CAPITOLO XXV

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Le mie mani si bloccano sulla tastiera.
Pietrificato, mi volto verso il gruppo di ragazzi: mi stanno guardando tutti, compresa la ragazza dagli occhi grigi che ora non riconosco più, pieni di lacrime. Non riesco a distinguere se la sua sia un'espressione dispiaciuta o colpevole. Forse entrambe.

La fisso fermamente negli occhi, lei mi implora qualcosa, forse di stare zitto, forse di lasciare correre, forse di andarmene.
Mentre io, oh, io la guardo e l'unica cosa che riesco a pensare è che non so cosa diavolo pensare.
Tutto ciò che esce dalle mie labbra è:

-T_tu hai cosa?-

Mi alzo velocemente dallo sgabello, all'improvviso mi sento addosso gli occhi di tutti ed inizio a sentirmi stretto in questa stanza. Esco correndo, la porta rimane aperta dietro le mie spalle e la voce strozzata di una ragazza fa co ai miei pensieri.

-Louis, aspetta...-

Nella mia testa corrono milioni di immagini, come un vortice di pensieri che non riesco a placare. Momenti, attimi, piccoli dettagli che avrebbero potuto farmelo capire. Perchè non l'ho capito?!

Talmente scosso e confuso da non curarmi della fredda pioggia che mi cade sui vestiti e mi bagna i capelli, cammino ancora e ancora, sempre più veloce nel parcheggio senza una vera e propria meta solo, ho bisogno di andare lontano da qui. Poi, un brivido di rabbia scorre lungo la mia spina dorsale.

-Louis aspetta, posso spiegarti!-

-Cosa c'è da spigare?- mi giro verso di lei, oramai bagnata a causa della pioggia. Noto subito un gesto ripetitivo e continuo che fa con la mano, alternato ad un rapido movimento della gola, i suoi occhi sempre fissi sui miei hanno cominciato ad arrossarsi ed intravedo già delle lacrime fare capolino sulle sue guance rosse.

-Chi credi che io sia, uno stupido? Perchè è questo che mi fai sentire adesso!- alzo la voce.

-No, Lou, non lo penso questo...- il suo piede sbatte a terra in un improvviso tic, le sue braccia si stringono sul suo petto, come un piccolo animale indifeso. Spalanco gli occhi.

-Non chiamarmi Lou. E' per questo che sei scappata quella sera! Quando all'improvviso hai sbattuto il piede a terra e hai detto 'cazzo' e poi con una scusa sei scappata via: non era una scusa, era un tic, non è vero?- la guardo gelido. Lei abbassagli occhi e ammette.

-Si, lo era.-

-E' successo altre volte?-

-No.- Un altro tic.

-Come? Insomma, non è una cosa che puoi nascondere. Perchè non hai mai fatto...- la guardo mentre sta avendo una serie di tic consecutivi -...così!?-

Aspetta un po prima di rispondermi, quando si calma fa un passo in avanti, respirando profondamente l'aria bagnata.

-...Esistono delle pillole. Si chiama "Clonidina", è una medicina sperimentale creata apposta per i ragazzi con questa Sindrome, reprime i Tic per una durata di più o meno nove o dieci ore.-

La guardo esterrefatto, non riesco a credere a ciò che sento. Un Tic.

-E' per questo che non siamo mai stati insieme per più di mezza giornata?- la rabbia continua ad aumentare dentro di me. Se solo me l'avesse detto...

-E' così.-

-Lo sa qualcun'altro a parte me e tutti quelli del centro del quale, a quanto pare, non sei educatrice?-

-Lo sanno solo le persone più importanti.-

-...immagino io non ne faccia parte...- dico. Mi volto e vado verso l'uscita del parcheggio. Pensavo di averla trovata, la ragazza giusta.

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