Mi risvegliai nell'ombra di un vecchio edificio in legno grezzo, poco più che l'abbozzo di una costruzione, composto da corde di pelle, grossi tronchi e lamiere arrugginite, il tutto messo su alla meglio anche se con la stessa irreale precisione degli edifici della bidonville.
Qualcuno mi aveva trascinato fin lì, lasciandomi steso sul pavimento. Ricordavo di aver bevuto, nel delirio delle allucinazioni ed i miei vestiti bagnati ne erano la prova.
Cercai di sollevarmi in piedi, ma gli aghi che mi trafiggevano il corpo erano diventati coltelli rendendo anche il semplice sollevare una mano un movimento doloroso capace di causarmi spasmi indicibili che mi facevano desistere quasi subito.
- Oooooooooooooooooooo - esclamò una voce elettronica, altalenante, avvicinandosi - il nostroo ospite si è svegliatoooo -
Cercai di volgere la testa. Nonostante il dolore riuscii. Accanto a me era appena arrivato una sorta di automa dall'aspetto malandato, mancante dell'intero braccio sinistro fino alla spalla e con una protesi di legno al posto del piede destro. Nonostante tutto si muoveva in modo rapido, carico di un'energia malsana persino per un automa.
- Sei tu che mi hai salvato? - domandai.
- Salvatooooo? Sì, iooooo - rispose. La sua testa scattava di lato ed i difetti nell'esposizione vocale sottolineavano che i suoi circuiti dovevano essersi fusi già in più di un punto, sotto il sole cocente del deserto. Nonostante tutti i suoi difetti però era stato in grado di sporgliarmi, medicarmi, persino spurgare le mie ferite all'inguine, infettatesi nella sabbia del deserto.
- Chi sei? Dove siamo?
- Siamo nella taverna della posta - rispose l'automa, trascinando le vocali in quelle montagne russe verbali che oramai era chiaramente il suo tono usuale per esprimersi - io sono G-14N, Gin per i clienti - rispose.
- Clienti?
- Costrutto con funzioni da barmaaaaa - disse, concludendo la frase in una serie di singhiozzi elettrici.
- Un barista? Per questo non sei con gli altri alla Pista?
- La Pista? - domandò Gin, piegando la testa.
- Non la conosci... - dissi, - da quant'è che stai qui?
- Trecentocinquantuno anni, sette mesi, otto giorni, tredici giorni e dodici minuti - rispose Gin.
Immaginai che fosse lui il bagliore che avevo visto dalla Pista.
- Sei solo qui? - domandai.
- Sono l'ultimo collaboratore esistente della prestigiosa ditta Whisky and soda, rinomata ditta produttrice di distributori automatici di bevande alcoliche complesse fin dal 2143, il nostro marchio nasce dalla massima ricerca dell'eccellenza, i nostri androidi sono costruiti sulla base di uno studio fatto sulle intelligenze artificiali di più di cento dei migliori bartender della storia. Provate i nostri prodotti shakerati, non ve ne pentirete - recitò Gin, irrigidendosi. - E ricordate, non è un cocktail se non è Whisky e Soda.
- Io non... - dissi, confuso, - non capisco cosa stai dicendo, ma sì, se c'è qualcosa da bere lo prenderei volentieri, magari anche da mangiare.
- Il programma di base non prevede alcuna funzione di cucina ma posso preparare un alcolico a base proteica, se lo gradisce - disse, allontanandosi da me e scomparendo dal mio campo visivo. Io oramai avevo raggiunto il limite. Abbassata la testa, sfinito, tutto ciò che potevo vedere era un ritaglio di pavimento polveroso, una finestra e le pareti sopra di me.
- Va bene, basta che sia cibo - mormorai, cercando ancora un po' di riposo.
Sognai di nuovo un luogo lontano, un oceano verde, infinito, dove il frinire dei grilli si alternava al sibilo del vento che attraversavano le foglie di grandi alberi. Non ero solo, di fronte a quel maestoso oceano, c'era qualcuno con me, qualcuno che mi parlava, che mi diceva qualcosa con un tono rassicurante che però aveva un retrogusto di falsità. Era lì che avevo visto per la prima volta un grillo balzare fuori dai flutti smeraldo per sfregare le zampe nel suo lungo richiamo, in quel fischio che mi sentivo ancora dentro, così simile a quello del mio Grillo da renderlo una mera allucinazione.
- Il suo ordine è pronto, signore - disse la voce distorta del mio nuovo amico.
Aprii gli occhi, il vecchio automa reggeva un vassoio con due bevande, una di un inquietante verde fogna e l'altra di un rossastro scuro, quasi nero, in cui vedevo galleggiare materiali sinistri.
