Senza cilindro

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Il Grillo si rialzò in piedi, si reggeva la spalla ma non era rotta, solo slogata, cosa che rimaneva comunque un bel problema in quella situazione.  
Si mosse di lato, trascinando il piede forse per simulare una ferita che non aveva, per ingannare il Modello i cui occhi di fuoco non smettevano di fissarlo e le cui gambe, ancora fumanti, si erano richiuse assumendo di nuovo una forma umanoide. 
"Non arrivano gli altri, era il solo con i razzi sotto i piedi" cercai di dire, ma la mia voce si trasformò in un pensiero, stavolta non ero più neppure padrone delle mie labbra, solo un muto spettatore, uno spettro che aleggia su un lago infinito incapace di intervenire in ciò che vede riflesso nell'acqua. 
- Il dilemma è: le avrà solo ritirate oppure ha finito l'energia per poterle usare? - rispose il Grillo, usando le mie labbra, la mia voce. 
- Soggetto in stato di arresto, ulteriore resistenza potrebbe compromettere più seriamente la sua incolumità, una squadra è già in dirittura di arrivo per sottoporla sotto custodia, si prega di rimanere fermi e attendere l'arrivo degli agenti. 
- Devi adorare un sacco tornare alle tue vecchie abitudini, vero? - mormorò il Grillo. 
- Erano decenni che non entravo in azione - rispose il modello W. 
- Figurati io, che di azione non ne ho mai potuta vivere in tutta la mia vita. 
- Per questo sei venuto qui? In mezzo a noi? Per questo hai scopato con il modello SX-402? 
- Probabilmente scoperei anche con te, ma non è questo il momento di discutere di queste cose. Io ora devo andarmene, qualsiasi sia l'accusa che mi viene rivolta è una bugia, io non ho ucciso nessuno, io non ho fatto del male a nessuno, sono solo una persona confusa che cerca delle risposte, per questo mi avete trovato nel deserto. 
- Non è mio il compito di stabilire cosa sia giusto o sbagliato, io rispondo solo ad una programmazione e questa programmazione mi impone di metterti sotto custodia.
- Allora abbiamo un problema con le nostre programmazioni, perché la mia dice cose totalmente differenti! - esclamò il Grillo, lanciandosi in avanti in una traiettoria facilmente prevedibile per me, figurarsi per un modello programmato appositamente per scovare ed annichilire gli esseri umani. 
Gridai di paura, bestemmiai e gridai ancora, ma ora che la mia voce diventava pensiero il Grillo mi ignorava, spingendosi in avanti con le sue sole gambe, affrontando il pugno del modello W di petto, quasi a volerlo incassare. Schivò all'ultimo, passando sotto il teso braccio cromato e afferrandolo con un movimento dolce, quasi aggraziato, che si unì alla spinta antigravitazionale degli stivali per diventare una torsione fluida, un movimento rotatorio contro cui neanche il metallo sembrava poter opporre alcuna resistenza, strappandosi e sfaldandosi come cialda friabile nella spinta d'attacco di quella mossa inaspettata. 
Il Grillo rotolò alle spalle del Modello che, come sorpreso, si limitò a volgersi nel frizzare del suo arto monco, strappato all'altezza della spalla. 
- Uno a zero, palla al centro - commentò il Grillo, lanciando il braccio a terra. - Peccato che questa partita non mi interessi - disse, per poi balzare in direzione dell'ascensore, schiantarvisi dentro e premere il pulsante per i piani superiori. 
Vidi il modello correre verso l'ascensore, forse ancora più furioso e deciso di prima, ma le porte si chiusero prima, lasciando il Grillo solo, disteso malamente nella piccola cabina di metallo con il sibilo dei motori impegnati a trasportare l'ascensore verso l'alto.
Ce l'aveva fatta. Incredibilmente ci era riuscito.
 
