CAPITOLO 8

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La forte luce che filtra dalle tapparelle mi fa svegliare, d'istinto mi copro sotto le coperte provando ad addormentarmi nuovamente ma le mie orecchie sembrano essere particolarmente attratte da tutti i minimi e insignificanti suoni che m circondano: il fischiettio di un uccello, le macchine che passano, il cigolio della porta, le lancette dell'orologio, mi sembra di impazzire.  
< Accidenti! > tolgo bruscamente la coperta dal viso, fisso l'orologio che segna le dieci del mattino e stranamente in casa regna il silenzio. Mi alzo con ancora gli occhi mezzi chiusi e vago per casa sbattendo il piede destro almeno una decina di volta in ogni angolo della casa.
Quando arrivo al bagno fisso il mio riflesso < Caspita! che schifo > ho tutto il trucco sbavato della sera precedente, i capelli arruffati e il rossetto tutto sbavato, sorrido, potrebbe sembrare che io sia stata baciata.
Mi fiondo direttamente in doccia e appena uscita, con ancora l'asciugamano addosso, vado in camera per prendere il telefono e mettere della musica < eppure mi sembrava...di averlo messo proprio li ieri sera > dico a me stessa mentre fisso il mio comodino vuoto. Cerco in ogni minimo angolo della camera < Mamma! Potresti chiamarmi! > urlo dalla mia stanza
Tendo a innervosirmi molto facilmente quando non trovo una cosa, specialmente quando credevo di averla sotto mano fino a qualche ora fa < Mamma! > urlo
Esco dalla camera e vado nella sua stanza, poi in cucina e poi in soggiorno ma né mio padre e né mia madre sembrano essere in casa. < Grandioso...> prendo il telefono di casa e digito il numero...squilla ma non si sente alcuna suoneria, sbuffo e mi chiudo in bagno per asciugarmi i capelli.
Mentre mi vesto sento la serratura della porta aprirsi e mi fiondo in soggiorno
< Oh Alice potresti aiutarmi > dice a fatica mia madre mentre trascina le buste della spesa dall'ascensore a dentro casa.
< Si...> la aiuto prendendo due sacchi pieni < hai per caso visto il mio telefono? Non lo trovo più >
la raggiungo in cucina per aiutarla a smistare il cibo nel frigo e nei vari cassetti < ma papa? > domando
< È a lavoro, oggi l'hanno chiamato per uno straordinario >
< Ah okay...allora hai visto il mio telefono? > ma lei non sembra darmi alcuna attenzione, continua a muoversi freneticamente avanti e indietro col cibo in mano < mamma! > urlo, si gira bruscamente facendo cadere il barattolo di maionese per terra
< Ma...> sospiro < dov'è il mio telefono > cerco di restare calma, mi guarda dritta negli occhi facendo un lungo sospiro
< L'ha preso tuo padre...> per un momento cerco di rielaborare la risposta cercando un valido motivo o una valida ragione per il quale lui possa avermelo preso ma senza trovare alcuna soluzione
< Papa? E perché mai? > domando incredula
< Lui...> si lega i capelli, segno che è nervosa
< Lui cosa... >
< Lui dice che se non cambi università, il prossimo anno o anche subito, non te lo restituirà più >
< Cosa? > urlo incredula < è uno scherzo spero > cammino avanti e indietro per la cucina dal nervoso < e tu non gli hai detto nulla? Perché gliel'hai permesso! > mi fermo bruscamente osservando lo sguardo perso di mia madre
< Io...io ho cercato di fargli cambiare idea ma sai com'è tuo padre, è testardo e non cambierà  facilmente >
< È assurdo, io non cambierò università, mai! Ed è l'ora che lo capisca! > vado a chiudermi in camera sbattendo la porta bruscamente, mi butto sul letto e con la testa sul cuscino comincio ad urlare a più non posso, fino a bruciarmi la gola, fino a quando non mi scendono le lacrime sul viso.
Non piango per il telefono. Sono riuscita a starci senza per più di un mese quando lo feci cadere per sbaglio dritto dentro la turca del bagno della scuola dimenticando di averlo nella tasca dietro i pantaloni.
Mi sembra di stare in una casa con persone a me sconosciute, mi sembra una prigione, una prigione dalla quale non riesco ad uscire, mi sento in gabbia, non compresa...
I genitori dovrebbero stare dalla parte dei propri figli, dirgli che è tutto okay, che se vogliono una cosa devono fare di tutto pur di raggiungerla, dirgli che non devono arrendersi mai, che i sogni vanno inseguiti fino in fondo perché ognuno di noi, se ci crede veramente, è in grado di ottenere tutto ciò che desidera...ma io queste cose me le ripeto da sola e non dovrebbe essere così, le cose dovrebbero andare nella maniera giusta mentre nel mio caso, non fanno altro che prendere la direzione opposta.

Passo tutto il resto della giornata ad aspettare l'arrivo di mio padre, mi sarei presa a tutti i costi il mio telefono! Appena sento la serratura della porta aprirsi mi precipito in soggiorno e con sguardo furioso e passo pesante mi avvicino a lui velocemente. Chiude la porta, si leva le scarpe e il giubbotto e con indifferenza mi sorpassa, non degnandomi neanche di uno sguardo.
< Dammi il mio telefono > dico alle sue spalle, con passo lento si sposta nella sua camera per poi stendersi e accendere la tv < papa'...rivoglio il mio telefono > pongo la mano verso di lui
Alza lo sguardo verso di me e con faccia stremata risponde < No >
< E perché no? > inizio a innervosirmi
< Perché non te lo meriti >
< Cosa? > rido nervosamente < non me lo merito? L'unica cosa che non mi merito è questo tuo stupido atteggiamento nei miei confronti >
< Non provare a parlarmi cosi o...>
< Non ci provare > lo interrompo puntandogli un dito contro <se continui così io me ne andrò via di qui, stanne certo! >

L'ARTE DI UNA PROMESSA (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora