L'uomo che mi sorvegliava era ancora lì, nascosto, segno che Obasi non si fidava veramente di me, mi stava lisciando il pelo per qualche altro motivo, un motivo che non mi era ancora chiaro ma che presto lo sarebbe stato.
Mi chiusi in casa senza destar sospetto, svolgendo le mie rituali mansioni domestiche, ignorando totalmente la possibilità di essere osservato. Non avevo bisogno di innervosirmi, anche se sapevo di essere innocente, il Grillo sarebbe bastato per farmi finire nei guai. Del resto sapevamo perfettamente tutti che trattamento riservava, la società, nei confronti di pervertiti come me.
Sceso il buio serrai le tapparelle, lasciando acceso l'intragiornale per dedicarmi ai nuovi disegni, quelli che mi stava dettando in quelle notti il Grillo. L'idea era di creare una sorta di supporto alare, qualcosa che combinata agli stivali mi avrebbe permesso di superare ancora più agevolmente le Torri, anche se quella sorveglianza così stretta non mi avrebbe mai permesso di allontanarmi per più di qualche ora in maniera discreta, la fiamma della perversione teneva viva la mia speranza. In più avevo bisogno di un piano di fuga, caso mai le cose si fossero messe male: non avevo intenzione di finire in una struttura governativa di riabilitazione, sapevo perfettamente ciò che succedeva lì.
Disegnai fino a tardi poi spensi la luce, ma anziché mettermi a letto mi appostai al buio cercando di intravedere, tra le fessure delle serrande, la figura del mio osservatore.
Incredibile.
Era ancora lì.
Nella tenebra della notte però mi preoccupava meno, così sgattaiolai fuori dalla finestra opposta, sospeso nel vuoto di quasi diciannove piani sotto di me e mi arrampicai sul tetto con cautela.
Avevo stabilito una sorta di avamposto provvisorio in uno dei tanti palazzi in riedificazione, erano lavori fermi da quasi quattro anni, ovvero da quando la spinta edile del Consorzio si era arenata con la rielezione del Partito. Lo consideravo un posto abbastanza sicuro, capace di fornirmi sia discrezione sia una buona visuale sul mio appartamento e sui ponti sospesi che ad esso erano collegati. Se il mio piantonatore o qualsiasi investigatore si fosse avvicinato alla mia casa avrei potuto vederlo, anticiparlo e fregarlo sul tempo.
Cercai la valigia con cilindro e occhiali, avevo bisogno di tutto il supporto possibile del Grillo per terminare il lavoro.
Il lavoro era un piccolo meccanismo da indossare ai polsi, delle specie di rampini leggeri che mi avrebbero permesso di raggiungere i tetti in pochi secondi o slanciarmi oltre i palazzi con maggiore agilità. Mi ci era voluta una vita per mettere insieme tutti i componenti in maniera discreta ma ora ero fremente, ancora un'oretta di lavoro, forse meno, e i miei guanti a corda sarebbero stati completati.
Infilai il cilindro i cui led, stavolta, rimasero spenti, poi infilai gli occhiali e il mio campo visivo si aprì come l'altra volta. Il Grillo poteva mandarmi messaggi sulla superficie del vetro e poteva avvisarmi in caso di movimenti sospetti.
"Finiamo" mi scrisse.
- Finiamo.
Mi misi alacremente al lavoro, gli occhiali mi permettevano di essere preciso in tutto ciò che facevo, quasi come se fossi alla luce diretta del sole, intanto il Grillo taceva, taceva ma percepivo nel ticchiettio delle sue zampe, sulla mia schiena, una forma di nervosismo mal gestito, trattenuto appena.
- Vuoi dirmi cosa ti turba? - domandai, mentre mettevo a posto gli ultimi dettagli.
"Quegli agenti sono un problema" rispose il Grillo.
- Me ne ero accorto - risposi.
"Dobbiamo sbarazzarcene"
- Vuoi ucciderli?
"No, troviamolo" disse.
- Chi?
Il Grillo sembrò computare per qualche istante.
"L'assassino".
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Cybervert
Science FictionUn viaggio in un mondo in esaurimento, in una società spaccata tra esseri umani e automi, nelle perversioni di un uomo attratto dalle macchine.