Andai a lavoro per il turno del pomeriggio, lasciando Aminata a casa, ancora addormentata.
Anche se stanco, trascorsi il mio turno nella più completa tranquillità, controllando campioni su campioni, facendo ripetere cicli di lavorazione e registrando un ulteriore abbassamento della qualità delle acque estratte.
Mi aspettavo anche una visita del solito Investigatore Obasi, che però non avvenne, cosa che mi lasciò piacevolmente sorpreso. Che avesse smesso di considerarmi un sospettato e avesse deciso di lasciarmi in pace?
Riflettei anche sugli eventi degli ultimi giorni, su ciò che avevo scoperto sul Malaeva e sul mio rapporto con lui. Anche io dovevo fare parte di un qualche suo piano così come lui faceva parte del mio. Pensai che avrei dovuto indagare sul partito, ma ancora prima giunsi alla conclusione che doveva esistere una sorta di complice, all'interno del Depuratore, qualcuno che probabilmente lavorava al Reparto 7.
Il Reparto 7 faceva parte dei reparti esterni, quelli che davano direttamente sul mare, schiacciato tra il Desalinizzatore e i Reparti interni, quindi un posto che io avevo difficoltà a visitare senza dare nell'occhio e probabilmente non ci sarebbe riuscito neppure il Grillo.
Comunque avevo bisogno di visitarlo durante il giorno, di conoscere i suoi colleghi, di capire chi fossero e quali motivazioni avessero, un compito che non avrei mai potuto svolgere nottetempo.
Riflettei fino a fine turno, quando tornai a casa solo. Mi ero abituato in fretta all'assenza di Malaeva, durante l'andata e il ritorno dal lavoro. Del resto non ero il tipo di persona che ha bisogno degli altri per sopravvivere, sono più quello che sfrutta gli altri, salvo poi scoprire di essere sfruttato a mia volta.
Il pensiero, in quel momento mi fece ridere così come mi fece ridere lo sguardo minaccioso di Aminata: non avrei mai creduto che quella donna avesse tanta decisione. Del resto, però, mio padre mi aveva sempre detto che anche un topo messo all'angolo può rivelarsi un animale pericoloso. E Aminata era stata messa all'angolo per colpa mia e di quelli come me, interessati a lei solo per ciò che poteva fornirci.
Mentre viaggiavo sull'Elobus l'insediamento mi scorreva attorno silente, troppo in alto per sentire le mucche muggire e completamente solo da non sentire alcun borbottio umano, l'unico rumore era il regolare cigolio delle ruote sui cavi d'acciaio. Un cigolio malfermo ma familiare, che trasmetteva quel senso di precarietà con cui ogni abitante dell'insediamento aveva imparato a convivere.
"Prima o poi si romperanno anche questi cavi" aveva commentato più volte Malaeva, "tutto sta andando in malora, tutto ti dico! E la gente si preoccupa dei diritti Loro".
Gli alti palazzoni rettangolari, grondanti di balconate verdi, e persone che camminavano sui ponti sospesi mi accompagnava come un muto teatrino, una dimensione di abitanti calmi, sospesi nel tempo, privi di qualsiasi preoccupazione come io non ero oramai da troppi giorni.
Avevo bisogno del Grillo, nonostante le diffidenze. Avevo bisogno di tornare alla Pista, al Faro, sul morbido materasso della dolce Naftalia, stretto al suo freddo e liscio ventre.
Un lampo rosa mi comparve di fronte agli occhi e per un istante mi sembrò di scorgere il Grillo, tra i riflessi dei palazzi. Ma l'immagine scomparve troppo in fretta per capire se era immaginaria o reale e neppure il Grillo si agitò, nel vederla.
Tornato a casa non trovai Aminata, solo il mio piantonatore, ma decisi che non valeva la pena rischiare di nuovo, l'adrenalina mi scorreva nelle vene al solo pensiero di ciò che era accaduto la notte scorsa. Impossibilitato a volare verso la Pista, non ero esattamente dell'umore per confrontarmi col Grillo, del resto neppure lui sembrava disposto a confrontarsi con me.
Taceva ancora, nascosto nell'ombra del vuoto antistante, immobile come solo gli insetti sanno fare.
Cambiai le lenzuola e mi misi a letto tra le parole dell'Intragiornale che, di nuovo, non accennava a nulla accaduto nell'area dei pontili.
Mi addormentai presto, sognando le gambe di Naftalia che si incrociavano dietro la mia schiena, l'assenza del suo respiro, i suoi occhi senza vita. Chissà quando avrei incontrato un altro modello? Chissà se avrei incontrato di nuovo lei?
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Cybervert
Science FictionUn viaggio in un mondo in esaurimento, in una società spaccata tra esseri umani e automi, nelle perversioni di un uomo attratto dalle macchine.