- Che cos'è questa roba?
- La sua ordinazione, il meglio che può offrire la casa, un cocktail energetico ed uno proteinico.
Bevvi prima il cocktail verde, era alcolico ma aveva un sapore quasi piacevole benché conservasse un retrogusto disgustoso di terra. L'altro invece era come bere una spremuta di orrore. Le proteine di cui parlava dovevano essere insetti, parassiti o larve. L'intruglio puzzava di marciume ed aveva la consistenza del pus ma, il lato forse peggiore, era che anch'esso era alcolico.
Spinto dalla disperazione trangugiai lo stesso l'intero bicchiere, sperando che quell'orribile sapore non mi avrebbe accompagnato per tutta la vita. Alla fine, aiutato anche dal calore dell'alcol, crollai nel mio giaciglio, addormentato.
Mi risvegliai che era un giorno nuovo, lo dedussi più dal fatto che i miei muscoli si erano sgonfiati ed ora muoversi, benché fosse ancora un calvario, era quantomeno possibile. La pelle delle mani mi si era inscurita e increspata, segno che da lì a poco si sarebbe staccata in piccoli pezzi lasciandomi cicatrici che avrebbero deturpato per sempre anche il mio volto. Ma del resto non ero più neppure sicuro che mi importasse, ora che ero così lontano dall'insediamento, ora che avevo dismesso tutti i miei obblighi borghesi per perdermi nel deserto, per cercare la morte.
Pensarlo mi diede un profondo brivido: non ero venuto qui per vedere i confini di questo mondo in devastazione ma per morire, per non dover più fronteggiare i miei demoni, le mie perversioni.
- Che avventura stupida - mormorai, con un mezzo sorriso. - E tu non protesti? - dissi, rivolto al Grillo.
Anche stavolta tacque, benché percepissi il suo sguardo attento sulle mie spalle, rimaneva immobile come era rimasto immobile dal mio ritorno dal Vuoto Antistante.
Gin entrò ciondolando sulla sua gamba di legno e mi guardò ruotando un paio di volte su se stesso, ora che lo potevo vedere meglio la sua instabilità era preoccupante, incredibile che non fosse già a terra semi sepolto dalla sabbia.
- Il mio nuovo cliente si è svegliato - disse, con la solita voce distorta che rendeva il tono delle sue frasi quasi allegro. - Cosa posso servirle oggi? -
Mi massaggiai lo stomaco, la sensazione di quel liquido osceno che mi scendeva per la gola non mi aveva ancora abbandonato.
- Giusto qualcosa di energetico - risposi, cercando di rimettermi in piedi.
Faticai, ma quando vi riuscii ero così fiero di me stesso da sentirmi già guarito.
Finalmente, tornato in piedi, potevo osservare meglio la misera topaia in cui il vecchio Gin viveva: era un grosso stanzone di un solo piano occupato per lo più da un lungo bancone tirato a lucido, tavoli e sedie costruiti con legno e pietra recuperate dal deserto ed una fila di bottiglie, per lo più vuote, di alcolici scuri e rappresi il cui odore forte permeava la stanza.
Poggiandomi alla superficie malferma di tavoli e sedie cercai di raggiungere il bancone a piccoli passi, ma ad ogni passo che facevo, più mi guardavo attorno, più quel luogo diventava inquietante. L'intera stanza non era solo costruita in legno, la maggior parte delle cose erano di legno, metallo e pietra proveniente dal deserto, ma in più punti la costruzione era stata rattoppata o rifinita utilizzando anche altri materiali, i materiali più disparati come ossa di piccoli animali, pelli, pellicce, arti bionici oramai arrugginiti, vidi anche teste ed ossa umane in più punti insieme a resti di creature che non sarei mai riuscito a definire.
Gin, nella sua intelligenza da macchina malfunzionante, aveva catalogato tutto ciò che era morto come materiale da costruzione e allestiva quel luogo da quasi trecento anni utilizzando tutto ciò che poteva trovare nel deserto, carogne comprese.
Sedetti con un certo senso di inquietudine, certo che se mi avesse catalogato come morto anziché come morente anche io sarei finito a far parte di quella sua macabra costruzione, quel suo ripetere pattern di una realtà oramai scomparsa.
- Allora, desidera dialogare, nuovo cliente? - domandò, mettendosi a smanettare con vecchi contenitori di latta e cristallo.
- Sì, vorrei dialogare.
- Perfetto, allora come procede con la sua attività lavorativa? A casa tutto bene? Lei è sposato? Sua moglie come sta?
- No, in realtà volevo parlare un po' di te, capire cosa ci fai qui da così tanto tempo.
