbiamo anche a scuola.

Mia madre per un po ci sperò anche, che le prendessi. Ma presto si dovette arrendere all'evidenza e rassegnarsi al mio carattere "estroverso".Non capisco adesso perché ci stia riprovando.

Non cambierò. Mi dispiace.

-Stai bene?- la ragazza davanti a me prende parola per prima, l'imbarazzo nei suoi occhi e la preoccupazione.

Le faccio un gesto veloce con la mano per dirle di aspettarmi un attimo, e mi alzo per andare in bagno.

Chiudo la porta dietro le mie spalle e mi chino per terra, guardando sotto le porte per vedere se qualcuno potesse essere a prova di orecchio.

Ero solo. Perfetto.

Appoggio le mani ai lati di un lavandino e guardo dritto davanti a me.

Capelli disordinati, pelle olivastra, occhi rossi e due grosse occhiaie sotto essi. Sono notti che non dormo a causa loro e le conseguenze si sentono eccome, anzi, si vedono.

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