Compost di carne

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I compostatori distesero il corpo di Malaeva sulla barella metallica contornandolo di terra fresca, scura ed umida che estraevano da pesanti sacchi bianchi.
Così allestivano il corpo, sperando di accelerare il normale processo di compostaggio delle salme umane, la maniera indicata dai simposisti per tumulare un corpo. 
Gli unici funerali a cui avevo assistito erano stati quelli di mia madre, qualche anno fa, per il resto del tempo scordavo persino l'esistenza delle aree di compostaggio, quelle fila e fila e fila di capannoni ordinati in strade anonime, tutte grigie e tutte uguali nel cui odore acre e fastidioso si muovevano così tanti uomini ed elomezzi.
Anche il terreno è una risorsa fondamentale, ora che tutto ciò che si estende oltre le mura non sembra essere altro che un deserto eterno, interrotto solo da frastagliate montagne scure, aride come tutto il resto.
Ogni materiale che putrefaceva lì trovava uno spazio, una lavorazione, una casa e un futuro. Ogni cosa diventava terra, umida e scura terra. Così era per la merda, così era per gli uomini. Così era stato per mia madre, così è per Malaeva, così sarà per me.
"Si vive per l'insediamento, si muore per l'insediamento" avrebbe detto il predicatore del Simposio, da lì a poco, "è questo il dono più grande che ognuno di noi può fare per gli altri, restituire tutto se stesso, fino alla propria più piccola parte".

Il simposista che si presentò alla funzione aveva l'aria arcigna e l'aspetto da vecchio intellettuale altezzoso. Lanciava sguardi schifati a noi e a quell'ambiente, come se fosse la prima volta che eseguiva un rituale del genere.
La moglie di Malaeva, una donna ben piazzata con una figlia di otto, forse nove anni, piangeva in un angolo in disparte lasciando che fossero gli intimi ed i colleghi ad occupare le prime file in piedi di fronte alla salma, ora quasi ricoperta di terra ma lasciata con il volto e le spalle nude scoperte e ben riconoscibili.
"Cenere alla cenere, polvere alla polvere, terra alla terra. Questo eravamo e questo diventeremo, materia organica a servizio della materia organica" iniziò, pomposo, il predicatore. "Malaeva era un uomo dai sani principi, gran lavoratore, sempre dedito alla famiglia e ai suoi cari, affezionato alla colonia e al nostro buon bigoverno che tanto si impegna per mantenere al sicuro ed efficiente il nostro insediamento".
Era il discorso più generico possibile. Quell'uomo non sapeva nulla di Malaeva ma, del resto, non ne sapevo nulla neppure io.
Guardai il suo volto, contrito e gonfio nella morte, la terra sommergeva il suo corpo nudo, pronto per l'ultimo viaggio, la lunga trasformazione che avrebbe dovuto sfamare i figli dei suoi figli. Chissà se avrebbe mai immaginato di estinguersi prima dei suoi depuratori?
"Cittadino encomiabile, ora ti attende l'ultimo viaggio, un banchetto più ricco e sontuoso di quelli che possiamo gustare noi, qui, un banchetto che ci attende tutti".
Gli uomini sollevarono la barella tramite un argano per poi calarla all'interno di un buco rettangolare, montato sulla cima di un enorme cisterna di smaltimento della stessa forma.
Il corpo calò nel buio e pochi secondi dopo la barella riemerse aperta, sporca solo della terra umida rimasta appiccicata alla graticola di metallo che la componeva.
"Adesso preghiamo".
Mi allontanai in quel momento, ero lì solo per dare l'ultimo saluto al mio amico e perché ero più che certo che c'era qualcuno ad attendermi.
  