- Questo è il luogo che il mio titolare, codice cliente 20341005, ha riservato per me.
- E dov'è finito questo tizio?
- Ultima comunicazione ricevuta in data 18 ottobre 2635 ore 12:45. "Con l'emigrazione dell'ultimo abitante dell'insediamento di Ojern e la conseguente cessazione della tratta commerciale tra le due colonie, il servizio di ristoro dell'avamposto commerciale è da considerarsi concluso, il modello G-14N è da ritenersi comunque attivo in caso di aiuto o soccorso ad eventuali migranti ritardatari. Questa condizione sarà considerata invariabile fino a data da definirsi.
In fede, Presidente Munillipo"
"Munillipo?" pensai.
- Di quanto tempo fa è questa lettera?
- Data di ricezione...
- No, intendo rispetto ad oggi, quanti anni fa ti è stata mandata?
- Trecentoventotto anni, due mesi, quarantatrè giorni...
- Sì, non mi interessava tutta questa precisione - dissi, sconvolto.
Munillipo, il volto e la voce del partito, più di trecento anni fa. Com'era possibile?
- Quindi prima c'era un insediamento dietro le montagne?
- Sì, Ojern, duemilatrecentodieci abitanti, conosciuti come gli scavatori di reliquie, la cittadina ospitava gli intellettuali più facoltosi del nostro tempo, sempre pronti ad iniziare nuove ricerche in nome della scienza e della sopravvivenza del genere umano.
- E cosa è successo? Perché sono emigrati?
- Informazioni attualmente non disponibili, tentativo di connettersi alla rete fallito.
- C'è ancora qualcuno lì?
- Informazioni attualmente non disponibili, tentativo di connettersi alla rete fallito.
- C'è qualcosa che sai?
- Difficoltà ad utilizzare in modalità estesa la funzione dialogo a causa della sospensione del servizio internet globale del 4 dicembre 2365, tutte le funzioni di dialogo disponibili sono inerenti alla sola memoria locale.
- Internet?
- Internet, principale sistema di comunicazione inventato a cavallo tra il ventesimo e il ventunesimo secolo. Tecnologia di successo, ben preso divenne perno centrale della vita sociale e commerciale umana, tant'è che anche Whisky and Soda gestisce un proprio spazio in rete, cercateci sui principali social network, ogni mese un concorso con premi esclusivi pensati esclusivamente per voi! - esclamò.
- Quindi in questo internet si trovano tutte le informazioni, anche quelle che non possiedi.
- Si trova tutto e si tornerà a trovare tutto appena la situazione si risolverà, basta essere fiduciosi, il crollo della rete è solo un inconveniente temporaneo, il Consorzio delle Multinazionali unite ci tiene a far sapere che nessuno dei numerosi disturbi della rete sono dovuti in alcuna maniera ai cosiddetti "disastri naturali", che come dice il nome stesso sono eventi che accadono regolarmente sul nostro pianeta e invitiamo tutti i nostri clienti a non prestare attenzione all'allarmismo che la comunità scientifica lancia oramai da decenni a questa parte. Se il mondo dovesse finire sarebbe già finito, giusto? Le nostre società sono sane e sicure, le nostre emissioni sono in regola con le normative globali, anche noi del Consorzio delle Multinazionali ci impegniamo per garantire un futuro più verde per tutti.
Era come ascoltare una scatoletta di registrazioni del passato, di quel mondo felice di cui i predicatori del Simposio amano tanto riempirsi la bocca.
Quel mondo che tornerà.
Invece ciò che vedevo erano solo frammenti di un mondo distrutto, di un mondo disperato che ripara con carcasse di topi gli spifferi che il marciume lascia sulla loro realtà disgregandola.
Vulcani, maremoti, inondazioni, su tutti questi cataclismi la chiesa aveva sempre soprasseduto, scordando di menzionarli, giustificando questo esaurirsi del mondo come un fenomeno naturale, addirittura l'anticipazione della rinascita, ma quel mondo, così come il buon vecchio Gin, oramai era solo una memoria sbiadita nel deserto, un bagliore distante, un riflesso distorto di una realtà resa meno aberrante solo da parole vuote, motivetti stonati, rimette commerciali, rese stupide per essere facilmente ricordabili.
Bevvi il cocktail che Gin mi stava servendo in un sorso solo, ingoiando quell'alcol per immergermi nella morbida ebbrezza che mi anestetizzava la pelle rovente e i muscoli martoriati.
- Quanto dista Ojern? - domandai, poggiando il bicchiere vuoto sul bancone.
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Cybervert
Science FictionUn viaggio in un mondo in esaurimento, in una società spaccata tra esseri umani e automi, nelle perversioni di un uomo attratto dalle macchine.