Sbatté le palpebre ed ero di nuovo nel mio corpo, una prigione fatta di muscoli rotti e ossa doloranti, eppure ancora vivo, abbastanza cosciente da cavarmi da quella situazione. 
- Come hai fatto a... fare quella roba che hai fatto?
"Si chiama smantellamento, è una cosa su cui ragionavo di recente, osservandoli mentre spingevano la carovana. Ma adesso non distrarti, potrebbe tornare all'attacco e qui dentro non saprei come difenderci".
Ma il modello non sbatteva i pugni contro la porta dell'ascensore, non provava più ad inseguirmi, forse perché non ne aveva i permessi o forse perché quelli che mi volevano catturare mi attendevano già di sopra. 
"Non possiamo ancora riposare"
- Hai ragione - mormorai a denti stretti, sollevandomi in piedi a fatica, consapevole che una volta arrivato in cima probabilmente avrei dovuto aprirmi ancora strada con la forza per lasciare il Depuratore. 
"No, ragiona, dovrebbe esserci una specie di uscita di sicurezza, una botola per la manutenzione da qualche parte" mi disse il Grillo.
Guardai in alto, ben nascosta tra le luci del soffitto si poteva vedere la sagoma di una botola, era chiusa da una serratura rettangolare ma appena mi issai, spingendo con le gambe sulle pareti della cabina, vidi che la botola cedeva.  Il blocco doveva essersi rotto tempo prima, come mi diceva Malaeva, in questo mondo in disfacimento tutto era rotto o in procinto di farlo. 
Balzai sul tetto dell'ascensore, in una tromba fatta di buio, ragnatele e vecchi cavi tesi dall'aspetto precario.
- Qui sopra ci sarebbe da fare un po' di manutenzione - mormorai. 
Riuscii a dileguarmi giusto pochi istanti prima che le porte dell'ascensore si aprissero su una decina di vigilanti, armati di tutto punto, che ne osservavano l'interno vuoto con ebeti espressioni stupefatte. 
Non persi un istante, per quanto i guardiani del Depuratore fossero poco più che scimmie ammaestrate non ci avrebbero messo molto a capire da dove ero scappato, così come non avrebbero impiegato molto a capire che mi stavo per dileguare nei condotti di areazione, che avrei raggiunto i tetti e che da lì avrei cercato di scappare prendendo la via del deserto.  
Dovevo muovermi in fretta.
Scivolai silenzioso negli stretti condotti di areazione, muovendomi spesso a passo di lumaca per non produrre nessun suono, approfittandone per dare un po' di riposo ai miei muscoli affaticati, mentre sentivo sotto di me il vociare e lo scalpiccio di persone allarmate alla mia disperata ricerca.
Le loro grida tuttavia mi erano utili, mi facevano capire quanto fossero in alto mare. Del resto io avevo studiato alla perfezione la struttura del Depuratore, quando ancora stavo pensando di infiltrarmi nel Reparto 7, mentre loro si muovevano alla cieca, battendo punti randomici dei condotti visto che ne ignoravano la complessa struttura. 
Passai attraverso i reparti più disparati, nascosto come un roditore che cerca di confondere il gatto che l'insegue, pregando di non uscire all'esterno in pieno giorno: sarebbe stato impossibile fuggire nel deserto sotto la luce del sole. 
Per mia fortuna spuntai oltre una delle ventole superiori proprio nelle ultime luci morenti del tramonto, mentre i rari lampioni esterni ancora funzionanti venivano accesi e alle torrette si piazzavano i guardiani, accendendole con difficoltà visto che erano almeno una cinquantina d'anni che quelle posizioni non venivano utilizzate. 
Risi quasi vedendo le squadre indaffarate urlare e sbraitare alla ricerca di cavi, lampadine, circuiti per rimettere in funzione questa o quella torretta. 
Dopo aver atteso giusto quei pochi minuti che separavano il tramonto dalla comparsa delle sorelle stelle e della madre luna, mi allungai sui tetti, scivolando nell'ombra avvolto nella mantellina verde che avevo rubato per poi lanciarmi in basso, appena trovata l'occasione, per percorrere quel breve spazio di terra che separava gli edifici alla recinzione metallica e poi oltre, di nuovo tra la polvere, di nuovo nel deserto ma senza più nessun rifugio su cui contare, nessuno sporco materasso o bettola di frontiere in cui potermi distendermi con tranquillità, trovare un po' del giusto riposo. 
Presto si sarebbero resi conto da dove ero evaso e avrebbero sguinzagliato altri alla mia ricerca, presto ma non ora, ora dovevo trovare un posto per riprendere fiato, per rimettermi in forze, poi sarei tornato là, in quell'insediamento lontano le cui torri si ergevano nell'alabastro del firmamento. 
In realtà non lo notai subito anche se fin dalla prima occhiata qualcosa mi rese quello skyline sconosciuto, differente da come ricordavo di averlo lasciato. Alla fine ci arrivai, arrestando la mia corsa per la sorpresa, cercando nell'alto del cielo stellato oltre l'insediamento quella vecchia e familiare figura, l'edificio più alto: la torre radio non c'era più, al suo posto rimaneva solo altro cielo stellato. 

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