Incrociai lo sguardo di Obasi appena uscito dal folto dei fedeli.
- Non so' perché ma immaginavo che l'avrei trovata qui - dissi.
- Se ne va di già? - mi domandò.
Non ero l'unico che aveva deciso di allontanarsi, anche altri avevano seguito il mio esempio, per lo più personale del Depuratore, bestemmiatori della peggior specie che non tolleravano le prediche dei simposisti come le loro mogli.
- Non sono una persona molto religiosa - risposi.
- In realtà nemmeno io, sta andando in direzione dell'Elobus?
- Sì - dissi.
- La accompagno - rispose, facendo strada.
Rimasi qualche secondo immobile, avrei voluto scappare, anzi, avrei voluto spaccargli la testa con una pietra e buttarlo nel container di compostaggio a marcire fino a confondersi con gli altri cadaveri putrefatti che si trovavano là dentro. Ma a che scopo? Scomparso lui ne sarebbe arrivato un'altro, forse persino peggiore.  
- Allora? - mi richiamò, voltandosi.
- In realtà speravo di fare quattro passi da solo per riflettere - dissi, raggiungendolo.
- Lei vive da solo, avrà modo di riflettere tutto il tempo che vuole, non le pare?
Non risposi.
- Immagino che se desidera accompagnarmi è per farmi altre domande, vero?
- No, in realtà volevo scusarmi, forse sono saltato troppo in fretta alle conclusioni sbagliate.
- Sono sorpreso, deve essere difficile ammetterlo per lei.
Obasi rise.
- Capisco il suo risentimento, purtroppo questo genere di lavori non sono l'ordinaria amministrazione, di solito veniamo chiamati per risolvere dispute tra vicini, piccoli furti, al massimo qualche bambino che si perde nelle condutture.
- Me lo sta descrivendo come se fosse molto facile, il suo lavoro.
- Da cosa mi ha raccontato lei un po' lo è. Io al massimo rischio di perdere un bambino nelle condutture, lei rischia di far crollare l'intero insediamento.
- Prima o poi capiterà, è inevitabile, lo sa qualsiasi lavoratore del Depuratore.
- Sì, ma lei è stato l'unico a volerlo ammettere, lo sa? Ed è stato questo a farmi capire perché lei non è così ben visto dai suoi colleghi.
- Perché ammetto la verità che è sotto gli occhi di tutti?
- Perché dice cose impopolari. Nessuno vuole pensare che siamo destinati a morire, la gente preferisce pensare ciò che pensano quelli là - continuò, indicando il simposista, - che ci aspetta ancora un grande banchetto, che se terremo abbastanza duro il mondo risorgerà ancora una volta.
- E lei cosa crede?
- Io credo che potete avere ragione entrambi o nessuno dei due, non mi sono mai fatto un'idea chiara a riguardo.
- Tutto questo per dire?
- Per dire che mi è anche più chiara la natura della sua amicizia con Malaeva e il motivo per cui era l'unico a sapere che faceva parte del Partito.
- Quindi ha capito che le dicevo la verità.
- Me la dicevate tutti, sia lei che tutti gli altri, era Malaeva che teneva questa cosa segreta. Probabilmente l'ha confessata solo a lei perché sapeva che col suo carattere non aveva modo di diffondere la cosa o di essere creduto.
- Cioè Malaeva era un membro del partito ma lo nascondeva a tutti? Non ha senso.
- Già, per questo speravo di avere qualche informazione in più da lei. Perché un uomo deve fingere di non appartenere al Partito quando è una cosa normalissima vista la sua classe sociale? 
Eravamo arrivati presso la banchina dell'Elobus, lontani dalla zona dei compostatori e dal suo odore pungente.
- Io non ho altre informazioni oltre a quelle che le ho già dato - dissi, salendo sulla banchina.
- Allora può aiutarmi a ottenere nuove informazioni, non crede?
- Non credo. Come ha detto lei non sono una persona con cui la gente ama parlare, che è un modo gentile di dire che nessuno vuole avermi attorno.
- Ma lei deve sapere cose che gli altri non sanno, con lei Malaeva si dimostrava una persona diversa, forse è lei la chiave per farmi capire chi era veramente e perché si comportava così.
Rimasi qualche istante a riflettere, l'Elobus si avvicinava sbuffando morbide nuvole di vapore acqueo.
- Mi dia un po' di tempo per pensarci, al momento voglio solo rimanere solo con i miei pensieri, lei non immagina neppure come questa storia mi faccia sentire dentro.
Ovviamente recitavo, il mio pensiero era altrove, era oltre i confini delle Torri, era nella Pista, sotto le luci del Faro, tra quei corpi lucidi e marmorei che vibravano nel canto silenzioso dell'etere, nel rimbombo assordante delle loro riprogrammazioni.
- Più che comprensibile, passerò a trovarla al più presto - rispose Groellio, facendomi un saluto e allontanandosi.
Rimasi qualche istante a guardarlo, sentendo la ventata di aria calda dell'Elobus sulla schiena ed il mormorio dei lavoratori in discesa.
Quando tutti furono saliti salii anch'io. Il Grillo era turbato ma sapevo che sarei riuscito a tranquillizzarlo, una volta a casa. 

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